Simone Pace è un fumettista reatino. Dopo un lungo periodo di autoproduzioni, nel 2022 pubblica Fiaba di Cenere, prima storia lunga realizzata come webtoon sulla piattaforma Tacotoon di Edizioni BD, a cui è seguita Cuore, la sua opera più recente in uscita il 23 aprile 2024 e presentata in anteprima alla 32a edizione di Romics, dove lo abbiamo incontrato. Questa che segue è la trascrizione, con le opportune asciugature, della prima puntata della seconda stagione de Lo Spazio Podcast, che può essere ascoltata o vista nei link qui sotto.
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Ciao Simone, grazie del tuo tempo. Cuore è la tua ultima graphic novel, pubblicata prima come webtoon e ora in formato cartaceo. È disponibile quindi in due versioni differenti: tu come preferiresti che venisse letta? E quanto è stato complicato (oppure no) convertirlo poi in formato cartaceo?
Sia Fiaba di Cenere, la prima graphic novel, che Cuore sono prima usciti a episodi in formato webtoon. Però c’è una differenza sostanziale: Fiaba di Cenere è stato il primo lavoro con Edizioni BD e come primo approccio con l’editore è stato contrattualizzato come webtoon; non aveva all’inizio la certezza di diventare un libro. È diventato ufficiale solo verso metà della storia per cui questa domanda riguarda soprattutto Fiaba di Cenere che ho dovuto prima pensare come webtoon e poi in cartaceo. Cuore invece è stato contrattualizzato e pensato come libro stampato con in più il supporto del formato webtoon, in modo tale che il digitale aprisse la strada al volume fisico. Tant’è vero che adesso siamo a meno di metà della storia pubblicata online ma il libro già uscito. In altre parole, con Fiaba di Cenere inizialmente ho dovuto trovare la quadra perché funzionasse prima di tutto in digitale – e io non avevo mai lavorato prima sul formato webtoon, quindi verticale – e poi quando ho capito che sarebbe diventato libro ho iniziato a immaginare delle tavole che avessero una doppia valenza. Con Cuore in realtà la mia priorità è stata dare la potenza maggiore al formato cartaceo, quindi è assolutamente da leggere in quel modo. Non è sacrificato il formato webtoon, però sicuramente è più un’appendice a quello fisico, come se gli conferisse una doppia natura. Però per me Cuore è più che altro un volume cartaceo.
Entrambe le opere sembrano complementari: una ha il fuoco e questa dominante rossa invece l’altra tende di più sull’acqua e i toni freddi. Sono simili tra loro anche perché entrambe hanno a che fare con una guerra, lo stesso anche con Sorbo Rosso, un’altra tua opera autoprodotta. Questo tema del conflitto è una cosa che ti piace, in qualche modo lo trovi utile per raccontare le tue storie?
Sì, ci sono dei temi che si ripetono. Penso però di averli affrontati con dei punti di vista differenti. Fiaba di Cenere è il racconto di profughi di una guerra mentre Cuore è in parte il racconto di chi la combatte e in parte chi la vive suo malgrado, però sono tutti più immersi nel conflitto. Credo che il contesto della guerra mi stimoli a creare delle situazioni e a estremizzare le vite dei personaggi e quindi a renderli più tridimensionali. È un contesto esasperato che muove l’azione di questi personaggi e credo di aver bisogno proprio di un motore della narrazione di questo tipo. Nel caso di Fiaba di Cenere la guerra è forse il motivo che fa empatizzare molto velocemente con i personaggi. In Cuore invece ho voluto giocare al contrario: vorrei che passasse l’idea che non si prende veramente una parte in questa storia. Ci sono personaggi protagonisti che vivono di reazione a quello che la guerra impone loro, ma non parteggiano, mentre in Fiaba di Cenere è chiaramente il punto di vista di chi la guerra la rifugge.
Guardando le tue illustrazioni i toni del cyberpunk sembrano più forti rispetto ai contesti storici e medievali. È davvero così?
In realtà non lo so! Quando è uscito Fiaba di Cenere in tantissimi mi hanno detto di continuare sul fantasy e fare il sequel… E devo dire che io mi sono formato col fantasy, non c’è niente da fare. Anche il mio amore per i background casalinghi, qualcosa che ho sempre visto da vicino, mi porta al fantasy perché vengo da territori di montagna o rurali. Però l’idea di legare il mio nome a un genere narrativo non mi interessa particolarmente, nel senso che è la storia che mi richiede un certo genere. Il cyberpunk è stato fondamentale per rispondere a delle mie esigenze narrative, per raccontare qualcosa di un po’ più sociale; per raccontare un mondo che si rapporta al nostro rispetto all’ecologia, anche se la estremizza e la rende ancora più decadente. Raccontare dei contesti che comunque mi affascinano. Non potevo farlo fantasy. È stato un po’ un’esigenza legata alla storia ma ho anche ritrovato un genere in cui mi sento molto a mio agio e non lo sapevo. Non lo sapevo fino al progetto di CybeRoma.
CybeRoma è un’affascinante iniziativa di rivisitazione in chiave cyberpunk di alcuni luoghi importanti della Capitale. Ci puoi dire l’illustrazione che ti ha appassionato di più fare e quella invece un po’ più ostica, che magari si è rivelata più difficile da realizzare?
Una delle mie preferite è quella della Piramide Cestia, ma forse perché ha già quel tocco cyberpunk di per sé. C’è voluto poco nel realizzarla. In generale mi è piaciuto quando degli elementi caratterizzanti di Roma già suggerissero l’aspetto cyber. Ad esempio in quella del Colosseo ho dovuto inserire un aspetto preponderante del cyberpunk – c’è un Colosseo che vola su una specie di navicella aliena, o forse di una tecnologia un po’ decadente, deviata –, mentre nella Piramide è bastato veramente inserire due piccoli elementi ed era già cyberpunk di suo, quindi è stato molto naturale quel lavoro. Invece la più ostica è stata il Gasometro, che sembra paradossalmente già essere lì pronta. Ma lo era troppo. È come se fosse già un design a cui posso aggiungere poco. Sembrano dei discorsi che vanno in contrasto, però il Gasometro davvero basta da sé come elemento cyber, non ha bisogno di essere declinato nemmeno con un piccolo aiuto… quindi ha dovuto inserire una specie di robot sopra e secondo me quella è stata un po’ una sconfitta.
Scorrendo il tuo profilo Instagram tra le varie immagini spicca un MetalGreymon, il che lascia intendere non solo che sei legato all’immaginario giapponese ma che attingi anche a una nicchia molto specifica…
Sì, assolutamente sono legato all’immaginario giapponese perché sono cresciuto con i cartoni giapponesi, in particolare con quelli di Rai Due più che quelli di Italia Uno (anche se ok, Dragon Ball rimane Dragon Ball). I Digimon mi son sempre piaciuti più dei Pokémon perché avevano qualcosa di triste in sottofondo: c’era qualcosa di sofferente e cupo nella loro storia che mi ha sempre colpito. Anche Monster Rancher mi piaceva tantissimo.
Siamo arrivati all’ultima domanda di rito: i tuoi progetti futuri. Dobbiamo aspettarci qualcosa sempre relativa allo scenario fantasy o cyberpunk come già ci hai fatto vedere, o stai pensando a qualcosa di completamente distante?
Ho un sacco di cose in testa. Vorrei fare come Tarantino che annuncia una roba e poi farà tutt’altro all’ultimo secondo quindi annuncio un fantasy più vicino a noi, diciamo in un ‘800 italiano, quindi siamo dalle parti del brigantaggio. Però fantasy. Mi piacerebbe che fosse una storia un po’ più ampia su più di un volume, 2 o 3. Questa cosa ce l’ho in testa da un po’, ma non so se farò questo. Adesso è appena uscito Cuore, la lavorazione è finita due settimane fa. Quindi adesso sto raggruppando le idee e penso che con l’autunno inizierò senz’altro a lavorare a qualcos’altro di più lungo
Grazie Simone, e in bocca al lupo per Cuore.
Che mi mangi! Grazie a voi.