L’importanza dei tempi
Quando nel 2014 i lettori italiani hanno potuto finalmente leggere le storie di Miracleman scritte da quello Scrittore originale che al secolo passa sotto il nome di Alan Moore, si sono trovati davanti a una serie contemporanea tanto nei contenuti quanto nella narrazione.
Ma se andiamo a contestualizzare in modo corretto l’opera, uscita originalmente sul mercato in lingua inglese a inizio anni ’80, vediamo che essa è sorprendentemente anticipatoria e precorritrice dei tempi anche nella struttura pensata dal suo creatore.
Moore articola la sua storia di Miracleman sin da subito come un dramma in tre atti, diviso in altrettanti libri, ciascuno con toni e contenuti molto differenti, tutti mirati alla rappresentazione di fasi distinte della vita del protagonista che convergono però verso l’ascesa del superuomo al ruolo di divinità.
In questa attenta progettualità dello scrittore britannico non si può non ritrovare, con almeno venticinque anni di anticipo, l’eco degli odierni archi narrativi tipici di molta produzione fumettistica statunitense (nonché affini a molta serializzazione dei prodotti di fiction televisiva), uno dei cui scopi è la possibilità di uno sfruttamento commerciale più duraturo del prodotto attraverso la raccolta in volumi destinati al mercato delle librerie.
Così Panini Comics, successivamente alla prima presentazione in albi spillati mensili da edicola e fumetteria dell’intera epopea del Miracleman mooriano, ne ha proposto un’edizione in volumi cartonati di grandi dimensioni da libreria.
Dopo Il sogno di un volo, il primo libro che raccoglieva l’atto iniziale della storia e puntava l’attenzione sulla riscoperta dei propri poteri da parte di Mike Moran – alter ego umano di Miracleman – e sulle conseguenze di questi ultimi sulla vita quotidiana del protagonista, è arrivato in libreria il secondo volume, che raccoglie l’atto centrale di questa tragedia superomistica.
Il sogno della realtà che genera eroi
Il titolo scelto da Moore per l’arco centrale è omaggio e rimando al romanzo di Lewis Carroll Attraverso lo specchio e quello che Alice vi trovò , secondo volume delle avventure di Alice nel paese delle meraviglie.
Nella storia di Carroll è presente la figura del Re Rosso, un personaggio addormentato che si dice stia sognando la realtà stessa: dunque svegliarlo significherebbe porre fine a tutto ciò che esiste. È evidente in questo richiamo il riferimento alla condizione vissuta da Mike Moran nei lunghi anni nei quali il dottor Gargunza, lo scienziato creatore di Miracleman, lo ha tenuto prigioniero in un costante stato onirico indotto.
Quello che è l’espediente usato da Moore per inglobare le innocenti avventure del personaggio scritte da Mike Anglo negli anni ’50 – una serie di sogni indotti da Gargunza per creare un passato e dei ricordi per Miracleman – nella nuova realtà narrativa mirata alla “decostruzione” supereroistica perseguita dallo scrittore britannico, viene in questo secondo atto approfondito e mostrato al lettore con dovizia di particolari, laddove nelle storie del primo volume era solamente accennato.
Insieme alla descrizione del passato di Moran/Miracleman, Moore si concede intere pagine per approfondire la figura di Gargunza, narrandoci i passaggi importanti della sua esistenza che l’hanno portato a essere il personaggio che ritroviamo in queste storie. E attraverso la storia dello scienziato ci vengono narrate anche le origini segrete dell’eroe, il modo e il motivo per i quali Gargunza lo ha creato.
Di padre in figlio
Il fulcro centrale di questo secondo arco narrativo può essere individuato nell’esplorazione da parte di Moore del rapporto padri-figli o, meglio ancora, nella genitorialità.
Due tra le scene che restano maggiormente impresse negli occhi dei lettori sono l’epilogo dell’inseguimento di Gargunza da parte di Miracleman, reo di avere rapito la moglie incinta di Moran. Il bacio d’addio che l’eroe dà al “padre” prima di lasciarlo al suo destino rivela tutta l’impotenza dello scienziato umano davanti al figlio “divino” che ha creato.
Allo stesso modo ma contemporaneamente quasi come il riflesso invertito dell’immagine appena descritta, colpisce la naturale crudezza del parto della moglie di Moran mostrata in tutta la sua brutalità. Nei momenti della nascita di Winter, bambina che da subito mostra evidenti segni di poteri meta umani, la potenza del supereroe scompare per lasciare posto allo sguardo e ai sentimenti di un padre, nel momento dell’arrivo di una nuova vita, la più umana tra le esperienze di un’esistenza.
Proprio la scena della natività, che costò l’obbligo di apporre sulla copertina dell’albo originale il disclaimer “Contenuto per adulti”, dimostra la potenza narrativa anticipatoria di Alan Moore. Basti pensare che per trovare nel fumetto mainstream statunitense qualcosa di analogo – ma comunque di forza e impatto minori – della sequenza disegnata da Rick Veitch , bisogna forse arrivare fino alle scene che aprono il primo numero di Saga di Brian Vaughn e Fiona Staples , cioè 32 anni dopo l’uscita dell’albo scritto da Alan Moore.
Gli eredi di Garry Leach
Se ne Il sogno di un volo a farla da padrone nei disegni era stata la mano di artista di Garry Leach, coadiuvato in parte da Alan Davis e Steve Dillon, questo secondo volume vede alle matite un gruppo di artisti che si passano il testimone mantenendo sempre alto il livello qualitativo grafico della serie, con forse solo un disegnatore al di sotto delle aspettative.
Le prime tre storie contenute nel volume vedono all’opera nuovamente un allora giovane Alan Davis, già però dotato dell’elegante e sinuoso tratto caratterizzante il suo stile. Il disegnatore britannico fa vivere i personaggi nelle tavole attraverso una mimica facciale ricca e spesso portata fino alla soglia del caricaturale al fine di evidenziare i sentimenti che connotano gli attori delle varie sequenze narrative. Il Miracleman di Davis è un eroe elegante e quasi divino nelle fattezze e nelle pose, in contrasto con un Mike Moran fin troppo umano e imbolsito.
La quarta storia è disegnato dallo statunitense Chuck Austen ed è forse quella che convince meno da un punto di vista qualitativo. Le tavole di un racconto che punta molto del proprio appeal sul ritmo e l’azione risultano troppo statiche, i personaggi troppo rigidi e privi del dinamismo necessario a caratterizzare gli scontri violenti che sono alla base di tutta la narrazione.
I successivi albi contenuti nel volume sono tutti illustrati da Ritch Veitch che, pur discostandosi da Davis per un realismo più marcato, è capace di infondere la stessa eleganza nel proprio tratto. Veitch accentua ancora di più l’abisso estetico che separa Mike Moran dal suo super alter ego, evidenziando con ancora più forza di Davis che, in effetti, Miracleman è veramente un’entità completamente distinta dal suo ospite umano.
Di Veitch resta infine da ricordare, di nuovo, la maestria con la quale illustra le due pagine dedicate alla nascita della figlia di Miracleman.
Oltre all’estremo realismo con il quale sono resi i particolari anatomici della moglie di Moran durante il travaglio e il parto, ciò che colpisce è la strutturazione della tavola, suddivisa in fasce orizzontali che ospitano i momenti della nascita ai quali si contrappongono sulla sinistra una serie di riquadri che richiamo i momenti finali del climax tra Miracleman e Gargunza, ricordati dall’eroe nel momento della nascita della figlia in quella sorta di perpetuo legame genitoriale di cui si parlava poco sopra.
Verso l’Olimpo
La Sindrome del Re Rosso si chiude con un’ultima storia che di fatto apre le porte ed è premessa di quello che accadrà nell’ultimo atto della tragedia supereroistica di Alan Moore, Olimpo. In questo ultimo libro, come il titolo preannuncia, centro della narrazione diventa l’evoluzione verso il divino di Miracleman, in un crescendo lirico e narrativo di cui torneremo a parlare sicuramente appena Panini Comics pubblicherà il volume.
Abbiamo parlato di:
Miracleman Libro #2 – La Sindrome del Re Rosso
Alan Moore, Alan Davis, Chuck Austen, Rick Veitch
Panini Comics, 2015
224 pagine, cartonato, a colori, 27,90€
ISBN: 9788891215666