In occasione dell’uscita di Il tuo clima – Istruzioni per l’uso, edito da Tatai Lab, abbiamo intervistato l’autore Luca Mercalli, meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico. Il “meteorologo con il papillon”, spesso ospite della trasmissione Che tempo che fa di Fabio Fazio, ci ha parlato della genesi e delle finalità del fumetto (sceneggiato da Francesco Vacca, disegnato da Davide Riboni e colorato da Laura D’Addazio e Katia Ranalli), concentrandosi anche su tematiche di attualità e sul rapporto contraddittorio fra la specie umana e il meraviglioso pianeta che abita. Perché salvare il pianeta significa salvare noi stessi. E per farlo è necessario agire subito. Buongiorno Luca, benvenuto su Lo Spazio Bianco! Come e quando è nata l’idea di realizzare questo fumetto?
È stato proprio Tatai Lab a chiedermi di collaborare per realizzare il progetto. Ho accettato volentieri anche perché ormai ho esplorato tutte le forme comunicative: dagli articoli scientifici a quelli giornalistici, libri, saggi, televisione, conferenze per il pubblico, teatro, un libro per bambini dal quale è stato tratto anche un breve cartone animato. Senza contare naturalmente internet con blog e social. Il fumetto poi è una bella forma comunicativa, alla quale tengo particolarmente perché si rivolge ai più giovani ed è adatta a un pubblico che forse, oggi, non ama tanto leggere un testo “tradizionale”.
Sei o sei stato un lettore di fumetti?
Altroché! Soprattutto di Topolino e ho avuto l’onore di essere inserito in una storia, alcuni anni fa, con una citazione. Poi tra le mie letture preferite c’è Asterix: in effetti, credo di averli quasi tutti.
Qual è stato il tuo ruolo nella lavorazione del libro? È stato un lavoro corale?
Sì. La storia, e di conseguenza la sceneggiatura, è nata insieme ai ragazzi di Tatai Lab, che si sono occupati di renderla coerente dal punto di vista dei personaggi e di alcuni momenti di collegamento.
Come siete arrivati alla scelta di uno segno cartoonesco, che ricorda nitidamente lo stile Disney?
Non sono un esperto di stile e ho dato il mio placet solo sulla base della mia sensibilità personale, di semplice utilizzatore di fumetti. All’inizio però abbiamo ragionato se limitarci al bianco e nero o spostarci sul colore. Io, essendo più anziano, ero affezionato al vecchio tratto in bianco e nero, ad esempio di Tex, e pensavo potesse prestarsi a passare più informazioni con meno distrazioni. Poi però ci siamo “evoluti” verso il colore proprio tenendo conto dei gusti delle generazioni più giovani.
Ritieni che il linguaggio del fumetto e quindi, per sintetizzare, il connubio fra immagine e testo, possa essere incisivo – magari più di altri – per divulgare il tipo di tematiche contenute in Il tuo clima – Istruzioni per l’uso?
Penso di sì. Credo che con il fumetto e con la grafica si possa catturare molto di più l’attenzione. Lo dico anche per me stesso: ho poco tempo libero e leggo pochi fumetti, ma quando mi capita di avere in mano qualche esempio della straordinaria produzione odierna di graphic novel, percepisco l’enorme potenziale di un mezzo che sembra avere una marcia in più. Tornando a Il tuo clima – istruzioni per l’uso, la forma fumetto è preziosa per spiegare un argomento ostico in modo più leggero e digeribile. I temi trattati del resto sono pesanti. Parliamo ad esempio di evacuare città: se non facciamo nulla, fra cento anni Venezia sarà perduta, la sua icona artistica sarà perduta e anche le persone costrette ad abbandonarla. È quello che vogliamo comunicare in un passaggio del fumetto, quando un personaggio si rivede adulto e… profugo. Qualcosa del genere l’ha già scritta un autore italiano, Bruno Arpaia, nel romanzo Qualcosa là fuori nel quale racconta di una colonna di profughi napoletani che scappa verso la Svezia perché l’Italia è un deserto, e deve attraversare il baltico con scafisti amburghesi, così come oggi fanno i tunisini con gli africani.La sequenza con protagonista Venezia è una delle più potenti a livello emotivo, proprio perché si tratta di una città iconica.
Sì. Bisogna anche sottolineare che, quando una graphic novel ha uno sfondo saggistico-scientifico, e un messaggio reale, deve essere garantito il rigore scientifico. Faccio un esempio: in copertina si vede il campanile di San Marco a Venezia con l’acqua a circa un terzo della sua altezza. In prima battuta il disegnatore lasciava che dall’acqua spuntasse solo la sua punta e io sono intervenuto perché quell’immagine era inverosimile. Sarebbe stato un errore palese perché il campanile è alto 100 metri – 98,6 per la precisione – e non ci sarebbe abbastanza acqua per ricoprirlo fin quasi alla sommità. Dall’altro lato, considerando un innalzamento realistico del livello del mare, il campanile sarebbe sottacqua di un metro, così abbiamo optato per una soluzione che si trovasse a mezza strada. Il senso è far vedere il peggio al lettore per spingerlo a prendere provvedimenti. Abbiamo quindi analizzato con rigore ogni disegno e ogni dialogo. Poi è chiaro che la narrazione ha esigenze che richiedono un po’ di “teatro” in più. Ma il campanile è l’esempio più eclatante. Per il resto, a voler proprio fare le pulci, qualcuno potrebbe osservare qualche situazione stiracchiata come un pannello solare posizionato non perfettamente su un tetto, o altri dettagli che non inficiano però la correttezza scientifica.
Insieme al tuo avatar, la coprotagonista del fumetto è Gaia. Oltre a essere uno splendido nome femminile, Gaia è la dea che impersona la Terra nella mitologia greca (e anche il nome dato alla Terra intesa come macro-organismo da Gay Lovelock, e da Isaac Asimov al suo pianeta vivente di Fondazione e Terra). Credi che l’uomo moderno, così tecnologico e così ossessionato da soldi e finanza, dovrebbe recuperare un po’ di quel rispetto, se non di quel timore religioso, che avevano i suoi antenati?
Il nostro è un Pianeta straordinario nei suoi meccanismi e deve suscitare un senso di meraviglia. Quindi sì, ci sta un maggior rispetto da trasferire in questo senso di stupore legato alla straordinarietà della Terra. Può andare bene anche la sacralità, anche se a me basterebbe appunto un senso molto laico di meraviglia davanti alla delicatezza di meccanismi naturali che non sono da prendere a martellate.
Premesso che “non c’è più tempo”, giusto per citare il titolo di un tuo libro, credi che oggi sia più importante cercare di sensibilizzare le generazioni future o forzare gli attuali governanti a prendere provvedimenti immediati?
Proprio perché “non c’è più tempo” è più importante spingere gli attuali governanti a muoversi, subito. Ma il ruolo dei bambini, dei giovani, delle nuove generazioni è importante per una funzione di sprone. Non possiamo pensare di insegnare ai più piccoli e poi chieder loro di risolvere i problemi fra trent’anni. Oggi bambini e studenti devono capire qual è la posta in gioco e poi possono già impegnarsi nelle piccole cose, soluzioni individuali come mangiare meno carne, spegnere le luci, fare la raccolta differenziata: queste sono le piccole cose nelle mani di un bambino. Altre soluzioni (elencate insieme alle prime alla fine del fumetto), sono più complesse ma anche in quel caso i giovani possono avere un ruolo, chiedendo ad esempio ai propri genitori di dotarsi di pannelli solari o di andare in vacanza vicino a casa al posto di prendere l’aereo per raggiungere destinazioni esotiche. Azioni di convincimento verso i genitori dunque, che devono interiorizzare certi comportamenti per poi garantire ai figli una accettabile dignità di vita.
Da qualche anno il cambiamento climatico ha iniziato a occupare con più insistenza le cronache, i telegiornali e perfino le pubblicità (magari di quelle stesse aziende che fino a ieri hanno inquinato senza battere ciglio). A qualcuno questa sovraesposizione non piace, perché sembra quasi che si vada a “commercializzare” il climate change come fosse un prodotto di moda. Cosa ne pensi?
Non so più cosa pensare. Alla fine dico che siamo sommersi da un mare di parole, e sono anche contento che se ne parli perché fino a qualche anno fa non esisteva dibattito sul tema. Erano questioni riservate agli addetti ai lavori, i quali cercavano di farlo diventare un argomento di discussione sociale. Adesso lo è diventato ma non produce cambiamenti concreti. Al posto di dare giudizi sul se sia auspicabile o meno che il tema vada di moda, io preferisco dire di essere consapevole che siamo alla ricerca di una soluzione e che qualsiasi siano le modalità attraverso le quali ci arriviamo sono benvenute. Ormai, oggi, contano i fatti: sono trent’anni che ne scriviamo, ne parliamo, e tutto questo relativo interesse mediatico dell’ultimo periodo deve dare risultati o non serve a nulla.
Per altri è inutile parlare di cambiamento climatico perché lo considerano come un ciclo naturale del pianeta Terra, quindi fenomeno indipendente rispetto all’attività umana. Come si può ribattere a una posizione del genere che appare sicuramente superficiale rispetto alle evidenze scientifiche ma anche, se si analizza la cosa più in profondità, come un tentativo di non assumersi le proprie responsabilità?
È esattamente così. Una parte del fumetto è dedicata a questo aspetto: Gaia all’inizio si difende adducendo alibi che fanno comodo a chiunque per non assumersi responsabilità. Poi, attraverso l’evidenza scientifica, si scopre un mondo che Gaia non conosceva, con il lavoro di grandi scienziati che hanno costruito la scienza meteorologica in 150 anni di attività, e anche lei si indigna. Capisce che tutte queste informazioni preziose sono state nascoste, ignorate dal negazionismo climatico e finalmente diventa un’attivista. Non è solo il clima fare le spese di questa attitudine a negare le responsabilità: abbiamo passato gli stessi processi con la condanna sanitaria del fumo: fino agli anni Cinquanta le sigarette erano un must, protagoniste di pubblicità, film e chi le usava ne andava fiero. Poi arrivarono studi e informazioni da parte dei medici ma siccome ci sono sempre anche degli interessi, negli anni Settanta e Ottanta si è creato il negazionismo sul fumo. Oggi, per fortuna, sui pacchetti ci sono immagini e scritte eloquenti ma comunque il problema non è stato sradicato – tanto che i dati dicono che molti giovani tornano ad avvicinarsi al fumo – e questo è un problema della politica. La politica si deve interrogare sull’efficacia delle misure di contrasto adottate. Oggi il clima impone da un lato dei cambiamenti economici che vedono interessi consolidati, e per questo esiste un negazionismo finanziato esattamente allo stesso modo dei produttori di tabacco. E dall’altro lato c’è l’attitudine delle persone che fanno di tutto per appigliarsi a qualsiasi illazione pur di non prendersi una responsabilità. Ad esempio non ascoltano gli scienziati specializzati sul clima ma altri, con una collocazione scientifica non nel settore. L’abbiamo visto anche con il Covid.
Restando sull’attualità: è di pochi giorni fa la notizia della scoperta, in America, di una fusione nucleare che consentirebbe di produrre energia pulita e inesauribile a costi bassi e sostenibili per tutti. La notizia è accompagnata da commenti come (fonte Ansa) “è il santo graal dell’energia pulita” o “è la scoperta del secolo”. Al netto della tempistica – la notizia arriva in una fase sociopolitica a dir poco delicata – pensi che il nucleare per così dire “moderno” sia una soluzione?
È fuffa. È l’ennesimo annuncio altisonante ripreso dalla stampa ma privo di profondità scientifica. Gli Stati Uniti hanno voluto sancire un proprio vantaggio in un momento storico che vede una grande caccia ai finanziamenti. In pratica vogliono dire: “dateci tanti miliardi così possiamo continuare la ricerca”. In realtà l’avanzamento è di un centimetro quando dobbiamo procedere per mille chilometri. Cinquant’anni fa si parlava già di fusione e oggi siamo di nuovo qui a dire che sarà potenzialmente disponibile fra altri 30, 40, 50 anni, perché è quella la tempistica, ipotetica, per la realizzazione della tecnologia necessaria alla commercializzazione. Inoltre, in Italia e in Europa la ricerca sulla fusione è una ricerca civile, mentre negli Stati Uniti è militare. È ingiusto fare annunci trionfalistici in questo momento, anche per l’effetto che causano. Le persone infatti, convinte che adesso ci sia la fusione nucleare, sospendono il proprio impegno verse altre soluzioni. Perché mettere i pannelli solari se c’è una possibilità del genere? Invece i pannelli sono sicuri oggi. Se fra trent’anni avremo un’altra opzione, stapperemo lo champagne.
Come si fa a parlare di cambiamento climatico, che riguarda il mondo intero, quando il mondo appare tutt’altro che “intero”, cioè ancora così nettamente diviso da confini, stili di vita e dalla guerra (anche se in Italia sembra che ce ne accorgiamo solo quando la guerra costringe ad abbassare il riscaldamento)?
Mi hai fatto pensare a una poesia di Gianni Rodari, con una strofa che recitava così: “perché il cielo è uno solo / e la Terra è tutta a pezzetti?”.
Il cielo è proprio così, uno solo, tutto intero, e gli effetti si diffondono indipendentemente da chi ha fatto i compiti bene o male. I fumi dell’America o della Cina cambiano il clima anche in Italia, o in Africa, dove la gente non ha neanche da mangiare. Nel fumetto abbiamo scelto di non trattare la sciagurata guerra in Ucraina, ma questa è la prova che il tema ambientale è sempre l’ultimo della lista. Ci permettiamo un’altra guerra, che di per sé produce già emissioni, e che contribuisce al cambiamento climatico anche con l’immensa quantità di dollari che andranno destinati alla costruzione di armi anziché di pannelli solari. Questo senza parlare degli aspetti civili drammatici.
Se fossi un marziano che guarda dall’alto la Terra direi, per tornare all’opera di Goscinny e Uderzo: “sono pazzi questi umani!”. Realisticamente, come vedi l’Italia fra dieci anni?
Tra dieci o venti anni la situazione, forse, non sarà ancora così diversa. Avremo un’ulteriore accelerazione di fenomeni intensi, una maggior frequenza di eventi estremi e il mare, secondo il tasso attuale, sarà salito di 4 millimetri per ogni anno, anche se in realtà sappiamo già che l’innalzamento sarà maggiore perché quel tasso, a sua volta, aumenta. La siccità del Po di quest’anno, invece che un caso unico in due secoli, si ripeterà con maggiore frequenza (magari una ogni dieci anni). I nostri ghiacciai alpini saranno ulteriormente rimpiccioliti.
Non c’è un punto zero per cui da un anno all’altro si verifica l’apocalisse: i processi sono graduali, punteggiati di tanto in tanto da fenomeni estremi come le alluvioni di Ischia o delle Marche.
Credi che lavorerai ad altri progetti a fumetti, magari sull’estinzione dei ghiacciai, tema che ti è particolarmente caro?
Perché no? sarebbe bello raccontare pezzi della nostra professione sfruttando il fumetto. Approfondire il lavoro del glaciologo sarebbe interessante, così come parlare della plastica nel mare. Sarebbe molto stimolante, forse anche di più per i lettori, raccontare di come ci si possa trasferire a vivere in montagna, spiegare le varie tappe e il fascino della riqualificazione di una casa vecchia sfruttando tecnologie innovative. Come dicevo, attraverso il fumetto si potrebbe evidenziare al meglio la potenza di certi dettagli.
Hai in programma qualche presentazione di Il mio clima – Istruzioni per l’uso, magari in qualche scuola?
Non presenterò direttamente e personalmente il fumetto, ma tengo abitualmente lezioni nelle scuole e magari capiterà di parlarne. So già che nell’ambiente scolastico è un prodotto che piace, anche perché può essere uno strumento utile per chi insegna, che al posto di far studiare un tot numero di pagine, può consigliarne la lettura. È già capitato ad esempio con Uffa che caldo!, un mio libro illustrato per bambini – tradotto fra l’altro in cinese, lituano e ucraino – che però l’editore non ristampa in Italia. Un peccato, anche considerando il fatto che di titoli sull’ambiente e sul clima dedicati ai bambini ce ne sono pochissimi, si contano sulle dita di una mano.
Sono invece curioso di scoprire l’accoglienza del pubblico verso una graphic novel terribilmente reale, che racconta al lettore la sua vita quotidiana e lo mette davanti a delle scelte.
Grazie per il tuo tempo, Luca!
Intervista realizzata per telefono il 16 dicembre 2022
Luca Mercalli
Luca Mercalli (Torino, 1966), climatologo, master in scienze della montagna all’Université de Savoie-Mont-Blanc, direttore della rivista Nimbus, presiede la Società Meteorologica Italiana, associazione nazionale fondata nel 1865. Si occupa di ricerca su climi e ghiacciai alpini, insegna sostenibilità ambientale in scuole e università in Italia (Università di Torino-SSST), Svizzera e Francia e la pratica in prima persona, vivendo in una casa a energia solare, viaggiando in auto elettrica e coltivando l’orto. E’ stato consulente dell’Unione Europea e consigliere scientifico di ISPRA-Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale. Per RAI ha collaborato a “Che tempo che fa”, “Scala Mercalli” e “TGMontagne” e Rainews24. Editorialista per Il Fatto Quotidiano, ha lavorato prima a La Repubblica e poi a La Stampa ed ha al suo attivo migliaia di articoli e 2800 conferenze. Tra i suoi libri: Filosofia delle nuvole (Rizzoli), Viaggi nel tempo che fa (Einaudi), Prepariamoci (Chiarelettere), Non c’è più tempo (Einaudi), Il clima che cambia (BUR), Salire in montagna (Einaudi), il libro per bambini Uffa che caldo (ElectaKids) e il fumetto Il tuo clima (TataiLab).