Luca Enoch, graffitaro a fumetti

Luca Enoch, graffitaro a fumetti

Nato a Milano nel 1962, Luca Enoch e' uno dei principali rappresentanti della "nuova onda" fumettistica italiana, capace di rivolgersi ad un pubblico vasto senza rinnegare le proprie idee, anzi, facendone elemento distintivo delle proprie storie. Debutta tardi, nel 1992, e il suo primo successo si chiama SprayLiz: le avventure...

SprayLiz, il personaggio simbolo di Enoch

GLI INIZI E LE FONTI

Partiamo, come sempre, dagli inizi: cosa ti ha spinto a fare i fumetti?
Passione ed emulazione. Leggendo i fumetti classici, come Flash Gordon di Alex Raymond, Nick Carter di Bonvi o Alan Ford di Magnus&Bunker, il primo impulso è stato quello di riprodurre pari pari quelle tavole a fumetti. L’esigenza di crearne di mie, originali, è venuta dopo.

Quali autori o titoli hanno “segnato” la tua infanzia?
Sono cresciuto con i fumetti di Alex Raymond (Flash Gordon), Russ Manning (Tarzan), Magnus (Alan Ford, Lo Sconosciuto, i Briganti), Moebius (lui e tutta la scuola di Metal Hurlant), Gimenez, Zanotto e la scuola argentina, Pazienza (Tutto!) e infine gli autori giapponesi (Otomo e Shirow, sopra tutti).

Quali sono stati i tuoi “maestri” per quanto riguarda sia la narrazione che il disegno?
Per il disegno è facile: Magnus, Pazienza, Moebius, Otomo. Per la narrazione non so. Non è così immediato riconoscere dei “maestri” in questo campo. C’é il campo della scrittura e allora ci si rivolge anche a scrittori di letteratura “alta” e poi c’é quello della sceneggiatura (fondamentale!), e allora magari scopri di essere vicino a un autore il cui tratto non ti ha mai interessato, ma il cui stile di racconto ti ha profondamente segnato.

Il tuo tratto ha molte influenze diverse che sembrano convergere in untratto sicuramente personale. Quanta fatica è costata, e costa, trovare lapropria strada?
Lo stile arriva da solo. Sembra una frase fatta, ma è così. Io ho dovuto fare un grande sforzo per abbandonare il tratto umoristico e grottesco dei miei primi lavori, perché qui in Italia non c’era spazio per uno stile del genere. “Vai in Francia”, mi dicevano nelle redazioni come se la cosa risolvesse tutto. L’esperienza con Sprayliz, soprattutto con l’edizione in formato pocket, mi ha aiutato molto, e senza di essa non sarei mai potuto entrare in Bonelli, neppure in una serie “libera” come Legs.

Come lavori? Crei prima una sceneggiatura completa, o lavori direttamente su uno storyboard?
Prima viene il soggetto, elaborato con tanto di dialoghi salienti, poi si passa allo storyboard, realizzato con tavole piccole come francobolli, e infine si arriva alla sceneggiatura vera e propria, che io cambio spesso in corso d’opera. Il soggetto quasi sempre è scritto da tempo, aggiornato di volta in volta, quando capito su qualcosa di interessante che penso possa andare bene per quella storia. Ho quindi una decina di soggetti semi-elaborati su cui intervenire; parlo dei soggetti dei singoli episodi, la storia di Gea – la sua evoluzione e il suo destino – sono già segnati a grandi linee.

Nei tuoi disegni utilizzi molto il computer per “effetti speciali” e retinature. Come è cambiato il tuo lavoro con i programmi di grafica?
Si è enormemente velocizzato. Riesco a produrre 250 tavole all’anno, solo grazie alla possibilità di fare le aree nere al computer. Un click e via. Poi viene l’elaborazione complessa, gli effetti speciali, ecc… Lì si sperimenta e si perde tempo. Ma la cosa principale è che si può “tornare indietro”. Questa cosa è impagabile. Non ti piace come è venuta una vignetta? Via, la si rifà tornando indietro con una sola mossa.

Quale pensi saranno gli sviluppi dell’incontro tra la tecnica tradizionale ele nuove possibilità?
Mi scuso ma ho portato proprio ieri la mia sfera di cristallo a lucidare ;-)

Siamo stati sfortunati, allora! Tornando a noi, le tue fonti narrative contengono influenze molteplici, dalla tradizione fantasy occidentale a quella orientale, dalla magia alla fantascienza, dai racconti di strada all’umorismo. Quali sono le tue fonti, e come nascono le tue storie?
Le mie fonti sono infinite e vengono dagli articoli di cronaca, dagli editoriali, dai libri che leggo e dai film che vedo. Il soggetto per “La Crociata di Clive” è venuto da un libro e da un film, ma le influenze sono molteplici e spesso occulte.

Leggi molto, sia di letteratura che di fumetti? Cosa ti piace in particolare in questo periodo?
Lego tanto e in maniera disordinata. Spesso porto avanti un romanzo e un paio di saggi contemporaneamente, col risultato di confondere le cose. In casa ho due pile di libri; quella di sinistra è composta dai libri che voglio leggere per il mio piacere personale (romanzi di vario genere, saggi, biografie, fumetti…), in quella di destra ci sono i libri di tema specifico che mi servono per la documentazione per le mie storie. Le pile si allungano sempre di più, perché io acquisto più materiale di quanto possa ragionevolmente consumare.

Abbiamo una cosa in comune, allora! Ma nemmeno le citazioni cinematografiche mancano nei tuoi fumetti: quali sono i tuoi gusti in questo campo?
Vale lo stesso discorso dei libri. Attualmente vado meno al cinema rispetto a dieci anni fa. Ma è importantissimo continuare ad accumulare stimoli visivi ed esperienze di sceneggiatura.

LE STORIE ED I PERSONAGGI

Come sono nate le tue serie più famose?
Sprayliz nacque su suggerimento di Sauro Pennacchioli, a suo tempo direttore artistico dell’Intrepido, che voleva storie urbane con protagonisti giovani e possibilmente femminili. Io tirai fuori dal cilindro una giovane graffitara, pazza per la moto e per la spraycan art. Gea nacque su proposta di Sergio Bonelli, che voleva una serie semestrale interamente autogestita. Gea era nel cassetto dai tempi dell’Intrepido, senza spada e senza mostri, e io riadattai il soggetto ai canoni avventurosi della casa editrice.

Sembri trovarti più a tuo agio con i personaggi femminili: come mai?
Dico sempre che deve essere qualcosa di genetico, mi vengono tutte femmine. Del resto ho due bambine, Isabella ed Elena. Non si sfugge ai propri cromosomi!

Quanto ti aiutano tua moglie e le tue bambine in questo aspetto, e nel lavoro in generale?
Mia moglie lavora nel campo dei fondi di investimento, quanto di più lontano possa esserci dal mondo della letteratura disegnata e dei fumetti in generale. Sta raccogliendo materiale per la sua biografia, che credo voglia intitolare “Ho sposato un imbecille” – questa battuta non è mia, è dell’inossidabile Marcello Toninelli, ma calza perfettamente ;-)

Le tue bambine apprezzano quando disegni mostri, demoni e arconti vari? Inventi per loro delle favole a partire dagli spunti dei tuoi racconti?
Isabella ed Elena hanno rispettivamente 5 e 2 anni. I miei disegni sono realistici e drammatici e al massimo le bimbe possono apprezzare un bel mostro con le corna o i folletti di Gea. Per loro ci vuole il colore e dei personaggi appositi, che al momento non sento nelle mie corde. Magari finisce che partorisco qualche inquietante personaggio come Coraline, di Gaiman. Sì, magari…

Hai mai temuto di non rendere al meglio le tue protagoniste, di “alterarle” attraverso una visione maschile?
Questo è inevitabile; le mie eroine sono sempre una mia proiezione – quindi una proiezione maschile – del mondo femminile. Sono, in fin dei conti, delle realizzazioni delle mie fantasie sulla femminilità, realtà complessissima che mi sfugge e che io mi illudo di comprendere e padroneggiare con i miei personaggi, facendoli muovere, parlare e interagire con i loro comprimari.

Quanto piace alle lettrici il tuo modo di raccontare il mondo al femminile?
Incredibilmente è apprezzato. Non che si riconoscano nei miei personaggi (sarebbe pretendere troppo dalla mia sensibilità e abilità di scrittore) ma credo che apprezzino il ritratto di una personalità femminile che io, come autore, rendo attraverso i miei filtri “mascolini”. Ovvero, sanno perfettamente che io “non ci arrivo” ma stanno al gioco e alla fine, spero, si divertono anche loro.

Sprayliz è stata tanto amata dal suo pubblico di appassionati, quanto sfortunatanel suo cammino editoriale, costellato da chiusure: dall’Intrepido, passando per la Star Comics fino a Macchia Nera. Mancava qualcuno che credesse realmente nel personaggio?
Sì. Per la Star Comics era solo un prodotto da testare sul mercato e di cui liberarsi al più presto dopo il mancato successo commerciale. Stessa cosa per i tipi dell’Intrepido. Con Bonelli è tutto un altro discorso. Gea è venuta alla luce grazie a una sua proposta per una serie semestrale interamente gestita da me. Con lui discuto spesso di cosa fa e di come si muove la mia eroina; segno di un sincero interesse per il personaggio.

Cosa sta facendo adesso Liz? Come la ritroveremo quando, e se, rimetteraimano alle sue avventure?
Liz dorme il sonno del giusto. Le ha tentate tutte per restare in edicola, ultima la bella ristampa edita dalla Macchia Nera, che è stato un tonfo memorabile. Quindi per ora si riposa in attesa di tempi migliori. Chiaro che, se mai tornerà, non potrà tornare come spensierata adolescente… Il tempo passa per tutti, soprattutto per gli autori!

Gea è nata come pubblicazione “autoriale”, fin dall’impostazione: piùpagine, uscite semestrali, gestita da te interamente, per testi, disegni, copertine, editoriali. Una svolta per Bonelli. Quanto peso hai avuto nell’impostare Gea in questo modo?
L’idea della semestralità della serie è stata dell’editore. Bonelli conosce perfettamente i tempi di produzione di un albo a fumetti e questa era l’unica soluzione possibile, se, come era nelle sue idee, la mia doveva essere una serie totalmente autogestita.

Parliamo di Morgana, pubblicato prima in Francia, e solo dopo importato in Italia: il nostro mercato è così chiuso?
Il fumetto bonelliano, così com’é, non è proponibile al mercato francese. Piccolo formato, poche vignette per pagina, ampio uso del nero nell’inchiostrazione. E soprattutto personaggi seriali, e non storie autoconclusive. Questo in Francia funziona per i personaggi comici, come Asterix, ma per il fumetto realistico, qual è quello bonelliano, si utilizzano altre forme di racconto.

Per te e Mario Alberti cosa ha rappresentato questa esperienza: un diversivo rispetto alsolito impegno, uno sfogo, una sperimentazione… Cosa?
Un po’ tutte e tre le cose. Morgana è una gran bella novità per noi autori italiani abituati al piccolo formato e al bianco e nero. Mario ha potuto sperimentare il colore per la prima volta e il risultato è davvero sorprendente. Inoltre, come co-sceneggiatori, abbiamo potuto affrontare un diverso formato, con una disposizione delle vignette complessa. Infine, il soggetto riguarda una storia “a termine”, per la quale, cioé, è prevista una conclusione. Novità sostanziali, quindi, che per noi autori costituiscono un richiamo irresistibile.

È diverso lavorare solamente come sceneggiatore? Come ti regoli?
Per quanto riguarda Morgana, il soggetto e la sceneggiatura la scrivo insieme a Mario. Anche questa è una novità, che ora sto bissando con Stefano Vietti per la saga fantasy Dragonero, per la Bonelli. è molto stimolante lavorare con Mario perché siamo in perfetta sintonia su un sacco di cose, e le osservazioni di uno spesso sono fonte di ispirazione per l’altro; la storia e la costruzione dei personaggi si arricchiscono molto, in questo modo. Per gli Umanoidi, in Francia, sto studiano il soggetto per una detective-story ambientata nel primo periodo Edo giapponese, questa volta tutto da solo. Si vedrà.

Gea è nata come una maxi-serie, con un inizio ed una fine. Anche questauna scelta diversa dal classico bonelliano! Hai già altri progetti per il “dopoGea, il baluardoGea”?
Nelle mie intenzioni Gea dovrebbe terminare al 20 albo, quindi ho davanti a me altri 4/5 anni di lavoro. Un po’ presto per pensare al dopo-Gea. Se la collana dei Romanzi a Fumetti si concretizzerà, mi piacerebbe scrivere, sceneggiarne e disegnarne uno tutto da me.

A Bonelli hai anche avanzato la proposta di una nuova linea editoriale formata da miniserie: come è stata la risposta?
Più che “miniserie” si parla proprio di storie “one shot”, auto conclusive, come dei veri e propri romanzi. Storie corpose, di circa 200 tavole ognuna, con ambientazioni che non si trovano nelle serie regolari come il romanzo rosa, quello storico, quello guerra, ecc… L’editore si è detto molto interessato, ma ancora dobbiamo fare la riunione definitiva.

Ha tutto l’aspetto di una pubblicazione da libreria!
Sarà principalmente una pubblicazione da edicola, invece. Stesso formato degli albi bonelliani, solo un numero di pagine variabile, vicino agli albi di Agenzia Alfa, per intenderci.

Dragonero farà parte di questa collana? Cosa puoi raccontarci di questa saga di cui hai accennato prima?
Dragonero dovrebbe essere il romanzo di apertura, ma ancora non c’é nulla di definito. Dragonero venne proposto alla casa editrice Bonelli un paio di anni fa come serie regolare o miniserie. Non se ne fece nulla e ora la fantasy torna come storia autoconclusiva, con un personaggio robusto e un cast di comprimari molto validi. Una bella “Compagnia”.

Mi sembra dal tono delle tue risposte che tendi ad essere molto modesto! Credi sia una qualità necessaria per migliorare sempre?
No, cerco solo di mantenere un profilo basso e di far parlare le mie storie ;-)

LE IDEE E GLI IDEALI

Nei tuoi fumetti la componente politica è sempre stata parte integrantedella storia e dei personaggi, quasi una necessità. Ma per te cosarappresenta questo, uno sfogo o un modo per trasmettere le tue idee?
Tutto è politica, anche l’amministrazione condominiale. Se uno ambienta le proprie storie in precise epoche storiche, non può affrancarsi dalla situazione socio-politica contingente. A meno di fare puro intrattenimento, svincolato da ogni considerazione sociale. Integrare bene storia e politica senza appesantire la vicenda non sempre mi riesce, ma bisogna essere dei fior di autori per farlo!

Non mancano le critiche per questo tuo schierarti in maniera evidente. Comele accogli?
Le accetto come libera espressione delle proprie idee, lo stesso principio a cui mi richiamo quando scrivo le mie storie. Non possiamo essere tutti d’accordo, soprattutto su temi politico-sociali.

Non hai mai pensato di rischiare il “sacrificio” di una storia per ilmessaggio che volevi trasmettere?
No, al momento della scrittura. Poi, rileggendo la storia una volta stampata, è successo che mi sia reso conto che il “messaggio” appesantiva la lettura e, in sostanza, vanificava le mie intenzioni.

Sei uno dei pochi autori che affrontano in maniera così diretta i problemireali nei propri fumetti, specie nel prodotto seriale che mira al pubblicopiù ampio possibile. Hai mai avuto pressioni dalla Bonelli per smorzarecerti toni?
All’interno della Bonelli io vivo nella mia comoda nicchia di “autore completo”, dove mi lasciano molta libertà. Essendo questa una casa editrice dove l’editore fa sul serio l’editore e non semplicemente il commerciante di carta stampata, come altri che ho frequentato in precedenza, il controllo editoriale è esercitato su tutto quanto viene pubblicato, quindi anche sulle mie storie.

Schierarsi su certe posizioni politico sociali può rivelarsi un’arma adoppio taglio: da una parte si rischia di apparire in una posizioneeccessivamente accomodante nei confronti del lettore, dall’altra di voler”pontificare”. Nel tuo editoriale su Gea n.3 rispondevi, a chi avevacriticato Gea come un fumetto dal “buonismo marcio”, scrivendo: “basta che unautore inserisca dei personaggi omosessuali o disabili dando loroconnotazioni positive […] ed ecco scattare l’accusa di comportamento […]buonista”. Non credi, al di là dei giudizi, che il problema sollevato possaessere invece la connotazione, positiva o negativa, poco realistica deipersonaggi?
Il punto è che un autore deve poter creare dei personaggi di qualunque tipo senza doverne rendere conto a nessuno – se non all’editore – e senza doversi giustificare se questi rientrano in una tipologia “scomoda” e soggetta al rullo compressore degli stereotipi e dei luoghi comuni. Poi tutto dipende dall’onestà intellettuale dell’autore; se uno inserisce un personaggio omosessuale perché è di moda o per cercare di sollevare un po’ di scalpore per far parlare del fumetto, bene, io credo che non si vada lontano con questo tipo di condotta. Prima o poi vieni smascherato. Chi mi legge dagli inizi, sa bene che io sono sinceramente interessato ai miei personaggi, soprattutto ai comprimari che spesso sono più importanti del/la protagonista. In Sprayliz questo era più evidente, forse perché la frequenza di uscita era più alta, mentre in Gea, che esce ogni sei mesi, il ruolo dei comprimari spesso si risolve in siparietti slegati dal contesto. Ma questo riguarda la mia abilità di soggettista, che volete farci…

Le critiche che esprimi, alla politica come alla società, sonospesso portate fino all’estremo, fino a ridurle a scene comiche. Se da unaparte questo rafforza il messaggio, non rischia dall’altro di distorcere il messaggio stesso?
Se ti riferisci alle scenette dei nazi in Sprayliz, la riduzione dei tapini a macchiette era intensamente voluta. Là non c’era alcun intento di analisi o critica sociale, ma solo un crudele sfotto’. I due poliziotti in Gea, invece, in realtà sono personaggi simpatici; non sono cattivi e gli capitano delle sfighe tremende e quindi i lettori li apprezzano.

Mi riferisco in particolare alla critica sulla violenze della polizia, uno dei temi che ritroviamo spesso nelle storie di Gea (un effetto post G8 di Genova?). Non temi di esasperare troppo concetti come questo, offuscando quello che c’é di buono, più che criticare le storture?
Non si offuscano gli elementi positivi mettendo in evidenza quelli negativi. Se la polizia aiuta la gente, infonde fiducia ai cittadini e garantisce la loro sicurezza, questo significa che le cose vanno come è giusto che vadano. Noi la si paga per questo, con le nostre tasse, ed è questo che ci aspettiamo. Non bisogna invece astenersi dal denunciare anche la più piccola stortura di questa macchina di controllo sociale che, in definitiva, ha il monopolio legale della violenza. Con ciò che accadde al G8 di Genova, con gli ingiustificabili episodi della scuola Diaz e della caserma di Bolzaneto, tutta una generazione di ragazzi cresciuti dopo il ’68 si è resa conto di come i tutori dell’ordine possano trasformarsi in un attimo in sadici aguzzini. Quello che, come dici tu, c’é di buono è “dovuto”, è la normalità. Ma occorre avere bene in mente che la deriva verso l’abuso di potere e l’autoritarismo è, prima, facile, e poi, incontrollabile.

Sei stato molto chiaro. Hai mai paura di non esserlo nei tuoiracconti, di non riuscire a comunicare quello che vuoi?
Io sono costantemente conscio del fatto che non riesco a comunicare neppure la decima parte di ciò che voglio, nei miei racconti.

Su www.fuorispazio.net porti avanti una striscia periodica, Daphne&Cloe, incui ritorna il tema della libertà sessuale in maniera umoristica: sembra untuo marchio di fabbrica! Da cosa deriva questa tua forte denuncia sociale su questi temi?
La strip di D&C è uno scherzo, un “divertissement” con cui pero’ mi piace mettere alla berlina certi atteggiamenti etero nei confronti dei gay in generale. Esiste già una strip a tema gay, su www.gay.it, quindi ho voluto differenziare creando due personaggi lesbici. è un tema che mi è caro, quello di evidenziare l’imbecillità di certi luoghi comuni e tentare di denunciare la vacuità di altri stereotipi.

Anche in questo caso non deve essere facile trattare in maniera onesta e credibile argomenti così importanti. Hai apprezzamenti per questa tua visione delle tematiche gay?
Sì e soprattutto dalla comunità gay. Il primo ad accorgersi di un fumetto come Sprayliz fu il mensile gaylesbico Babilonia, seguito poi dai quotidiani “normali”. Kate fu apprezzata da tutti, etero compresi. Sigfrido fatica invece a raccogliere le simpatie degli etero ma piace negli ambienti omosessuali. La strip di Daphne&Cloe è un altro modo di affrontare certe tematiche, con una forte componente umoristica.

Com’é il tuo rapporto con la religione? È uno dei temi meno toccati nei tuoi fumetti, ma indirettamente si ritrova in molte delle critiche contenute nei tuoi lavori.
Non entro nel merito della fede personale. Dico solo che tutte le religioni monoteiste che conosciamo predicano ecumenismo e tolleranza quando sono minoritarie o perseguitate. Ma quando sono maggioritarie e detengono il potere allora sono sempre autoritarie e intolleranti. Questo dato storico, che è bene avere sempre in mente, mi fa dire che le persone con il turbante in testa o il colletto bianco introno al collo è bene che se ne stiano lontane dai posti dove si amministra la “cosa pubblica”.

Proprio recentemente hai aperto un tuo blog, un tuo “diario” dove affronti e approfondisci certe tematiche politico-sociali. Uno spazio che sembra lontano dal fumetto in senso stretto. Hai avvertito la necessità di affrontare tali argomenti oltre allo spazio, per forza limitato, delle tue opere? Cosa intendi comunicare attraverso questo blog?
Questo blog, costruito grazie al valido aiuto di Giovanni Gentili di uBC fumetti, va a sostituire la mailing list con la quale usavo tormentare con i miei messaggi una piccola schiera di tapini che avevano avuto la cattiva idea di darmi il loro indirizzo di posta elettronica. Diciamo che questo spazio svolge la funzione di vetrina e di archivio per tutte le cose che mi colpiscono (fatti di cronaca, commenti, immagini e quant’altro) e a cui voglio dare più risalto.

Pensi che l’atteggiamento mediatico e sociale stia finalmente cambiando, accettando le diversità di ognuno, o che ci sia ancora molto da lottare per poter affermare il diritto di ognuno ad essere se stesso?
I pregiudizi con cui siamo venuti su dall’infanzia sono duri da sciogliere. Mi danno fiducia gli adolescenti di oggi, che sembrano molto più disposti ad accettare diverse forme di sessualità dei loro genitori. Fintanto che ci saranno persone, e mi riferisco anche a miei coetanei, che considerano gli omosessuali delle “donne mancate” (considerando omosessuali evidentemente solo i “passivi”; almeno la Bibbia, bontà sua, non fa differenza tra sodomiti ed effemminati e dice di mettere a morte tutti quanti…), ci sarà ancora molta strada da fare.

Grazie Luca, continueremo certamente a seguirti nei fumetti e nel web…

Intervista rilasciata via e-mail nei mesi di Agosto/Settembre 2003

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