Giulia Francesca Massaglia esordisce illustrando dei mazzi di tarocchi per l’editrice Lo Scarabeo. Nello studio di Piccatto incontra Stefania Caretta, con la quale nasce un sodalizio professionale che dura tutt’ora, che vede Massaglia occuparsi delle matite e Caretta delle chine. Nel 2016 pubblicano con altri disegnatori la graphic novel “Da Caporetto alla Vittoria” e lavorano sulle testate Dylan Dog e Le Storie della Sergio Bonelli Editore. Entrano nello staff ufficiale dei disegnatori Astorina prima su Il Grande Diabolik e poi sulla serie regolare dove esordiscono nel numero di agosto 2019, Tragico scambio.
Dividere il lavoro tra chine e matite non è molto comune nel fumetto italiano: quali sono i pregi e difetti di questo modo di lavorare? Come si coordina il vostro lavoro?
La divisione dei compiti forse non è molto comune su altre serie ma su Diabolik è la normalità, persino Zaniboni faceva “solo” il matitista lavorando in coppia con altri. Io e Stefania lavoriamo insieme da sempre, tanto che ci siamo presentate all’Astorina con un portfolio di coppia in cui ci presentavamo già come matitista ed inchiostratrice. Se c’è sintonia e sincerità non è difficile dividere i compiti ma mi rendo conto che per farlo bisogna “trovarsi” in un certo senso, non tutti sono disposti ad affidare il proprio lavoro nelle mani di altri ed ascoltare le critiche nel caso qualcosa non funzionasse.
Come siete arrivate ad Astorina, come vi siete formate da autrici, quale strada vi ha portate allo stile adatto a Diabolik?
Io ho iniziato a pubblicare come illustratrice per Lo Scarabeo Edizioni subito dopo aver finito la Scuola Comics. Quando stavo realizzando il mio secondo mazzo di tarocchi per loro ho iniziato a collaborare con uno studio di disegnatori dove ho conosciuto Stefania. Inizialmente realizzai una storia di Dylan Dog come ghost e poi fui accreditata negli albi successivi come matitista. Dopo aver realizzato sette storie per Dylan più una graphic novel sulla prima guerra mondiale decisi che era il momento di fare la mia strada e con Stefania preparammo un portfolio comune, perché la sensazione di poter lavorare meglio fuori dallo studio era molto forte. Cartoomics 2018 è stata la svolta per noi. Una settimana dopo aver lasciato il nostro portfolio ci hanno contattato dall’Astorina chiedendo di fare delle tavole di prova. Pare sia andata bene direi…
Creato dalla fantasia di due donne, Diabolik è stato scritto nel corso degli anni da diverse sceneggiatrici, ma curiosamente solo una disegnatrice si è cimentata sulla serie regolare: Kalissa Giacobini nel 1963. Una bella responsabilità per voi!
Quando siamo entrate per la prima volta in redazione è stata una delle prime cose che ci hanno fatto notare e c’era un meraviglioso fermento per questa novità. In Astorina in realtà lavorano molte donne ma stanno più dietro le quinte quindi erano tutte felicissime di avere finalmente una quota rosa anche tra i disegnatori. In generale per le donne non è sempre facile affermarsi. Potrebbe sembrare assurdo ma ancora oggi nel 2019 dobbiamo spesso lavorare il doppio e dimostrare sempre di dare il massimo per essere notate. Non che sia un problema perché lavoriamo tantissimo a testa bassa per natura. Ma se diventare professionisti in questo campo è già molto difficile può diventare una vera impresa per una donna. L’Astorina ci ha accolto con grande calore e noi le siamo davvero grate.
La grammatica di Diabolik è piuttosto stringente in termini di layout, come vi siete trovate a lavorare su uno schema così rigido?
Ammetto che arrivando da cinque anni di albi Bonelli non è stato facile adattarmi al formato Astorina. Però la vivo sempre come una sfida. Essendo rigida la griglia è il disegnatore a dover ragionare per rendere il più dinamiche possibili le scene, magari giocare con le inquadrature ma conservando il gusto classico tipico di Diabolik. Ci sto ancora lavorando ma tanto so che questa ricerca andrà avanti in ogni albo, devo riuscire a trovare la mia “forma perfetta”.
Qual è la difficoltà maggiore nel disegnare due icone del fumetto e della cultura italiana come Diabolik ed Eva Kant?
Il problema più grande è chiaramente la riconoscibilità. Tutti, anche chi non legge fumetti, sanno chi sono Diabolik ed Eva Kant. Ogni disegnatore ha il suo stile ma tutti devono rendere immediatamente i tratti principali dei personaggi in modo efficace. Non è facile perché sono due icone a cui rendere onore e la pressione a riguardo un po’ si sente. Ma anche su questo ci lavorerò costantemente e mi perfezionerò nel corso del tempo.
Da diversi anni lavorate per Bonelli, con particolare assiduità su Dylan Dog. Con Diabolik, sono due personaggi estremamente significativi e amati del fumetto popolare italiano. Quali trovate che siano, se vi sembra che ci siano, le differenze di impostazione editoriale e metodo di lavoro fra loro?
Devo dire che la prima differenza che mi è parsa evidente da subito è la struttura. Mentre Bonelli è simile ad un’azienda con vari livelli, come una torre a più piani, Astorina è più simile ad una famiglia. C’è il capofamiglia che controlla e protegge e tutta la redazione che lavora divisa in poche stanze una di fianco all’altra. Anche coi disegnatori il rapporto è molto umano e alla fine non puoi che considerare Diabolik come un bimbo da proteggere, a cui tieni profondamente anche se non è tuo figlio. Una cosa del genere non è molto comune e forse spiega il successo di una serie che ormai è entrata nel cuore di tutti coloro che ci lavorano, dei lettori e più in generale nell’immaginario collettivo di chi non ha mai letto un fumetto in vita sua.
In che modo il vostro rapporto di amicizia influenza quello professionale, e viceversa? Com’è nata l’idea di creare il vostro “alter nos” Le Diabolike?
Le Diabolike è nato come un gioco, ce lo siamo dette a vicenda per scherzare dopo che l’Astorina ci aveva preso. Poi abbiamo iniziato a pensare che poteva funzionare anche come “nome d’arte” e abbiamo chiesto a Mario Gomboli se potevamo usare quel nome e farci due magliette per noi. A lui è piaciuto subito e ci ha dato l’approvazione per farlo. Ormai la gente, compresi i colleghi, ci chiama così e la cosa ci piace molto. Per quanto riguarda la nostra amicizia è nata in studio mentre lavoravamo per Dylan Dog. Diciamo che alcune disavventure comuni ci hanno portato a conoscerci bene e ora ci vediamo quasi ogni giorno. Spesso da eventi spiacevoli possono nascere cose belle.
Molti sostengono a ragione che senza Eva Kant non ci sarebbe Diabolik. La compagna del Re del Terrore è un personaggio che ha saputo condividere da coprotagonista il fumetto fin dagli inizi. Come l’avete interpretata dal punto di vista del disegno, ci sono particolari che avete sottolineato in particolar modo?
Eva è una figura davvero interessante, pur essendo una criminale e quindi capace di uccidere mantiene una forte umanità. Ha quel modo così femminile di prendersi cura di Diabolik, di stargli vicino e di amarlo tanto da rendere di riflesso più umano anche Diabolik stesso. Graficamente ha pelle occhi e capelli chiari, insomma è luminosa a suo modo. Ha un fisico e un portamento quasi nobili e allo stesso tempo sensuali. Il volto è il più difficile da rappresentare e spesso ruba più tempo di altri personaggi per renderlo al meglio.
Tragico scambio, Diabolik sottosopra e Doc!, il texone disegnato da Laura Zuccheri. I due personaggi più iconici e longevi del fumetto italiano vivranno un’estate senza precedenti, tutta al femminile. Quanto è importante per voi essere protagoniste di questo cambiamento?
Stiamo riscontrando molta attenzione sull’argomento e la cosa ci fa davvero piacere. Io non penso che le donne debbano avere qualche forma di favoritismo per arrivare al cambiamento. Quel che conta è cosa sanno fare le persone, se uno lavora bene, sa rispettare le consegne e ci mette una parte di sé in quello che fa allora ha il diritto di avere una possibilità, indipendentemente dal proprio sesso. Il problema per le donne è un ambiente che troppo spesso le considera inferiori senza nemmeno farci caso. È qualcosa di radicato così profondamente da non farsi nemmeno notare in superficie, eppure è lì e quando arriva il momento salta fuori, finendo col favorire un uomo per un certo posto o portando ad un trattamento economico inferiore rispetto ai colleghi maschi. A ben pensarci hai citato Laura Zuccheri su Tex, una disegnatrice straordinaria le cui capacità sono incontestabili da chiunque. Insomma per emergere a volte le donne non devono essere solo brave ma dei veri fenomeni. Forse ci sono i primi segnali di una presa di coscienza anche nel mondo dei fumetti. Diciamo che quando vedrò molte disegnatrici normali e non fenomenali fare carriera come i colleghi disegnatori, saprò che qualcosa è cambiato.
Intervista condotta via email nel mese di giugno 2019.