Mentre negli Stati Uniti Jeff Lemire, Andrea Sorrentino e il resto del team artistico al lavoro su Gideon Falls annunciano la fine della serie pubblicata da Image Comics con il #27 in arrivo a fine 2020 – albo conclusivo che conterà 80 pagine -, Bao Publishing con il terzo volume dell’edizione italiana è arrivata poco oltre la metà della pubblicazione della storia.
Gli albi dal #12 al #16 raccolti nel più recente volume dell’editore italiano, Via Crucis, immergono sempre di più il lettore nell’horror di stampo lynchiano creato dallo sceneggiatore canadese e dal disegnatore italiano.
Se da un lato iniziano a chiarirsi alcuni elementi portanti della storia che ruota attorno al nucleo urbano di Gideon Falls – contemporaneamente cittadina rurale e metropoli degradata e tentacolare nel crocevia temporale e di universi paralleli al centro del plot -, dall’altro gli autori continuano a non fornire appigli certi né punti cardinali precisi tanto ai lettori quanto ai protagonisti della vicenda.
Lemire inizia ad approfondire e a rivelare elementi importanti e fondamentali di alcuni dei personaggi, ma il fatto che la narrazione porti l’intero cast a muoversi privo di una direzione univoca tanto sulla linea temporale quanto su più realtà esistenti simultaneamente, genera uno stato di spaesamento – evidentemente voluto – che a sua volta porta i vari protagonisti a vivere in uno stato di costante angoscia e incapacità di dare un ordine logico e razionale agli eventi.
Anche la stessa natura del male al centro della vicenda, ancora oscura tanto nell’origine quanto negli scopi, seppur alcuni tasselli inizino a incastrarsi nel quadro generale, porta il lettore a un continuo domandarsi quale possa essere il passo successivo della narrazione: un quesito che crea un efficace senso di aspettativa e al contempo di frustrazione, pari a quello sofferto dai personaggi coinvolti.
L’elemento che però continua a restare sempre più impresso nella lettura di Gideon Falls è la consapevolezza con cui il team artistico al lavoro sull’opera esplora e a mette in atto le possibilità del medium fumetto, in una sinergia continua tra testo e immagini.
Il senso di spaesamento e la mancanza di punti di riferimento presenti nella vicenda vengono trasposti da Andrea Sorrentino in tavole dalla struttura sempre mutevole, volutamente prive di una architettura compositiva specifica che possa essere un appiglio per il lettore. Gli stessi elementi della pagina, come le vignette, i riquadri delle stesse e gli spazi bianchi, si trasformano in elementi narrativi che contribuiscono al racconto al pari dei dialoghi.
Le immagini spesso si frantumano, si ribaltano, si compenetrano; allo stesso tempo, la linea d’orizzonte all’interno delle vignette non è mai dritta, continua a inclinarsi e a girarsi. Tutto ciò contribuisce ad alimentare sia il disorientamento dei personaggi di fronte a fatti che sgretolano razionale – anche visivamente – la loro realtà, sia l’angoscia dei lettori che si trovano privi dei classici “appigli grafici” su cui costruire la propria lettura.
Tutto ciò però e ben lungi dal creare confusione: si resta piuttosto affascinati e sedotti dalla versatilità compositiva delle tavole, spesso a doppia pagina, che portano a soffermarsi su ciascuna alla ricerca dei vari elementi compositivi chiarificatori della vicenda.
Anche nei momenti in cui la griglia si regolarizza, resta una gabbia opprimente formata da vignette tutte uguali che trasmettono un senso di soffocamento e di mancanza di vie di fuga.
A questo contribuisce anche il tratto oscuro e realistico di Sorrentino che ha la capacità di radicare una vicenda dai toni irrazionali in un contesto quotidiano estremamente credibile, tanto negli ambienti quanto nell’aspetto dei personaggi. E quella capacità di disegnare i personaggi con le mascherine – a partire da uno dei protagonisti – resta uno degli elementi più misteriosi e inquietanti della serie, specie se si pensa che il primo numero risale al 2018.
La sinergia di cui sopra non può prescindere né dai colori di Dave Stewart, ormai punto di riferimento della colorazione nel fumetto statunitense, né dal lettering di Steve Wands, creatore anche del raffinato design di Gideon Falls.
Stewart contribuisce alla narratività degli elementi grafici con una palette cromatica basata sui toni delle terre e sui grigi e dove inserti di rosso accesso e nero si innestano a evidenziare passaggi e immagini fondamentali.
Il lettering di Wands, caratterizzato da un font tremolante e graffiato – reso molto bene anche nella versione italiana da Vanessa Nascimbene con Officine Bolzoni (in generale bisogna dare merito a Bao per l’estrema cura nell’adattamento grafico della serie, con testi tradotti anche all’interno delle pagine del fumetto) – specchiano i dubbi e l’insicurezza di fondo che coinvolge tutti i personaggi. Al contempo, quando le parole vengono pronunciate dall’entità malvagia protagonista, in baloon che perdono lo sfondo bianco per tingersi delle tonalità del rosso, i font richiamano quasi il suono terribile dei graffi su una lavagna.
Gli stessi baloon, o meglio le particolari pipette di cui sono dotati, diventano un altro elemento distintivo della serie.
Gideon Falls si conferma come un horror psicologico dalla trama e dalla resa grafica complesse e intriganti, cui sicuramente giova una lettura massiva di un volume dietro l’altro (alla conclusione italiana, ormai, dovrebbero mancare due raccolte) per non perdersi nelle complicate traiettorie narrative e visive della storia. È una convincente prova di Lemire in un genere in cui non è semplice essere originali ed è l’ennesima dimostrazione dell’affiatamento tra l’autore canadese e l’italiano Sorrentino, già dimostrato in precedenza nelle loro run su Green Arrow e Old Man Logan.
Abbiamo parlato di:
Gideon Falls vol #3 – Via Crucis
Jeff Lemire, Andrea Sorrentino, Dave Stewart, Steve Wands
Traduzione di Leonarda Favia
Bao Publishing, 2020
136 pagine, cartonato, a colori – 18,00 €
ISBN: 9788832734614