Nel seminale The Killing Joke di Alan Moore e Brian Bolland del 1988, Joker cercò di dimostrare a Batman la validità di una teoria “filosofica” che giustificasse in qualche modo la sua condizione e i suoi comportamenti:
Basta una brutta giornata per ridurre alla follia l’uomo più assennato del pianeta. Ecco tutta la distanza che passa tra me e il mondo: una brutta giornata.
In effetti in quell’opera lo sceneggiatore britannico formulò una (possibile) storia di origini del pagliaccio del crimine che spiegava le vicende che l’avrebbero trasformato nel pazzo assassino che tutti conosciamo.
E, a ben pensarci, molti illustri esponenti della rogues gallery del Cavaliere Oscuro hanno alle spalle degli specifici motivi che li hanno resi dei criminali, un concetto sul quale in particolare i film di Batman degli anni Novanta e la serie animata dello stesso periodo hanno insistito particolarmente ma che ovviamente suona pericolosamente autoassolutorio: non a caso sempre in The Killing Joke l’Uomo Pipistrello dimostra a Joker che il rapporto di causa-effetto non è automatico, ma richiede sempre una scelta del singolo individuo, la quale fa tutta la differenza del mondo.
Sia come sia, l’obiettivo dell’iniziativa di DC Comics “Una brutta giornata” è quello di focalizzarsi sui principali villain di Batman andando a svelarne proprio l’umanità, nascosta dietro piani machiavellici, furti e scontri con l’eroe, non necessariamente andando a scavare in eventuali traumi che possano aver scatenato le spinte criminali di ciascuno ma semplicemente cucendo loro addosso una storia in grado di esaltarne le caratteristiche e di mostrarli sotto una luce nuova.
A impreziosire l’operazione, ogni uscita è gestita da un diverso team autoriale così da infondere sensibilità differenti per ogni personaggio.
L’Enigmista
Si comincia con Redini terribili, avventura incentrata sull’Enigmista scritta da Tom King e disegnata da Mitch Gerads.
Considerando le prime quattro uscite, si tratta della storia maggiormente debitrice nei riguardi di quanto realizzato da Moore con il Joker: King alterna infatti la sua narrazione con alcuni flashback dal passato di Edward Nygma che svelano man mano le pressioni a cui da ragazzino era sottoposto a causa delle alte aspettative del padre e il rapporto complicato con un professore e le sue strategie di insegnamento. Da questa condizione giovanile sarebbe nata l’ossessione per gli indovinelli – presenti nei test di letteratura come domanda finale – e la pulsione omicida.
Nel presente Batman e il commissario Gordon cercano invece di interpretare la logica dietro l’ultimo assassinio a sangue freddo compiuto dall’Enigmista e la nuova attitudine che ostenta, decisamente molto più concreta, seriosa e sanguinaria che in passato, lontana dalla volontà di giocare con i propri avversari tramite tracce più o meno complesse che permetterebbero di interpretare i suoi piani.
È qui che lo sceneggiatore si distacca da Alan Moore, perché mentre il Bardo di Northampton esaltava la figura del clown secondo le sue caratteristiche note, Tom King ribalta la prospettiva e mette in scena una sorta di evoluzione del villain, che in conseguenza di una situazione ben precisa decide di cambiare atteggiamento, dimostrando quanto possa essere il cattivo più temibile e spietato della città.
Trattasi di una versione alternativa, certo, che non ha ricadute sulla figura nell’attuale continuity batmaniana, ma decisamente suggestiva e scritta con la consueta maestria. Verso la fine la sceneggiatura diventa in realtà un po’ verbosa ma l’idea su cui l’impianto poggia e gli esiti quasi distopici a cui porta nelle ultime pagine sono talmente stranianti da far perdonare un eccesso di lunghezza nei dialoghi e nei monologhi dei personaggi.
Il tratto di Mitch Gerads è pulito e chiaro, delineando i personaggi in maniera nitida, con l’eccezione di Batman per il quale lavora invece di assenza. Assecondando la sceneggiatura, che lo lascia ai margini della vicenda, quasi spettatore impotente di quanto sta accadendo in città e della difficoltà di comprendere le nuove ragioni dell’Enigmista, anche il disegno lo mantiene in ombra nelle poche occasioni in cui appare, mostrandolo più che altro in silhouette e caratterizzandolo tramite i contorni e pochi elementi come gli occhi bianchi della maschera.
È poi grazie ai colori che l’esperienza si fa immersiva: i toni acidi che contraddistinguono tutta la lunghezza della storia sono perfetti per il tono della narrazione e per trasmettere quell’atmosfera malata e allucinante portata dai testi di King. La tavolozza assume due tonalità, il verdognolo per il presente e il giallognolo per i flashback, distinguendo così immediatamente all’occhio del lettore i due piani temporali.
La griglia è piuttosto mutevole nella sua struttura, ma ha come caratteristica fondante un certo affollamento di vignette per pagina – orizzontali e strette o nel classico formato 3×3 – utile per trasmettere la claustrofobia che si respira nella vicenda e l’oppressione vissuta dai vari personaggi e dalla città alle prese con il nuovo Nygma.
Si tratta di una storia di grande impatto e molto raffinata, capace di dire qualcosa di davvero nuovo ed estremo sul personaggio.
Due facce
Un approccio più standard è invece quello adottato da Mariko Tamaki in Un grande uomini, al centro della quale troviamo Due Facce.
La sceneggiatrice preserva il grande rammarico di Bruce Wayne nei confronti del destino di Harvey Dent: il miliardario si tortura all’idea che esista la possibilità di salvarlo dalla sua metà corrotta e nella loro lunga storia editoriale ha sempre colto ogni minimo segnale di redenzione dell’ex procuratore distrettuale sperando potesse rappresentare una soluzione definitiva alla sua perdizione, ed è con questo sentimento che il Pipistrello accoglie la richiesta dell’avversario di difendere il padre dalle minacce alla sua vita.
L’intreccio di Tamaki è impostato come un labirinto nel quale riesce a confondere il lettore sulla verità dietro tale missione, costellandolo al contempo di omaggi a diversi e famosi episodi del passato che hanno coinvolto Due Facce, per la gioia dei lettori più affezionati.
È una lavoro interessante, in particolare quando nelle ultime tavole emerge il tema su cui l’autrice voleva far scattare una riflessione, avvolto attorno ai due avversari e al rapporto coi rispettivi padri. Il tutto viene confezionato in una narrazione scorrevole ma tutto sommato convenzionale, in questo ben accompagnata dallo stile senza tempo di Javier Fernandez, che regala figure umane e ambientazioni vestite di una linea molto classica e pulita, all’interno di una gabbia che si concede poche variazioni rispetto a un’impostazione consuetudinaria e accompagnato dalla colorazione sobria di Jordie Bellaire, che ammanta di un curioso rosso acceso la metà rovinata del volto di Due Facce.
Il Pinguino
Il terzo antagonista al centro della scena è il Pinguino in Ultimo proiettile.
John Ridley ci racconta di un Oswald Cobblepot che ha perso il proprio impero criminale, surclassato e tradito da un suo collaboratore ora noto come Uomo Ombrello.
Seguiamo così il difficile percorso che il boss intraprende per recuperare quello che una volta era suo: l’asso nella manica dello sceneggiatore è quello di mostrarci la grande intelligenza strategica del Pinguino, in grado di fare autocritica per comprendere quali possono essere state le concause della propria caduta imputabili a suoi errori, in primis l’incapacità di farsi apprezzare da chi gli stava intorno e lavorava per lui in modo da non farsi terra bruciata nel momento del bisogno.
Si rimane affascinati dalla dignità che il tarchiato ometto trasuda, che gli fa mantenere tutto sommato la schiena eretta di fronte a una scalata apparentemente impossibile ma che decide comunque di affrontare; peccato che il suo avversario rimanga poco caratterizzato, facendo perdere spessore allo scontro.
Appare interessante lo scontro dialettico che il Pinguino intrattiene a un certo punto con Batman, anche in questo caso mero spettatore dei fatti che si stanno svolgendo: come nella visione di King, tale chiave di lettura è funzionale alla trama intessuta, ma in questo caso la pretesa per cui l’ecosistema gothamita sarebbe sempre stato preservato da Cobblepot stesso, includendo volutamente sulla “scacchiera” il Cavaliere Oscuro e anzi usandolo come necessario bilancino dei vari equilibri di potere, risulta un po’ eccessiva come visione, oltre che svilente per l’eroe.
Al netto di ciò, la scrittura di Ridley risulta coinvolgente tanto nei dialoghi quanto nella scansione degli eventi, graziati da un buon ritmo sostenuto capace di concentrarsi tanto sulla missione del Pinguino quanto sulle sue doti strategiche, che messe in pratica risultano nostro malgrado affascinanti.
Giuseppe Camuncoli e Cam Smith portano una linea chiara che rende sontuosa la resa estetica della storia.
Il tratto netto e pulito rende vive e dinamiche le pagine, e a guadagnarne è soprattutto il protagonista: i due artisti indugiano sul volto e sulla figura del Pinguino, mostrandone la trasandatezza iniziale e la durezza ostentata verso la situazione avversa. Il viso tumefatto, i cerotti in bella vista, lo sguardo duro e senza compromessi sono elementi che caratterizzano fortemente non solo il personaggio in sé, ma anche la storia di riscatto di cui sono metafora.
Minimo comun denominatore appare comunque, in tutti e tre i casi, il rapporto di questi villain con le proprie radici: si dice che le colpe dei genitori ricadano sui figli, un concetto riportato in maniera evidente sia con l’Enigmista che con Due Facce. Il collegamento non è così diretto con il Pinguino, ma anche nel suo caso si fanno risalire le origini della sua identità alla difficoltà di fare i conti con il proprio retaggio e con il bisogno di superare i limiti ereditati, fisici o di altro tipo che siano.
Mister Freeze
Il discorso conosce altre sfumature nel quarto albo, dal momento che per Mister Freeze la “brutta giornata” si annida in un diverso legame affettivo, quello del matrimonio.
Convinto da un giovane Robin alle sue prime missioni con il Cavaliere Oscuro, Batman decide di dare una seconda possibilità al pericoloso criminale in grado di controllare freddo e ghiaccio, offrendogli aiuto per curare la moglie Nora nella speranza così di redimerlo.
Con L’inverno più buio, Gerry Duggan omaggia il gelido villain, al secolo Victor Fries, e lo fa richiamandosi direttamente a Cuore di ghiaccio, episodio della serie animata anni ‘90 che reinventò le origini di Freeze, aggiungendoci la malattia della consorte come elemento determinante nella psicologia e negli obiettivi del personaggio, ammantandolo così di una buona dose di malinconia.
Sulla stessa scia, lo sceneggiatore sfrutta la tragicità di questa condizione per rendere particolarmente drammatica e sofferta la figura del super-cattivo. Inserisce a tale scopo un inedito retroscena legato al matrimonio tra Victor e Nora, una sorta di soft-retcon capace di dare una nuova e azzeccata chiave di lettura all’animo di Freeze.
La storia, che scorre in modo fluido e che vede agire anche un Robin e un Alfred ben scritti, gode dei disegni dettagliati e ricchi di atmosfera di Matteo Scalera: l’artista alterna splash page d’impatto a tavole popolate da vignette orizzontali che danno un taglio cinematografico all’azione.
I movimenti dei personaggi hanno un aspetto realistico e le linee sui volti sottolineano i segni del tempo o la tensione provata; per quanto riguarda le ambientazioni, viene fatto un bel lavoro con la neve che copre la città, la quale appare decisamente suggestiva nella skyline che si intravede in più occasioni.
Dave Stewart ai colori, infine, impreziosisce i disegni con una tavolozza che predilige giustamente i toni del blu, virando su una palette più calda per i flashback.
Freak o umani?
Come si diceva all’inizio, l’esperimento è quello di mostrarci le ambizioni del tutto umane che questi “freak” coltivano e che li hanno spinti a fare del male.
Le prime tre storie non offrono però nessuna connotazione morale sull’argomento, limitandosi a portare su carta fumetti ben realizzati e nei quali i nemici di Batman assumono maggior centralità del solito. Un piccolo sforzo in più di natura “etica” è invece presente nella quarta avventura, dal momento che c’è spazio per riflettere sulle scelte fatte dal personaggio e sull’eventuale capacità di modificare almeno in parte il proprio atteggiamento verso il mondo e sé stesso: una maggiore sistematicità di questo approccio avrebbe forse dato maggior compiutezza al progetto, che in questa sua prima parte si afferma comunque come un riuscito tentativo di offrire un diverso punto di vista ai racconti ambientati a Gotham City, permettendo al lettore di osservare certe dinamiche con un altri occhi.
Abbiamo parlato di:
Batman: Una brutta giornata – L’Enigmista, Due Facce, Il Pinguino, Mister Freeze
Tom King, Mitch Gerads, Mariko Tamaki, Javier Fernandez, Jordie Bellaire, John Ridley, Giuseppe Camuncoli, Cam Smith, Arif Prianto, Gerry Duggan, Matteo Scalera, Dave Stewart
Traduzioni di Stefano Visinoni
Panini Comics, 2022-2023
64 pagine cadauno, brossurati, colori – 6,00 € cadauno
ISBN: 9788828721710 – 9788828718611 – 9788828724490 – 9788828727071