C’è un’esigenza molto viva in un buon numero di giovani fumettisti italiani, una che all’occhio distratto del lettore frivolo o tradizionalista (per non dire di peggio) potrebbe sembrare solo una scorciatoia o una totale mancanza di talento, e cioè quella di raccontare storie scritte e disegnate “male”.
Testi glabri e sminuzzati, disegni piatti e elementari, sfondi infantili e prospettive sommarie, balloon afflosciati su sé stessi e lettering ai limiti della leggibilità, che paiono sottratti di peso dai lavori di quel portabandiera (suo malgrado) che è Gipi. Tutti elementi che concorrono a ideare un nuovo, vecchio linguaggio col quale pubblico e critica stanno già facendo i conti, e molto ancora dovranno farlo in futuro.
Ida Cordaro, classe 1997, al suo esordio per Canicola, entra a piene mani – e a testa alta – in questa corrente stilistica, e lo fa con un albo breve e completo che si inserisce nel progetto Dalla parte delle Bambine, nato (citando testualmente) per “la promozione e alla diffusione di una cultura della non discriminazione a partire dall’educazione ai sentimenti già nella prima infanzia”.
Il suo Lara è una storia forte, che non dimentica di far uso delle regole della narrativa “di genere” con dei piccoli “inganni al lettore”, ma nello stesso tempo intimista, che mastica violenza ma non la sputa: invece, con tutta la cortesia della quale è capace, si toglie dalla bocca il nocciolo del racconto e del tema e ce lo posa accanto, su un piattino di un bianco algido come le tavole del fumetto, in modo che non sia possibile a noi lettori evitare di guardarlo. E l’autrice raggiunge il suo obiettivo con tutta la chiarezza che la sua età e lo stile che si è scelta le permettono. Il risultato risulta convincente sia nel segno che nel racconto; tanto che se non ci facesse sentire troppo vecchi potremmo citare come riferimento – per alcune parti del volume – i racconti di Raymond Carver, o di qualche suo emulo più moderno.
La Lara del titolo, barista stanca, comparsa del suo breve dramma senza neppure la consolazione di esserne protagonista, entra in scena con addosso un peso che la segna, la opprime e la ingrigisce. Lara,che in un momento del suo recente passatosi è confusa, si è arresa nella convinzione di vincere, si è lasciata ammaliare dall’idea di una nuova vita e si è gettata in una situazione della quale forse non poteva immaginare gli esiti, e dalla quale ora sembra non riuscire a uscire. Una donna forse assuefatta, ormai disillusa, che si consola dicendosi che, se non altro, “dall’alto tutto pare migliore”.
Dall’alto o dall’esterno, dalla distanza spaziale o temporale. Prima di tornare a tuffarsi nel “basso” che non lascia scampo, perché il male e il dolore sono ormai entrati nella sua vita, o forse non ne sono mai usciti. Un male e un dolore, è la stessa autrice a farcelo notare, che non si fermano lì ma scivolano attraverso le crepe, gli interstizi tra le mattonelle, e filtrano lontano, fino dove possono arrivare, contaminando ciò che trovano, anche la presunta salvezza esplicata tramite un gioco erotico che pur nel suo essere affettuoso e amoroso replica paradossalmente quello stesso male. Disinnescandolo nel momento in cui lo piega ai propri scopi, o che forse ne è solamente l’ennesima variazione. Perché “un colpo è sempre un colpo quando ti raggiunge”.
In questo senso, l’incontro che Lara fa al bar potrebbe convincerla che sì, le cose possono davvero cambiare, che può esistere per tutti un buon futuro che qualche legge superiore distribuisce a chi ne ha davvero bisogno. Ma è davvero così? Nel passato c’è salvezza o solo illusione? Esiste una redenzione o invece, al massimo, un male minore? Non ci è dato saperlo, e niente sembra presagire un vero mutamento. Forse neppure l’autrice lo sa. E se lo sa, sicuramente non ha alcun interesse a dircelo. Forse gli unici che conoscono la verità sul senso di tutto sono i personaggi: chi adopera la violenza, chi la vive come sopruso o paradossalmente la accetta come segno d’amore, e chi dalla distanza percepisce gli echi sia dell’una che dell’altra, e rilegge sé stesso in virtù del suo rapporto con essa, e con ciò che lui, o lei, fa. O decide di non fare.
Ovviamente, per esaminare nel modo migliore il racconto sarebbe necessario esplicitarne la trama. Ma non esiste una storia che lo meriti, neppure se vecchia di cento anni, e Lara non fa eccezione. È doveroso però far notare come quella che – perlomeno agli occhi pigri del lettore di prima – può sembrare la parte più debole e inutilmente prolissa del già breve albo, e cioè il percorso che la protagonista compie dal bar fino a casa, è invece una delle migliori, forse la più valida: Lara cammina in silenzio per strade deserte, in una città vuota e totalmente priva di rumori. Si sposta lungo vie nelle quali non esiste nemmeno una piccola ombra, una che sia una, dentro la quale rifugiarsi. Ed è costantemente sorvegliata da lampioni neri che sembrano giudicarla e criticarla senza offrire alcun aiuto, indifferenti e rigidi come giudici in tonaca scura. Infine arriva a casa, controlla la posta, sale in ascensore, arriva nel suo appartamento uguale a tutti gli altri ed esce sul balcone, continuamente illuminata da quella luce da interrogatorio che non lascia scampo. Le resta solo la piccola soddisfazione di vedere (sperare) di nuovo che “dall’alto tutto pare migliore”. E durante questa lunga scena è facilissimo per il lettore credere di poter indovinare i pensieri della ragazza, così come alla fine è quasi doveroso sperare in una sua salvezza. Perché davanti a una città così, a una vita così, a questo vuoto, a tutta questa luce anche di notte, è difficile non cadere. Anche di fronte a un inganno palese. E rimanerci invischiati, semplicemente perché sembra che altre opzioni non esistano. La vita, nel suo male, è congelata, e liberarsi sembra superiore alle nostre possibilità, perfino quando ci appare una via di fuga.
Lara è un fumetto assolutamente lucido e ordinato, pur nel caos che si porta dentro. Parla per accenni, evita accuse e retorica, non blocca i suoi personaggi in ruoli statici,non si limita a indicare buoni e cattivi, ma si racconta in modo maturo, con un narrato che lascia spazio alla sensibilità e al vissuto del singolo lettore e gli si mostra con un segno stilizzato e chiaro che parte con echi post-moderni per poi rifugiarsi, per quanto riguarda la fisicità e la dinamica dei corpi (anche solo dei capelli), nelle rassicuranti forme angolose di un Lorenzo Mattotti bene interiorizzato dall’autrice.
Lara è un’opera che soprattutto sembra aver ben compreso il suo ruolo (quasi esterno, da osservatore del mondo), e che in virtù di ciò può permettersi di far muovere i suoi personaggi in un limbo morale e far contemporaneamente galleggiare i loro corpi all’interno delle vignette. Può permettersi di deformare braccia e mani e palazzi, di fare di una singola linea uno sfondo, di dimenticarsi delle regole tecniche ma non di quelle emotive, e di distorcere all’infinito un pavimento o un letto in modo da ricavarne quanto più pathos, amore e dolore possibili.
Una buona prova, da parte di un’autrice che sembra aver già capito quale sia la sua strada.
Abbiamo parlato di:
Lara
Ida Cordaro
Canicola, 2019
16 pagine, spillato, b/n – € 6,00
ISBN: 9788899524432