L’alba mutante di Hickman: X-Men #1

L’alba mutante di Hickman: X-Men #1

Dopo la conclusione di “House of X” e “Powers of Ten”, che hanno rivoluzionato alla radice l’universo e la continuity dei mutante della Marvel, inizia l’alba di una nuova era. In questo nuovo appuntamento con "First Issue Presenta" analizziamo X-Men #1.

Nelle due miniserie House of X e Powers of X (da qui in avanti HoX/PoX), Jonathan Hickman ha condotto un’immensa e poderosa operazione di world building dell’universo mutante: poco più di due mesi di pubblicazioni hanno di fatto smontato, rivoluzionato e ricostruito gli oltre cinquantacinque anni di storie e continuity degli X-Men. Terminato l’affresco generale, ecco giunto il momento di Dawn of X, l’alba di una nuova era di serie mutanti.
L’esordio non poteva che spettare allo stesso Hickman che assume il timone della testata ammiraglia, X-Men, facendola ripartire da uno.

Affiancato alla parte grafica da Leinil Francis Yu, lo sceneggiatore si trova qui a dovere fare convivere due istanze narrative entrambe fondamentali ma non facili da far combaciare.
Da un lato, cominciare lo sviluppo della grande premessa raccontata nelle miniserie di rilancio. In HoX/PoX Hickman ha costruito, quinta dopo quinta, un enorme palcoscenico narrativo – che si è andato sviluppando nel tempo e nello spazio nel corso dei dodici numeri – su cui da ora in avanti lui e gli altri sceneggiatori delle nuove serie mutanti dovranno fare recitare i propri personaggi.
Dall’altro, essendo X-Men #1  un albo di esordio, lo sceneggiatore ha comunque l’obbligo di renderlo un entry point alla portata della maggior parte dei lettori, anche di coloro che (forse colpevolmente) arrivano a questa storia senza avere letto le miniserie che la precedono. C’è da rispettare il requisito di “accessibilità” per far sì che il progetto resti confinato a una nicchia e, per tale motivo, lo scrittore ha la necessità narrativa di riepilogare, anche se a grandi linee, quanto accaduto prima e perché i personaggi si trovino nella situazione in cui appaiono all’inizio della storia.

Diciamo subito che, seppur nel complesso l’albo possa considerarsi riuscito, le parti che funzionano meglio sono quelle in cui Hickman continua a portare avanti un paio dei numerosi fili di trama che ha iniziato a intessere su Hox/Pox. Senza scendere nel dettaglio, gli sviluppi che vedono protagonisti i componenti di Orchis – la nuova organizzazione segreta extra governativa che ha l’obiettivo di fermare l’ascesa mutante a scapito degli umani – e la misteriosa figura post umana, che compare in due pagine, confermano la capacità e la volontà dello sceneggiatore di continuare nella sua opera di costruzione di un grande affresco narrativo. Un quadro che, come avvenuto nelle miniserie antecedenti, si sleghi dal concetto particolare di X-Men come supergruppo e vada ad abbracciare l’intera popolazione mutante intesa come specie e come nazione.

Del resto però, adesso ci troviamo su un albo dedicato agli X-Men e dunque Hickman in qualche modo deve pur iniziare a raccontare le vicende del gruppo di eroi che da ora in avanti dovrà proteggere e vegliare sullo stato mutante.
Per far questo lo scrittore ha deciso di dare ai singoli episodi della serie un taglio autoconclusivo, ripercorrendo un sentiero narrativo già battuto all’inizio della sua gestione dei Fantastici Quattro. Inoltre, l’obiettivo è quello di focalizzarsi ogni volta su un gruppo di personaggi ristretto, che in questo numero di debutto è la famiglia (allargata) dei Summers.

Si passa dunque dal “grand’angolo” usato in HoX/Pox, necessario a inquadrare un’estensione spaziale e temporale enorme, a una sorta di obiettivo “macro” che riesca a mettere a fuoco i singoli personaggi. Ed è in qualche modo qui che emergono i limiti dell’Hickman sceneggiatore, evidenti nei dialoghi fra coppie di protagonisti che si alternano in scene prolisse, aggiornando il lettore con una sorta di lungo spiegone frazionato. Un approccio didascalico per avere lo spazio di fare un riepilogo “delle puntate precedenti” e seminare indizi sugli sviluppi della trama orizzontale. La riesumazione, in un certo senso, della tradizione teatrale del fumetto supereroico old style e anche dell’approccio soap-operistico – ma ormai d’antan – di Chris Claremont.

Il tratto essenziale dell’Hickman narratore è la sua straordinaria capacità di esplorare e ragionare sulle dinamiche del potere. Per far ciò, egli si focalizza su ruoli e funzioni, spesso lasciando ai margini l’approfondimento dei caratteri, almeno nella maggior parte dei suoi lavori a fumetti per la Marvel Comics (le sue opere creator owned meriterebbero un ampio discorso a parte). Ribadiamo: quella dello sceneggiatore non è mancanza di capacità bensì una scelta precisa dettata dal fatto che l’approfondimento psicologico non è il focus della sua narrazione.
Prova ne sia che su HoX/PoX (ma, per dire, anche sui Fantastici Quattro in passato) mette in scene alcuni momenti ricchi di intensità dal punto di vista emotivo giocati sullo scambio dialogico tra due personaggi. Ma tali momenti intensi di solito arrivano in frangenti tragici o particolarmente importanti per una svolta narrativa: sono una sorta di funzione che serve a innescare ingranaggi di un meccanismo che mira ad altro.
Siamo insomma diametralmente all’opposto della cifra di Tom King – esponente più illustre della corrente del Nuovo Umanesimo Supereroistico – che mette al centro l’eroe come singolo essere umano e le sue caratteristiche psicologiche. Se King racconta l’uomo e la sua anima, Hickman racconta l’umanità e le sue dinamiche, e per far ciò sacrifica l’empatia dei personaggi che scrive sull’altare della logica: da qui, le critiche che spesso hanno tacciato le sue opere di freddezza.

Anche in X-Men #1 ci sono un paio di sequenze di interazione tra personaggi molto riuscite. Su tutte le due pagine che aprono l’albo che delineano perfettamente il rapporto che è sempre intercorso tra Xavier e i suoi “ragazzi” e, poi, uno scambio di battute tra Ciclope e Ororo, un dialogo breve ma che rende perfettamente la nuova dimensione degli X-Men alla luce di quanto accaduto nelle miniserie.
La cifra stilista di Hickman si rintraccia nel lavoro notevole che è capace di compiere da un punto di vista del quadro generale e della struttura. È qui che risiede il suo punto di forza che però, in determinate contingenze narrative ed editoriali, non riesce a esprimere pienamente. Nel caso di X-Men #1 quelle qualità restano in filigrana: se si estrapolano tutte le sequenze dedicate a Orchis – come scritto sopra – troviamo la sua complessità costruttiva ad ampio spettro, che però è circondata da troppa ridondanza verbale. E, allora, alla densità stupefacente della sua narrazione si mescola una prolissità controproducente.

Dal canto suo, Yu asseconda la sceneggiatura suddividendola in una serie di tavole dalla struttura ordinata e geometrica di una griglia che posiziona in modo chiaro e preciso ogni vignetta, per una lettura precisa e lineare.
Il disegnatore ricorre abbondantemente a primi e primissimi piani, per avvicinare il lettore ai personaggi, in special modo nelle sequenze di dialogo. Tuttavia, come accade spesso con Yu, i lineamenti dei visi non riescono a trasmettere in modo esaustivo i sentimenti e le sensazioni provate dai personaggi: il disegno è impeccabile, corretto, ma freddo.
Le chine di Gerry Alanguilan asciugano e puliscono il segno estremamente ricco di tratti del disegnatore e questo sicuramente giova alla colorazione di Sunny Gho , mai invadente e capace di spaziare su un’ampia tavolozza cromatica per rappresentare i numerosi ambienti nei quali si sviluppa la storia.

Hickman è dunque, in questo primo numero, come quei bravissimi architetti capaci di spiegarti per filo e per segno la planimetria di un edificio da loro ideato e di cui è appena terminata la costruzione, di farti ammirare nel minimo dettaglio gli elementi architettonici alla base del progetto. Quegli architetti che però non riescono a smettere di amare la loro realizzazione così com’era al momento del concepimento: pura architettura, ordinata, libera, senza segno di presenza umana. Ecco che allora, quando entri in un edificio del genere, ti accorgi che le stanze sono però troppo vuote, poco riscaldate e che forse ci vuole qualche elemento in più per farti sentire a tuo agio: un elemento umano, un segno, un elemento di arredo, anche una sola sedia fuori posto.
L’augurio è che dal prossimo numero, la splendida opera di architettura narrativa di Hickman cominci piano piano a essere arredata e diventi mano a mano più accogliente. Che da mausoleo si trasformi in House (of X).

Abbiamo parlato di:
X-Men #1
Jonathan Hickman, Leinil Francis Yu, Gerry Alanguilan, Sunny Gho
Marvel Comics, ottobre 2019
40 pagine, a colori – € 4,49 (digital edition)

Wednesday Warriors

Nella puntata #45 di Wednesday Warriors su Dimensione Fumetto, tanto Andrea Gagliardi che Fabrizio Nocerino, alla luce della conclusione delle due miniserie, hanno fatto una analisi molto approfondita di House of X e Powers of Ten che hanno rilanciato l’universo mutante.

Powers of X #6

House Of X esplora l’evoluzione naturale dei mutanti e cosa essa implica a livello politico, militare, sociale, linguistico e culturale – affiancata, ovviamente, alla struttura tradizionale del “fumetto degli X-Men”; Powers Of X è la sua potenza, la declinazione della particella originale: avanti e indietro nel tempo, osservandone gli effetti macroscopici, le ritorsioni microscopiche e viceversa. House Of X è l’uomo steso sul prato, mentre Powers Of X è l’occhio dell’inquadratura e la voce del narratore, aggiungendo e sottraendo un semplice 0, osservandone gli effetti.

Hickman, Larraz e Silva proiettano prepotentemente Xavier e soci nella contemporaneità, dando loro un nuovo scopo: una metafora delle sfide poste all’umanità attuale. Dall’emergenza ambientale al collasso dei modelli politici e sociali che sembravano consolidati, la riflessione si sposta sulla complessità del mondo, sulla radicalizzazione del conflitto sociale che vede lo scontro rimpiazzare il confronto rendendo così, apparentemente, obsoleto sia il sogno idealistico di convivenza proposto da Xavier che quello di Magneto, Apocalisse e tutti gli altri leader mutanti.
LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA QUI

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