House of X #1: una nuova alba mutante

House of X #1: una nuova alba mutante

È iniziata la nuova era mutante, quella firmata da Jonathan Hickman. Con “House of X #1” prende il via il rilancio in grande stile degli X-Men con una storia che assume da subito toni ambiziosi, potenti, iconici e politici: ne parliamo in questo First Issue Presenta #22.

Diciamolo subito: o si ama o si odia, di certo non lascia indifferenti. Come non può lasciare indifferenti questo esordio della gestione (si dice pluriennale) dello scrittore sui mutanti di casa Marvel Comics. E appena si inizia a sfogliare House of X #1, ci si ritrova immersi in quel mondo fatto di frasi criptiche, soluzioni di design semplici e minimali, infografiche interconnesse e world building ambizioso e sconfinato tanto caro allo scrittore del North Carolina e assolutamente familiare ai lettori delle sue opere, a iniziare da The Nightly News (). Lo abbiamo poi visto in Secret Warriors, in S.H.I.E.L.D., in Fantastic Four, in Avengers e nei suoi numerosi altri progetti creator owned. Insomma, si inizia a sfogliare l'albo e subito viene da pensare: “Ah, il solito, vecchio, ermetico, ambizioso Hickman”. Il tono può essere di meraviglia, di eccitazione, di noia, di rabbia, ma è difficile rimanere senza una opinione.

House of X #1 si apre con un messaggio di Charles Xavier al mondo: annuncia un grande cambiamento, per mutanti e umani. Le due pagine di prologo, mute, lo mostrano poi in un giardino lussureggiante e quasi alieno (“eccoti Jonathan, di nuovo la tua passione per i giardini, i biomi e l'evoluzione tecnorganica”), portato in vita dalle matite dense, fluide, sensuali e dettagliate di . Il mentore degli X-Men, il dal casco Cerebro (“sì, Jonathan, ecco la tua passione per i personaggi con i caschi”) si avvicina a delle capsule vegetali pulsanti di vita, da cui escono strisciando dei mutanti che gli si avvicinano. In mezzo a loro, ergendosi come figura messianica snella, leggera, quasi eterea, le labbra del professor X pronunciano in un sussurro una frase storica e famosa: “A me, miei X-Men”.

Bastano due pagine a farci capire che, finalmente, gli X-Men sono tornati con un progetto ambizioso e dai vasti orizzonti. Basta una frase per far esplodere la scintilla che scatena il fuoco degli eventi dell'albo.
Velocemente, Hickman e Larraz ci mettono al corrente di quello che sta succedendo: Charles Xavier ha fondato una nazione per mutanti sull'isola (mutante: è, a tutti gli effetti, un essere vivente) di Krakoa e ha sfruttato i doni dell'isola stessa per creare una florida risorsa economica. I fiori di Krakoa, infatti, possiedono proprietà inimmaginabili: alcuni creano passaggi spazio-dimensionali, altri habitat lussureggianti. Altri ancora, se sintetizzati in farmaci, possono allungare la vita di un essere umano di cinque anni, curare malattie psichiche e produrre un antibiotico universale multiadattativo.


In cambio di questi ultimi tre doni all'umanità, Xavier chiede per il popolo mutante l'indipendenza e la libertà e il riconoscimento come nazione. Ma questa non è una semplice richiesta, come dice il neo ambasciatore Magneto ai suoi interlocutori convocati per esporre l'offerta del Prof X: i mutanti sono comunque destinati ad ereditare la terra, questo è un fatto supportato da studi scientifici. Eppure, gli Homo Sapiens Superior sono disposti a lasciare ai comuni umani la maggior parte del globo, in cambio di totale indipendenza e del dominio sull'isola di Krakoa. Una concessione magnanima, da coloro che sono i nuovi “Dei della Terra”. Ovviamente, non tutti sono d'accordo. Tra questi, la misteriosa organizzazione Orchis, entità deputata al monitoraggio (e forse anche al contrasto) dell'ascesa mutante e che raccoglie in sé ex membri di S.H.I.E.L.D, Hydra, AIM, S.T.R.I.K.E, S.W.O.R.D., Alpha Flight e di altre organizzazioni segrete o governative dell'universo Marvel.

Ma House of X #1 contiene anche molto di più. Ognuna delle oltre quaranta pagine dell'albo, schede informative e infografiche comprese, contiene spunti, idee, sguardi sul futuro, recuperi dal passato che non possono che fare la gioia sia degli X-appassionati che degli amanti della fantascienza, di chi cerca l'epopea epica e chi cerca un complesso intreccio politico.
La visione di Jonathan Hickman è ambiziosa e ampia come non mai, come da anni non si vedeva in ambito fumettistico supereroico e – volendoci limitare all'universo mutante – siamo in presenza di un world (re)building paragonabile a quello messo in atto da Grant Morrison all'inizio del nuovo millennio.
Lo scrittore ha dichiarato che questo è il primo progetto in cui si sente completamente in controllo, completamente sicuro di sé. Difficile crederlo per qualcuno che ha organizzato in maniera certosina anni di storie dell'universo Marvel passando attraverso più serie – Secret Warriors, e Avengers – per far poi convergere tutto sul deflagrante . Però proprio questa esperienza precedente può aver fatto maturare l'autore e già in questo primo numero si vede un equilibrio nuovo tra le varie anime della sua scrittura: il world building grandioso visto in East of West si lega al tema politico di Ultimates, e Nightly News; l'eccitazione dell'avventura futuristica e familiare dei Fantastici Quattro si salda con una trama criptica ad ampia gittata di Avengers e i misteri ad alta tensione di Secret Warriors.
Ci troviamo di fronte a una moltitudine di stimoli, di recuperi dal passato (basta leggere alcune delle schede dell'albo per capire quanto House of X sia radicato nel lavoro pregresso di Hickman) e di promesse per il futuro, una reinterpretazione radicale dei personaggi e del concept stesso degli X-Men.

Ogni vignetta di questo albo di debutto trasuda di passione per i mutanti e per la loro storia e la dichiarazione programmatica dell'autore, che annuncia che ogni numero porterà a una nuova interpretazione dei fatti raccontati nel precedente spinge il lettore a soppesare ogni dettaglio e a mantenere aperta la lettura degli eventi.
In ogni caso, si vede già la lezione del del periodo d'oro (i suoi quindici anni ininterrotti di gestione mutante da metà anni '70 fino ai primi '90), la sua inventiva per nuove situazioni ed avventure, la passione per le trame interconnesse e a lunga gittata. Ma anche del Claremont “di ritorno”, con la sua prospettiva “globalmente minacciosa”. Così come è presente la carica iconica e al tempo stesso iconoclasta che Morrison portò negli X-Men, quella necessità di stravolgere dalle fondamenta il concetto mutante per infondergli nuova linfa: una necessaria evoluzione per storie che di evoluzione parlano.
La stessa Marvel ha sottolineato più volte che la gestione di Hickman promette di essere la più radicale dai tempi dello scrittore scozzese. Fatta la debita e dovuta tara a questo tipo di comunicati e lanci pubblicitari, sembra proprio che in questo caso la Casa delle Idee non abbia esagerato nemmeno di una virgola.
Ambizione, globalità, visione d'insieme, necessità e voglia di narrare cose nuove senza alcun freno: ecco cosa accomuna Hickman e Morrison. E il punto di contatto dei due scrittori, seppur con prospettive diverse, si trova nella figura di Magneto.

Il signore del magnetismo, pur con una interpretazione estrema e mal digerita da molti fan, ha rappresentato uno dei personaggi più controversi e importanti della gestione Morrison. Sembrerebbe che anche in quella attuale, Erik Lehnsherr si appresti a essere uno dei personaggi focali: a lui spetta il compito di guidare gli ambasciatori nel tour dell'habitat mutante di Gerusalemme, a lui spetta il compito di agire come delfino di Xavier e portarne al mondo il suo messaggio, con una durezza, una maestosità e una ambiguità inquietante che non vedevamo da tempo.
Maestosità messa in scena da Pepe Larraz nella prima apparizione del personaggio: nel suo nuovo costume bianco, il signore del magnetismo svetta con potenza al di sopra di tutti, contornato da una vegetazione rigogliosa. Ogni tratto ne denota l'autorevolezza e la forza, ergendolo a figura che incute timore e reverenza.
Una combinazione atipica e preoccupante, quella tra Xavier e Magneto, soprattutto in questi termini: il sogno di Xavier adesso sembra realizzarsi attraverso i mezzi di Magneto, colui a cui Claremont fece proclamare l'asteroride M prima patria autonoma mutante in X-Men #1-3, l'epilogo della gestione dello sceneggiatore inglese nel 1991; colui che fu primo sovrano di un'isola mutante, quella Genosha distrutta da Morrison all'inizio della sua run.
Un Magneto che parla da sovrano più che da ambasciatore, da divinità, le cui parole sono lame taglienti nel cielo sopra Gerusalemme (elemento, questo, che risuona forte per tutto l'albo, unendo insieme Storia umana e cronaca politica reali con storia mutante fittizia, affrontando l'ambiguità e la preoccupazione alla base della nascita di una nuova nazione e una nuova cultura).
E in tutto questo Xavier al momento resta defilato, ma le sue poche parole e le poche pagine a lui dedicate nella storia, a fine albo assumono un'ambiguità, una potenza e un senso d'inquietudine pari a quello delle parole di Magneto.

La versione digitale Director's Cut, oltre alla storia principale, fa luce sul processo creativo messo in atto da Hickman e da Pepe Larraz, grazie alla presenza della sceneggiatura e dei disegni originali in bianco e nero. Il tratto dello spagnolo, sinuoso ma possente, denso ma elegante, porta in vita un mondo grandioso e rigoglioso, attraverso i variegati habitat mutanti, e lo popola di momenti iconici e di grande impatto: non solo il leggiadro e delicato Xavier Messia o il possente e carismatico Magneto, ma anche la dolcezza e la commozione di Jean Grey, l'intenso scambio di sguardi tra Ciclope e Reed Richards, il temibile Master/Mother Mold orbitante e l'alternanza di habitat visitata dagli ambasciatori umani.
L'artista spagnolo costruisce la tavola con vignette squadrate, che spesso si intersecano tra loro per dare un ritmo solenne e preciso, che sottolinea ogni passaggio della storia con grande capacità narrativa. L'attenzione per i dettagli da parte del disegnatore, bravo a gestire le inquadrature e i punti di vista, esalta e integra la meticolosa visione di Hickman. Il gioco di chiaroscuri delle chine viene rafforzato e completato dalla tavolozza squillante e multiforme di Marte Garcia, il quale conferisce vitalità e volume a personaggi e ambienti creando giochi di luce: squarci di chiarore accecante, penombre delicate, ombre possenti che raccontano tanto quanto le parole e i disegni.

Con House of X non inizia una nuova serie degli X-Men, inizia una nuova era la cui gestione si preannuncia visionaria e temeraria, inserita nella mitologia di questi amatissimi personaggi – ormai pronti anche per un rilancio cinematografico dopo l'acquisizione della Fox da parte della Disney – che per decenni sono stati la punta di diamante della Casa delle Idee e troppi anni hanno vissuto in un purgatorio narrativo sconfortante.
Ma questo è anche un nuovo passo nella personale mitologia di un autore rigoroso, maniacale, che non accetta compromessi per le sue idee e che al contrario ha il carisma adatto per portare novità e nuova linfa nell'universo mutante, legandolo a doppio filo all'intero universo della Casa Idee.
Hickman è tornato, ma a giudicare da questo esordio, non se n'è mai andato: ha preso solo un po' di fiato, per poi continuare a raccontare la propria personale storia degli eroi di casa Marvel.
C'è una nuova parola nel lessico umano: Krakoa.

E nel futuro, quando la pronuncerete, assicuratevi di farlo in maniera delicata e con adeguata deferenza. Perché noi saremo lì ad ascoltare.”

Abbiamo parlato di:
House of X #1 (di 6)
Jonathan Hickman, Pepe Larraz,
Marvel Comics, luglio 2019
178 pagine, a colori – $ 5,49 (digital edition)

Wednesday Warriors

Nella puntata #39 di Wednesday Warriors su Dimensione Fumetto, Andrea Gagliardi recensisce Batman #75, l'inizio della run finale di Tom King sulla testata.

Batman #75

Tom King e costruiscono di fronte a noi questa nuova Gotham City,la città di Bane, utilizzando un meccanismo interessante: si ricalcano le più canoniche strutture delle storie di Batman – c'è un delitto, i poliziotti avvisano il Commissario che accende il Bat-Segnale, etc – ma se ne sovvertono dinamiche e interpreti, introducendo così i lettori in questa distopia chiamata City of Bane.
King cuce la sceneggiatura intorno alle caratteristiche e alle necessità di Tony Daniel, il disegnatore si trova particolarmente a suo agio su tavole di forte impatto, con poche vignette e molto spazio a disposizione per ognuna di queste (non secondario il fatto che Daniel lavori in analogico e King tenga in considerazione la sua necessità di vendere gli originali ai collezionisti) e riesce anche ad essere particolarmente convincente nella resa di alcuni volti, quello del Joker su tutti.
LEGGI LA RECENSIONE COMPLETA QUI

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