Che cosa rende davvero efficace la biografia di un artista? La fedeltà con cui la sua vita è restituita al lettore? Lo scrupolo, la minuziosità, la profondità dello sguardo sull’epoca storica d’appartenenza? O ancora la serietà nell’analisi delle opere giunte fino a noi?
Certamente deve esserselo chiesto Thierry Thomas, che con La vita è un segno – Storia di Hugo Pratt e delle sue avventure, si è aggiudicato l’edizione 2020 del Premio Goncourt per la categoria Biografie.
L’originale lavoro del documentarista francese, edito da Rizzoli Lizard e giunto a noi nella traduzione di Boris Battaglia, attinge a piene mani dal personale rapporto d’amicizia intrattenuto con il fumettista di Malamocco. Su un punto però è urgente essere chiari: sarebbe superficiale liquidare l’opera di Thomas come un elenco intimista di istanti di vita condivisi con Pratt. Parliamo di un libro ben più ambizioso: la pretesa è piuttosto quella di ricostruire una vita d’artista (ad onor del vero appellativo, quello di artista, dal quale Pratt ha sempre preso le distanze) a partire dal segno grafico, studiando il modo in cui si è evoluto, le esperienze che lo hanno modulato e l’inconfondibile capacità di imprimersi nella memoria di ogni lettore.
La vita è un segno è suddiviso in sei capitoli e un’appendice. Un viaggio che parte dal primo incontro con Pratt. Non tutti probabilmente sanno che Thomas, oggi noto come regista e sceneggiatore, ha sognato a lungo di diventare un fumettista. Così nel lontano Marzo 1972, lo troviamo appena quindicenne, a sottoporre le sue tavole al maestro. Lui le osserva, e da subito non manca di rivelare il ben noto temperamento: “dei disegni non mi disse niente, se non che, alla condizione di lavorare sodo, sarei arrivato a correggere i miei difetti, ma mi raccomandò di imparare a raccontare.”
Forse la chiave di lettura di questa – come altrove è stata definita – biografia romantica è tutta in questa raccomandazione: la vera ossessione di Hugo Pratt era quella di raccontare, e farlo con assoluta onestà. Mantenendo a mente questo caposaldo della visione prattiana della narrazione per immagini, sarà più agevole penetrare il mistero di una vita evoluta con il segno.
La tessitura del racconto di Thomas è estremamente complessa. L’autore ripercorre le tavole e le vignette di Pratt che hanno segnato la sua vita di lettore, ne ricolloca con cura riferimenti e ispirazioni, non rinuncia infine a un buon livello di dettaglio nell’analisi tecnica. Davvero da segnalare il commento alla celebre tavola de La Grande Onda, tratta da Una Ballata del Mare Salato, in cui tutti questi aspetti sono perfettamente misurati.
I ricordi si snodano lungo le opere più importanti – con un’ovvia preferenza per Corto Maltese – e quasi con il ritmo sommesso dello sfogliare un album d’infanzia, si muovono tra le storie di Pratt e i suoi straordinari personaggi: da Cain a Bocca Dorata dal Sergente Kirk al Capitano Koinsky, ognuno segretamente custode dei tratti di una personalità poliedrica e indomita.
Emblematico il passaggio in cui Thomas ricorda il controverso rapporto di Hugo Pratt con i movimenti e le controculture del ‘68. Una fase storica in cui il realismo e la narrazione d’avventura rischiavano di essere relegati a un genere dal gusto reazionario, ma nella quale l’autore italiano ha continuato con perseveranza a proporre le sue storie di mari, deserti e indiani: Si è tenuto in disparte dai sogni degli anni Sessanta – racconta Thomas – La messa in discussione dei tabù non è nel novero delle sue battaglie. Libero, lui lo è sempre stato.
Il racconto di La vita è un segno però, si mantiene accuratamente distante dal restituire un ritratto sdolcinato o bidimensionale di un autore come Pratt. Al contrario non rinuncia ad evidenziare gli aspetti notoriamente preponderanti della sua personalità: il suo rapporto con gli amici, il suo carattere ludico e provocatorio, perfino i tratti più contraddittori e malmostosi del suo carattere. L’autore però non ha alcuna intenzione di perdersi in chiacchiere sull’ennesima biografia di un bohémienne. Uno tra i pregi dell’opera è infatti quello di non soffermarsi eccessivamente su aspetti triti e ritriti (per quanto importanti) della vicenda umana di Hugo Pratt. Piacevole rilevare, ad esempio, come Thierry Thomas abbia dedicato poche righe all’arcinoto episodio in cui il padre del giovane Ugo Prat regala al figlio una copia de L’Isola del Tesoro di Stevenson, e abbia speso un intero capitolo nella coraggiosa comparazione con lo stile artistico di un altro illustre lettore di fumetti: Federico Fellini.
Entrambi nati a Rimini, entrambi a loro modo enigmatici e sfuggenti, entrambi immensi cantori della dimensione onirica e occulta dell’umano. Thomas ricompone le due figure come isole irrinunciabili del proprio immaginario: Quando ero adolescente – racconta – Hugo Pratt e Federico Fellini, per me, appartenevano alla stessa galassia. Il cinema e il fumetto stavano vivendo un’età dell’oro al di là delle Alpi, o più esattamente, visto che abitavo nell’estremo sud della Francia, al di là di Ventimiglia.
La Vita è un Segno non evidenzia grande interesse per la cronistoria, ha il solo obbiettivo di raccontarci un fumettista attraverso le immagini che lo rappresentano con maggior nitore: le sue tavole. Thomas dissemina questo racconto di spunti, approfondimenti, suggestioni, quasi a voler mettere nelle pagine della sua storia la stessa ossessione di Pratt, che sosteneva “Ciò che voglio realizzare con le mie storie, sono degli stimoli che spingano ad una maggiore curiosità”.
Quello di Thierry Thomas è anche, da artista che lavora con le immagini, un affettuoso omaggio al fumetto, al disegno, e – per ripeterlo con le parole di Fellini che, apprendiamo, Pratt amava di più – a quell’ineffabile e segreto potere di suggestione che deriva dalla fissità, dall’immobilità. Tuttavia il ritratto che ci viene restituito non tace mai di ciò che ha reso Pratt il maestro che conosciamo: un disegno speso sempre al servizio delle belle storie. Un disegno che non doveva fermare per troppo tempo lo sguardo, anzi, più di un disegno. Un segno. La differenza? L’autore tenta una risposta: “L’intelligenza, credo. Il disegno può farne a meno. Il segno è ciò che il disegno diventa quando ci si mescola il pensiero.”
Il minuzioso lavoro di Thierry Thomas termina con un’appendice, nella quale presenta attraverso brevissimi saggi tutti i grandi maestri del Fumetto nominati tra le pagine: Winsor McCay, Milton Caniff e altri ancora. Utili suggestioni per chi vuole intraprendere l’intrigante viaggio verso le origini del segno oggetto di questo racconto.
Se siete interessati alla passione di Pratt per il divertimento, l’esoterismo, le belle ragazze, passate oltre. Questa storia non fa gran luce sulla sua vita personale, non è nei suoi obbiettivi. La Vita è un segno è un racconto fatto per chi ama i fumetti e le belle storie. Se sono le belle storie a interessarvi, vi sentirete a casa.
Abbiamo parlato di:
La vita è un segno. Storia di Hugo Pratt e delle sue avventure
Thierry Thomas
Traduzione di Boris Battaglia
Rizzoli Lizard, collana: Hugo Pratt, 2020
192 pagine, brossurato – 17,00 €
ISBN: 9788817154222
Paolo
5 Gennaio 2021 a 16:37
Allora bisognerà ammettere che il sottotitolo del libro “Storia di Hugo Pratt e delle sue avventure” è completamente sbagliato per non dire appositamente fuorviante, ne c’est pas?
Christian Cabizza
7 Gennaio 2021 a 09:05
Buongiorno Paolo,
personalmente non direi. Diciamo che le curiosità sulla sua vicenda personale sono già state raccontate in lungo e in largo altrove. Il lavoro di Thomas – almeno secondo la mia lettura – fa invece luce sul travaglio interiore(a suo modo avventuroso, sì) che ha portato alla definizione di uno stile unico. Ti consiglio di leggerlo, è davvero un testo che propone riflessioni inedite e originali su Hugo Pratt.