Abbiamo incontrato Robb Pratt durante il Ca’ Foscari Short Film Festival 2023, in cui era membro della giuria. L’animatore era già stato ospite della manifestazione dell’ateneo veneziano nella sua ottava edizione, dove aveva condotto una masterclass.
Sei un animatore ormai storico della Disney. Mi puoi raccontare come sei entrato nella storica casa e che percorso hai fatto al suo interno?
È divertente come nella vita ci possano essere fortuna e sfortuna. La sfortuna è che sono nato molto povero, figlio di una madre single, la fortuna è che sono stato cresciuto vicino ai Disney Studios, che hanno rappresentato un sogno, un grande obbiettivo a cui mirare, per cercare di arrivare lì. Sono stato fortunato più meno nel periodo in cui ho finito le superiori e stavo cercando un lavoro. In quel periodo la Disney stava avendo alcuni grandi successi, con La bella e la bestia e poi con Alladin e Il re leone, quindi volevano aumentare la produzione e iniziare a fare due film alla volta. Quando stavano cercando artisti per Pocahontas sono riuscito a farmi prendere in prova. Avevo seguito un corso. A Los Angeles i cartoonist hanno i sindacati e alla sede centrale del sindacato davano queste lezioni. Mi è servito per avere le conoscenze di base per un lavoro nell’animazione a livello principale. Ho passato il test per Pocahontas e ci sono rimasto da allora, per quasi 30 anni.
In cosa consisteva quel test?
Trattandosi di animazione disegnata a mano, ti veniva assegnato un personaggio singolo in modo che tu potessi diventare bravo a fare proprio quel personaggio. Ero molto felice perché venni assegnato proprio al personaggio di Pocahontas.
In quello stesso anno uscì Toy Story che mostrò le potenzialità della tecnologia CGI sviluppata in 3D. Rispetto a quella rivoluzione come ti poni?
La amo, penso che ci siano molti vantaggi, può avere un bellissimo aspetto e puoi avere un maggior controllo sul tuo film, puoi sistemare la camera per tutta la durata della produzione, fino alla fine. Il controllo è stupendo, il movimento può essere sempre fluido, i personaggi saranno sempre aderenti al modello. Quando lavoravi a un personaggio in team – per esempio sul personaggio di Pocahontas lavoravamo in 20 – c’erano sempre delle piccole variazioni da una inquadratura all’altra. In CGI è sempre tutto coerente. Ci sono dunque cose che amo di questo tipo di animazione, ma amo ancora disegnare a mano. Crescendo non credi più nella magia, ma per me vedere un disegno che è vivo e in movimento, mi fa sentire qualcosa, è come un trucco di magia per me e lo amo. Mi piace lavorare in 2D, ce n’è così poca nella mia vita professionale attuale, quindi mi piace mantenere in vita questa versione 2D del mio lavoro. Amo la CGI su un piano diverso, quando lavoro con un grande team. Adesso sto lavorando a un cartone per bambini in età prescolare che si chiama Firebuds. E ho un team di animatori che mi possono mandare le loro animazioni su un quicktime movie e io posso fare uno screenshot, passarlo in photoshop e facilmente fare ritocchi alle loro animazioni. Questa comunicazione, sapendo che puoi continuare a fare ritocchi, mi piace molto. Forse, quando ci sono tanti film, come fai a scegliere il tuo preferito? Ci sono così tanti capolavori. Eppure uno dei miei film preferiti è Gli Incredibili – Una “normale” famiglia di supereroi, lo adoro ed è un film in CGI.
Preferisci dirigere un film d’animazione o farne gli storyboard?
Fare gli storyboard è davvero un lavoro magnifico, perché in un certo senso anche se non sei il regista, sei il regista della tua sequenza, perché scegli le inquadrature e il loro susseguirsi. Ho imparato che non è una immagine che racconta una storia, ma una sequenza di immagini per cui devi conoscere il linguaggio cinematografico, come si muove la camera a cosa motiva il montaggio. Quello che invece è affascinante dell’essere un regista riguarda la paura di guardare una pagina vuota o uno schermo vuoto. Quando sei un regista, hai qualcosa su cui riflettere, che puoi guardare e vedere in cosa lo può migliorare.
Hai diretto la serie Wabbit: A Looney Tunes Production. Com’è stato confrontarti con quei personaggi classici?
Bugs Bunny, un classico Warner Bros., è il mio eroe. Di solito, in una storia, il nostro personaggio preferito è quello più intelligente, e in ogni storia di Bugs Bunny lui è il personaggio più intelligente. A me piace tantissimo anche Superman. C’è un parallelismo con Bugs Bunny. Se sei come Clark Kent e vieni maltrattato e bullizzato, hai la fantasia di essere Superman sotto i tuoi vestiti. Bugs Bunny è pazzesco perché è un coniglietto, è più piccolo di tutti gli altri. E tutti lo bullizzano perché è un piccoletto, ma lui è così intelligente che può ribaltare le situazioni e noi vorremmo essere come lui. Adoravo lui, il Popeye dei Fleischer, i Tom & Jerry della golden age. Quelli erano i cartoons che mi hanno fatto desiderare di diventare un animatore. Ma se deve esserci un numero uno deve per forza essere Bugs Bunny. La mia carriera è stata per lo più nella Disney, ma, tra una produzione e l’altra, sono passato alla Warner Bros. e sono riuscito a lavorare a Looney Tunes: Back in Action. Ho animato Bugs Bunny che diceva «What’s up doc?» Che onore! E poi al dipartimento della WB per la TV mi hanno dato la regia della serie Wabbit che citi. Per un anno ho fatto un po’ di fatica a sviluppare questa serie perché in TV devi muoverti molto velocemente. Volevano fare uno script scritto preliminare, da disegnare quando pronto. Lo show stava facendo fatica e il produttore ci disse: «Stiamo facendo fatica perché è Bugs Bunny! Lasciamo perdere lo script, mettiamoci in una stanza e discutiamo delle premesse. Lo chiamiamo Rabbits of the Lost Ark». Raccoglievamo le idee e creavamo sul momento gag e disegni. C’era lo story editor che prendeva tutti i disegni e li appendeva su un muro cercando poi di organizzarli e metterci i dialoghi. È stato il periodo più divertente che ho mai avuto nell’animazione, è stato fantastico! Se mi sento triste, e questo mondo è capace di prenderti a calci nel sedere e farti sentire triste, ci sono alcuni di questi corti che posso riguardare e tornare allegro, uno di questi si intitola 8 Ball Bunny. Bugs Bunny ha un piccolo pinguino che si è perso e deve riportarlo in Antartide, e mi fa sempre ridere.
E invece hai mai avuto qualche influenza da Tex Avery?
Amo Tex Avery! È stato capace di esplorare l’espressività del medium. Un personaggio non è mai triste in un cartoon di Tex Avery, è davvero triste [lo dice urlando con voce buffa, N.d.R.] o, se è arrabbiato, è arrabbiatissimo! Ed è questo che l’animazione dovrebbe essere, più esagerata della vita, e troppo divertente. Nella serie che sto facendo, Firebuds, ci sono vetture che parlano. Ormai Cars della Pixar ha monopolizzato quello spazio. Come potevamo fare le nostre macchine diverse da quelle di Cars? Quando guardi Cars il metallo non si piega, si piega solo nelle giunzioni. Per il nostro abbiamo guardato a One Cab’s Family di Tex Avery, dove c’era un taxi che aveva un bambino e c’erano movimenti di schiacciamento e allungamento e allora abbiamo deciso che sarebbe stato quello che avremmo fatto. Per essere diversi da Cars e fare un piccolo tributo a Tex Avery.
A proposito della tua serie Classic, trattandosi di personaggi come Superman o Flash Gordon, che sono sempre stati rinnovati nei fumetti o al cinema, come mai il tuo interesse per la loro concezione originale, quelle di Siegel e Shuster, e di Alex Raymond?
Preferisco il loro stile originale. Potrebbe essere in parte perché sono americano e per noi la Seconda guerra mondiale è stata un momento cardine nella storia per il nostro paese: l’America è diventata una potenza mondiale e quindi molta arte di quel periodo riguarda la forza americana. Superman rappresenta un’America forte, ed è anche l’americano definitivo perché è un immigrato, che vede la società dal suo punto di vista. Come ho detto, sono cresciuto con una madre single e Superman ha rappresentato per me un modello forte di americano. Ci sono momenti nei fumetti e cartoni di Superman in cui Lois Lane può rappresentare una tipologia di americano cinico e realista ma poi c’è Superman che crede nel meglio dell’America. Puoi prendere Superman e lo puoi aggiornare e metterlo in un contesto storico più attuale, ma non credo che sarà mai grandioso come nel periodo della Seconda guerra mondiale. E lo stesso si potrebbe dire per Flash Gordon. Guardando Indiana Jones, stavo pensando a quell’epoca, la fine degli anni Trenta, e Superman uscì nel 1933. Fu quello che cambiò tutte le carte in tavola perché era un nuovo concetto, qualcosa che rivoluzionò i fumetti. Per tutto ciò che veniva prima, bisogna immedesimarsi nel punto di vista degli anni Trenta. Il volo aereo commerciale era qualcosa di totalmente nuovo, quasi nessuno era mai stato su un aereo né conosceva qualcuno che era stato su un aereo. Tutti quei fumetti, Flash Gordon e tutte le avventure che avrebbero ispirato Indiana Jones, erano avventure in posti esotici, in giungle che nessuno aveva mai visto. Può darsi che molte persone oggi si sentirebbero offese da buona parte della cultura di queste storie, ma era lo spirito di queste cose, nessuno conosceva quindi venivano mischiate diverse culture tutte insieme, semplicemente qualsiasi cosa che suonasse diversa. Non avevi internet, non avevi dove scoprire notizie su questi posti e in pochi viaggiavano. Una lezione perfettamente assimilata, per esempio, in Indiana Jones e il tempio maledetto: si svolge in India ma a un certo punto uno dei personaggi tira fuori una bambola vudù, che non ha niente a vedere con l’India. Fa parte della cultura caijun, forse della Louisiana, ma quello era lo spirito di quelle avventure pulp. Mischiavi qualsiasi cosa che sembrasse esotico. Amo quell’epoca per la sua innocenza. Puoi aggiornarlo e rifarlo quanto vuoi, per esempio sta per uscire un nuovo Indiana Jones che sarà ambientato negli anni Sessanta perché Harrison ford è più vecchio. Va bene, ma non sarà mai come le sue avventure negli anni Trenta. Quindi amo quell’epoca.
E perché scegliere il personaggio di Bizzarro, oltre a Superman e Flash Gordon?
Ho realizzato Superman Classic per il mio divertimento e il mio amore per Superman, e ne volevo fare un altro. Ho iniziato a disegnare New Adventures, e ne ho disegnata una con Brainiac, che è un alieno che ha una astronave a forma di cranio e viene sulla terra perché fa collezione delle città più grandi di ogni pianeta. E ora vuole Metropolis. Avevo fatto lo storyboard per questa storia facendo un’astronave che sembrava un po’ in stile Flash Gordon degli anni Trenta. Ma ho anche preso in prestito una avventura di Bizzarro. Bizzarro è l’alter ego di Superman, una sua copia cattiva. Era un personaggio della silver age, un pochino più sciocco, non molto dark come i personaggi della golden age durante la Seconda guerra mondiale. Ho pensato di prendere Bizzarro e e metterlo nella golden age con le sue storie più oscure, per farne un personaggio più spaventoso. Per questo lui alla fine è quasi come uno zombie. Ho fatto lo storyboard di questa avventura. John Newton, che fa la voce di Superboy, preferiva l’episodio con Brainiac. Ma ho pensato che con i miei figli giocavo a un gioco al computer dove registravo [altera la voce, N.d.R.]: «Me am Superman» e lo facevo sentire al contrario. Veniva fuori una cosa del tipo «namrepusmaim». Poi lo ridicevo al contrario e lo registravo e lo facevo sentire per vedere se suonava come l’originale ed era un gioco divertente. Ho pensato che, se avessi messo Bizzarro, avrei voluto che parlasse così. Volevo registrarlo al contrario e poi invertirlo. Amavo così tanto questa idea che, nonostante Jonh Newton preferisse l’episodio di Brainiac, ho insistito per animare quello di Bizzarro. In quell’episodio, ogni volta che si vede Superman, la musica sta andando avanti, ma ogni volta che c’è Bizzarro la musica si sente al contrario. Ho disegnato quel Superman così tante volte che ormai potrei farlo a occhi chiusi. È stato così divertente imparare a disegnarlo, sia nel verso giusto che al contrario.
Oltre ai fumetti originali, per quei classici, ti ispiravi anche ai loro primi adattamenti, al cinema o nei cartoon?
Assolutamente. Quando parlo di Superman Classic o Flash Gordon Classic non mi rifaccio a solo una loro versione, ma prendo quello che preferisco da diverse versioni classiche. E le metto tutte assieme. Per cui per Flash Gordon il personaggio doveva assolutamente assomigliare a Buster Crabbe, dalla serie live action. Alcuni di questi Flash Gordon sono davvero molto sexy. Ci sono bellissime donne che combattono contro Flash Gordon, perché questi fumetti erano fatti per ragazzi maschi adolescenti, la cui fantasia definitiva era una ragazza bionda che combatte per attirare la tua attenzione, ma anche una ragazza bruna che combatte per la tua attenzione. Quindi ho deciso di fare la principessa Aura mora, che sembra pericolosa, mentre ho reso Dale Arden come bionda, quella dall’aspetto più rassicurante. È un aspetto divertente di questo tipo di fantasie. Quando l’ho fatto e l’ho postato sui social per mostrarlo, i fan, i grandi fan di Flash Gordon hanno protestato dicendo che Dale Arden non è bionda, mostrandomi a riprova delle immagini dei fumetti. Ma io avevo la serie di Buster Crabbe da mostrare, dove lei era bionda. E allora loro lo hanno accentato. È stato bello avere la versione live action di Dale come ispirazione.
Ti è piaciuto il film Flash Gordon del 1980?
Adoro quel film! È molto camp ma la storia segue molto fedelmente quella originale e il cast è fantastico. Ognuno di quei personaggi è perfetto per il ruolo, Timothy Dalton nel ruolo del Principe Barin, Brian Blessed è il Vultano perfetto! E poi Max von Sydow nel ruolo dell’imperatore Ming! Anche Ornella Muti era perfetta perché la principessa Aura deve essere molto seducente. Ho scoperto solo di recente che avevano cercato di fare una colonna sonora più tradizionale, con un’orchestra, scritta da Howard Blake. Su Youtube si trovano alcune sequenze del film con questo accompagnamento orchestrale. Ma nel frattempo i Queen erano diventati famosissimi con la canzone Another One Bites the Dust. E così li hanno presi per fare la colonna sonora che è stata così memorabile! Tutti se la ricordano ed è bellissima, ed è così diversa, ed è così fuori dagli schemi. Posso immaginare che sia dovuto in parte al fatto che questo film sia uscito lo stesso anno di L’Impero colpisce ancora, e forse hanno pensato di non poter competere con la colonna sonora orchestrale e romantica di John Williams che sarebbe diventata così famosa. Comunque ho sempre amato i Queen, che rappresentano la prima band della quale ho dovuto prendere tutti i dischi, perché li amavo. E ora mi mettete i Queen e Flash Gordon assieme? Non potevo che amare tutto ciò.
Gli stessi Queen avrebbero ripreso scene di Metropolis per il video di Radio Gaga…
In quegli anni andava di moda un gusto retrò. Era il periodo di Indiana Jones e poi anche Metropolis fu fatto uscire nella versione colorata e sonorizzata.
Intervista condotta dal vivo a Marzo 2023.
Robb Pratt
Animatore veterano della Disney, Robb Pratt è entrato nella storica casa nel 1994 per lavorare a Pocahontas. Da lì ha partecipato come animatore a film come Il gobbo di Notre Dame, Hercules, Tarzan, Fantasia 2000, Atlantis – L’impero perduto e Come infestare una casa; e ai meno noti Looney Tunes: Back in action, Il re leone 3, Mucche alla riscossa, Winnie the Pooh e gli Efelanti e a serie come Due fantagenitori. Ha realizzato gli storyboard per serie di Disney Channel come Kim Possible, American Dragon: Jake Long, A scuola con l’imperatore e La casa di Topolino. Ha diretto le serie The Replacements – Agenzia sostituzioni, Elena di Avalor e Boccioli di fuoco; e, come regista indipendente, ha realizzato i cortometraggi animati Superman Classic, Bizarro Classic e Flash Gordon Classic, in cui riprende quei personaggi classici nella loro concezione originale.