“Hypericon”: innamorarsi a Berlino a fine millennio

“Hypericon”: innamorarsi a Berlino a fine millennio

Manuele Fior nella sua ultima opera fa un tuffo nel passato per raccontare la Berlino di fine millennio attraverso gli occhi di due ventenni italiani.

“Davanti a me vedo quello che è stato. Dietro di me tutto quello che sarà.”

Hypericon-coverÈ atteggiamento abbastanza normale e diffuso, arrivati a una certa soglia della nostra esistenza – di solito verso i cinquant’anni d’età – assumere l’abitudine di soffermarsi a rimirare il passato, di indugiare indietro con la memoria a un tempo preciso e andato della vita. Per molti quel periodo è quello dei vent’anni, decennio in cui molte delle traiettorie personali e professionali che si hanno in mente come obiettivo assumono una prospettiva precisa, indirizzandoci verso quella che sarà la nostra vita. Anni nei quali completiamo la maturazione come esseri umani, trasportati spesso dall’entusiasmo delle potenzialità che vediamo aprirsi davanti a noi.

Per Manuele Fior, classe 1975, quel periodo ha coinciso con il decennio di chiusura del XX secolo, quei ’90 che si erano aperti con il crollo del Muro di Berlino, lo sgretolamento delle ideologie e della contrapposizione Occidente-URSS e con un vento di rinnovamento e cambiamento che investiva tutta l’Europa, dopo decenni di Guerra Fredda e divisioni.
Proprio a Berlino, in quegli anni di fine millennio, Fior decide di ambientare il suo ultimo fumetto, Hypericon, con protagonisti due ventenni italiani: Teresa – ricercatrice universitaria affetta da insonnia cronica che arriva nella capitale tedesca per lavorare a una mostra sul tesoro di Tutankhamen – e Ruben, artista bohémien in fuga dalla normalità della propria famiglia, ma che grazie ai soldi della stessa può permettersi di vivere nella capitale tedesca.
Le traiettorie dei due ragazzi si incrociano e nessuna delle due sarà quella di prima: la linea retta e precisa che fino ad allora è stata la vita di Teresa si contamina dell’eterno girare in tondo di Ruben, e viceversa.

La Berlino di fine secolo

L’autore conosce molto bene la Berlino di fine anni Novanta, per averci lui stesso vissuto alla stessa età dei protagonisti della sua storia. La capitale tedesca, finalmente riunita, era in quel periodo l’emblema del cambiamento che stava investendo il continente europeo: enorme cantiere a cielo aperto in cui il rinnovamento architettonico che stava ridisegnando completamente il volto della città rifletteva il fertile humus culturale, sociale e artistico che si respirava tra le sue strade, i suoi locali e nelle sue università.
Da tutta Europa si guardava a Berlino e alla sua anima mitteleuropea, viverci era il sogno di molti ventenni. Essere lì significava amplificare quel senso di potenzialità e di aspettativa per un futuro tutto da sognare. Un tempo da costruire a immagine e somiglianza di una generazione cresciuta all’ombra di un continente diviso e sotto lo spettro di un conflitto atomico tra superpotenze e che invece finalmente poteva respirare una libertà, di spostamenti come di idee, mai immaginata prima.

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Teresa e Ruben sono completamente immersi in questa realtà, il secondo ancora più della prima. Con il suo modo di vivere leggero e spensierato, in costante fuga da ogni responsabilità (anche grazie alla sua condizione di mantenuto), il ragazzo alleggerisce l’esistenza della giovane ricercatrice, ambiziosa e concentrata sul suo percorso professionale.
Fior ricostruisce con realismo e sentimento, attraverso sguardi, dialoghi e situazioni, alcune delle dinamiche che molti hanno vissuto o di cui sono stati testimoni a quell’età. Per esempio la potenza di un incontro con una persona all’opposto della nostra visione di vita, che spazza via all’improvviso ogni certezza e determinazione personali, per coinvolgerci completamente e indirizzarci in una nuova direzione inaspettata e affascinante.
L’incontro con Ruben spiazza Teresa e la semplicità del primo reagisce con la complessità della seconda, innescando uno sviluppo inaspettato per entrambi e che, di fatto, cambia la traiettoria di vita di ciascuno.

Hypericon_02La protagonista di Hypericon va ad alimentare la nutrita galleria di bei personaggi femminili fin qui creati dall’autore nelle sue opere. Ragazze o donne mai semplici o stereotipate, bensì figure dotate di complessità e profondità caratteriali di cui Fior si serve come punto di vista o lente di ingrandimento per raccontare le proprie storie. In questo caso, l’insonnia cronica di cui Teresa è vittima diventa l’elemento che separa la ragazza dal resto del mondo: la sua condizione, l’incapacità di dormire più di due ore a notte, diventa da un lato meccanismo narrativo e dall’altro elegge lo sguardo della ragazza a mezzo di intermediazione con cui il lettore entra nella storia.

C’è poi un altro elemento appartenente a Teresa che Fior fa diventare narrazione: uno dei libri di archeologia della ragazza, la biografia dell’archeologo Howard Carter, scopritore della tomba di Tutankhamen. Al racconto delle vicende berlinesi di Ruben e Teresa, l’autore intervalla il racconto della scoperta della tomba dell’antico faraone egizio, morto a soli 19 anni. Le didascalie, tratte direttamente dal testo del libro che Teresa sta leggendo mentre lavora all’allestimento della mostra, accompagnano le immagini che illustrano la campagna di scavi che nel 1922 portò alla luce la tomba ancora intatta del faraone.
Fior riesce con efficacia a far dialogare due piani narrativi e temporali completamente alieni l’uno all’altro, trovando un punto di contatto inaspettato, che a parere di chi scrive è anche il fulcro metanarrativo di questa opera: la riflessione sul tempo.

Tempo, perduto tempo

Gli antichi egizi immaginavano il passato spazialmente di fronte a loro, mentre il futuro veniva posto alle proprie spalle. Questo perché, essendo il futuro per sua natura ignoto, esso si trova dietro le spalle dove non può essere visto, mentre il passato è già vissuto, dunque conosciuto e sempre visibile davanti a noi.
Questa concezione del tempo, che nelle pagine del fumetto diventa ossessione per Teresa, legandosi alle sue riflessioni personali sul tempo del sonno e della veglia, può essere una delle chiavi di lettura di Hypericon.
Vista l’età di Fior, si può anche considerare questa sua opera come una trasposizione in fumetto di quell’atteggiamento di cui si scriveva all’inizio: guardare al passato o a un pezzetto felice dello stesso, non necessariamente, o almeno non del tutto, con nostalgia o per fare bilanci, quanto piuttosto per settare una distanza, misurare lo scarto tra le aspettative che si hanno a vent’anni e quanto di quelle aspettative si siano rivelate reali e azzeccate con il passare del tempo. Magari anche ricercare nella gioia e nella spensieratezza di quella età un po’ di ottimismo che gli anni ci hanno portato via in cambio di un involontario cinismo, e ritrovare dentro di noi la convinzione giovanile che il mondo davanti a noi non fosse poi così cattivo.

Immaginare il passato davanti a noi, come facevano gli egizi, può anche essere un modo per anestetizzare la paura di un futuro sempre più oscuro, l’amarcord a fin di bene di un tempo in cui invece il domani appariva davvero più semplice e aperto a tutte le possibilità. Oppure può essere un balsamo per l’anima contemporanea che ci porti a credere che il tempo abbia davvero un andamento ciclico, con la speranza che quel tempo del mondo dei nostri vent’anni possa tornare a essere il futuro dei nostri figli.

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Architettura sempre protagonista

Anche in Hypericon, l’architettura è componente fondamentale delle tavole del fumetto. È attraverso la sua rappresentazione precisa e la scelta degli edifici da disegnare che Fior setta il tono e il calore emozionale delle sequenze. I momenti di trasporto tra Teresa e Ruben, quelli nei quali traspare più forte il sentimento nascente tra i due, sono contraddistinti da una serie di vignette a campo largo della Berlino notturna, un immenso cantiere sempre aperto immerso in una luce artificiale dorata. All’opposto, i momenti di tristezza e solitudine con protagonista la ragazza hanno come sfondo la stazza dell’architettura brutalista e razionalista tedesca, i suoi taglienti angoli retti e squadrati e i suoi materiali freddi, gli immensi fabbricati della periferia adibiti a dormitori universitari o i palazzi si estendono per interi lati di un quartiere, tipici di alcune zone di Berlino. In questo caso i colori si fanno freddi, con cemento, vetro e metallo che amplificano il grigio del cielo e il senso di estraniamento della protagonista.
Colori caldi e grandi inquadrature accolgono le architetture dell’Isola dei Musei, il polo museale berlinese, luogo di lavoro di Teresa. Le facciate neoclassiche del Neues Museum e dell’Altes Museum accolgono un momento importante della vita della ricercatrice – l’inaugurazione della mostra sul tesoro di Tutankhamen – che coincide con il punto più basso del suo rapporto con Ruben.
Come è sua consuetudine, anche in questa opera Fior elegge a catalizzatore di una sequenza una importante opera di architettura. In questo caso l’onore spetta alla bellissima Torre Einstein, l’osservatorio astrofisico di Potsdam vicino a Berlino, progettata dall’architetto Erich Mendelsohn, splendido esempio di architettura espressionista degli anni ’20 del XX secolo. È all’ombra delle linee fluide e dinamiche che caratterizzano la torre che Fior ambienta la sequenza forse più erotica e calda tra Teresa e Ruben, con la massa fluida e malleabile della torre che fa da contraltare alla morbidezza del corpo della ragazza ricercato da lui. Una dolcezza di linee compositive specchio della dolcezza di un momento intimo e proibito.
Fior riesce come sempre a cogliere in pieno il genius loci del luogo nel quale ambienta la sua storia, legandolo profondamente a essa e ai suoi protagonisti.

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Assieme all’architettura, a dare corpo a sentimenti e passioni sulla pagina sono la capacità straordinaria dell’autore di raccontare con le espressioni dei volti e con i colori. Le prime arricchiscono in modo incredibile il personaggio di Teresa: sguardi, smorfie, occhi sgranati, sorrisi assumono sul volto della ragazza una caratteristica quasi teatrale, una chiave recitativa che amplifica i suoi sentimenti. 
I secondi pongono l’accento, in coppia con le ambientazioni e con gli sfondi, sui toni del racconto, passando dai colori freddi di cielo, interni e fabbricati quando Teresa si sente sola in una città straniera, a una palette fatta di rossi, marroni e gialli, che scalda l’occhio del lettore come riflesso del cuore della ragazza.
La palette cromatica è poi una componente imprescindibile nelle pagine che raccontano la scoperta della tomba di Tutankhamen, insieme a una struttura delle tavole diversa rispetto a quelle che illustrano la storia di Teresa e Ruben: due grandi vignette per pagina, che spesso raccolgono un’unica immagine separata solo dal passe-partout degli spazi bianchi. I gialli e i rossi del deserto egiziano scaldano queste pagine assolate e gli stessi colori riempiono gli ambienti oscuri delle stanze della tomba quando vengono ritrovate e mettono in mostra i loro tesori. Un’atmosfera rarefatta, da fiaba o da racconto mitico, una sorta di rifugio caldo e sicuro per Teresa quando vuole scappare dal presente.

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Hypericon si chiude con il drammatico evento storico che aprì il XXI secolo – che Fior riesce a rappresentare in due tavole dall’impatto grafico devastante – e che per i ventenni di allora significò la fine del futuro per come se lo erano immaginato fino a quel momento e, in parte, la fine dei loro sogni. Quel giorno una certa visione del mondo sparì all’improvviso e, per certi versi, il futuro cambiò direzione con la tecnologia che divenne sempre più preponderante nelle nostre esistenze. Il mondo cambiò improvvisamente sotto i nostri occhi, dall’oggi al domani, e per questo possiamo leggere quest’opera di Fior anche come il racconto di un futuro che non c’è mai stato, retrofantascienza di un mondo che, ad appena vent’anni di distanza, è difficile immaginare fosse così diverso da quello contemporaneo, anche nelle potenzialità.
E Teresa, davanti alle immagini di quel fatto storico, sembra finalmente venire a patti col suo malessere esistenziale, imparare a usare “l’invenzione dell’uomo per non accorgersi della durata della notte”, quella notte del mondo che dura da due decenni.

Abbiamo parlato di:
Hypericon
Manuele Fior
Coconino Press, 2022
144 pagine, cartonato, a colori – 25,00 €
ISBN: 9788876186370

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