Secondo volume per la serie americana sul distretto di polizia della città di Batman. Un racconto da non perdere.
Gotham Central, nel panorama dei comics statunitensi, è una serie atipica almeno per un paio di ragioni. La prima è che si tratta di una serie regolare mensile scritta a quattro mani da due degli scrittori più bravi al momento in circolazione, ovvero Ed Brubaker e Greg Rucka. Entrambi dotati di uno stile personalissimo, moderno e affilato, amanti degli intrecci gialli e della durezza noir, hanno iniziato la loro collaborazione durante la gestione delle due serie storiche di Batman: Detective Comics e Batman, in quello che possiamo senza dubbio considerare come il periodo più interessante del Pipistrellone da una decina d’anni a questa parte. La gestione incrociata delle collane (grazie ai famigerati cross-over) ha permesso loro di condividere idee, passioni e percorsi creativi. In una delle tante riunioni, infatti, Ed e Greg hanno avuto l’idea di una nuova serie, questa Gotham Central che la Play Press ripropone ai lettori italiani con il secondo ciclo di storie.
La seconda ragione che la rende diversa da tutte le altre è naturalmente l’idea che la muove: raccontare della squadra omicidi (e della squadra che si occupa dei casi speciali che coinvolgono i cosiddetti super-criminali) di Gotham City, la città di Batman. Protagonisti assoluti sono i poliziotti e la città. L’attenzione degli sceneggiatori e del talentuoso e “fotografico” disegnatore Michael Lark è tutta orientata a rendere il più possibile verosimili le storie della squadra. Difatti, il contesto potenzialmente fantastico (il mondo di Batman) è arginato dall’umanità delle loro vicende, dalla precarietà della loro esistenza e dalla sofferenza che ne scaturisce. Nello stesso modo, tutto ciò, rende Gotham (città inventata) una metafora di tutte le metropoli.
I due autori scrivono alcuni numeri a quattro mani (con una fusione eccellente, tanto che in un’intervista passata hanno lanciato la sfida ai lettori per capire chi avesse scritto cosa) e alcuni cicli di storie individualmente. Una vita a metà (che raccoglie i numeri dal 6 al 10 della serie originale) è il primo ciclo interamente scritto da Rucka.
Il volume è incentrato su Renee Montoya, personaggio storico di Batman, da anni comparsa di tante storie insieme al suo collega Harvey Bullock, oggi ritiratosi. Renee è una poliziotta decisa, professionale, simpatica. Ma c’é qualcosa di lei che non sapevamo, un segreto che ha saputo celare per anni anche alla mente degli scrittori precedenti, un’invenzione di Greg che ha fatto molto discutere oltre oceano: Renee è omosessuale. L’ “outing” sulla sua vita sentimentale è l’inizio di una serie di vicende che spingono la povera poliziotta in una spirale negativa, fino a ritrovarsi incastrata per un omicidio che non ha commesso.
I lettori si rendono presto conto che c’é qualcuno che muove le fila, qualcuno nascosto nel sottobosco criminale di Gotham, probabilmente uno dei cosiddetti Freaks, le perverse antitesi di Batman. Ma la rivelazione lascia stupiti. Rucka gioca “sporco” e non dà al lettore sufficienti indizi per arrivare da solo alla soluzione. Tuttavia, la trama rimane efficacissima fino alla fine.
Sicuramente superiore al primo volume, Half a life (così il titolo originale di questa saga) ci mostra un Rucka in ottima forma, abile a raccontare l’omosessualità, con i suoi pregiudizi e le sue paure. Renee è derisa da alcuni colleghi, rifiutata dalla sua famiglia, amata con dolcezza dalla sua ragazza, difesa a spada tratta dal suo attuale collega, Cris Allen. Rucka vince la sua scommessa, in quanto la scelta di utilizzare un personaggio conosciutissimo ai fan di Batman come Montoya (la poliziotta è anche comparsa in decine di puntate del cartone animato del cavaliere oscuro), aumenta decisamente il livello di coinvolgimento del lettore, che prima si stupisce, poi si indigna e soffre e gioisce con lei.
L’obiettivo “revisionista” alla base di tutta la serie è quello del confronto (improbo) tra i pazzi nemici del cavaliere oscuro e i normali poliziotti di Gotham che, ognuno con le proprie motivazioni, non cercano altro che di svolgere al meglio il proprio lavoro. Renee quindi, come il collega Driver nel primo volume, si trova incapace di comprendere ed affrontare la follia, impreparata agli abissi della perversione. Soltanto Batman, deus ex machina scomodo e indesiderato, riesce a risolvere la vicenda. Rucka (e Brubaker), scrivendo di pazzi assassini e di gente comune, arriva a ribadire nuovamente la vera natura di Batman, unico personaggio capace di capire e sconfiggere i super-cattivi. Solo Bruce Wayne, infatti, sembra essere in grado di riconoscersi nelle loro ossessioni, pur speculari e ribaltate sul piano morale.
Viene riproposta in modo inedito, avvincente e profondo, la lezione di Frank Miller (Batman Anno Uno, Il Ritorno del Cavaliere Oscuro) e di Alan Moore (The Killing Joke), tra gli altri. Batman è un maniaco nevrotico che non ha mai superato il trauma della perdita dei genitori. La sua ossessione è la giustizia, sua battaglia infinita. Come una psicopatologia irrisolta, le sue nemesi sembrano essere archetipi junghiani invincibili, che tuttavia possono essere affrontati soltanto da Batman stesso e da nessun altro. L’abilità di Rucka sta nel suggerire appena questo tema, mentre si sofferma con più attenzione sulla sofferenza e l’inadeguatezza umanissima di Renee Montoya.
La delicatezza e l’intelligenza con le quali affronta questi argomenti, insieme all’intreccio incalzante con il suo epilogo a sorpresa, dimostrano ulteriorimente l’abilità di questo scrittore e la maturità creativa ormai raggiunta. Rucka è un grande narratore, insomma. Ma se credete che Brubaker sia meno bravo siate pronti a ricredervi leggendo i prossimi cicli di Gotham Central. Imperdibili!
Si ringrazia l’ufficio stampa Pegasus/Mega per il materiale.