Se esiste un campo, oltre a quello dell’incubo, in cui il personaggio di Dylan Dog funziona in modo egregio è quello dell’analisi del contesto sociale: non a caso è stato testimonial delle più disparate campagne, da quella contro l’abbandono degli animali a quella contro l’abuso di alcool e stupefacenti.
La macchina umana, scritto da Alessandro Bilotta e disegnato da Fabrizio De Tommaso, sfrutta questa peculiarità e mette Dylan a confronto di una delle problematiche più gravi che affligge il nostro tribolato paese: il mondo del lavoro.
Dylan si ritrova a lavorare per una grossa multinazionale dalle regole ferree e spietate, ma non ricorda come e quando è stato assunto, così come non ricorda nulla della sua attività da detective.
Bilotta mette il protagonista al centro di una vicenda kafkiana, ricca di atmosfere oniriche e surreali, ma inserita in un contesto purtroppo quanto mai reale. Lo sceneggiatore si muove con maestria su di un confine difficoltoso e labile che, se non ben calibrato, potrebbe far scadere il racconto nella facile retorica.
Ne esce invece una visone d’insieme quanto mai lucida e veritiera. Una realtà spietata, dove la meritocrazia non sempre è considerata e dove bisogna sottostare a regole impietose e umiliazioni morali pur di mantenere il proprio posto nella catena lavorativa. Le invidie e le ripicche dei colleghi, le amicizie labili, il rito settimanale del centro commerciale dove spendere i sudati guadagni; ci viene mostrata la semplice e triste quotidianità con cui molti devono convivere.
È una storia questo che terrorizza e fa pensare, perché ci mette davanti alle nostre paure più immediate, ci costringe a confrontarci con problemi sin troppo reali: il sostentamento della famiglia, come pagare la rata del mutuo, come riuscire a conservare una dignità e un’identità in un ingranaggio che difficilmente lo permette.
Risultano perciò quasi superflui i piccoli agganci alla continuity (la multinazionale, ad esempio, è una consociata della Ghost Enterprise, di proprietà di John Ghost il nuovo arci-nemico di Dylan) inseriti nella trama, poiché l’albo funziona già in maniera eccellente come una sorta di “What If”.
Sorprendente e a tratti spaventosa la caratterizzazione di Groucho data dallo scrittore: un incrocio tra una moglie assillante che aspetta Dylan al ritorno dal lavoro e un inquietante grillo parlante che cerca di “risvegliare” il protagonista citando storici sociologi quali Erich Fromm e Max Horkheimer.
Alla completa riuscita del racconto contribuiscono gli stupendi disegni di Fabrizio De Tommaso. Il suo tratto pulito ed elegante in cui si possono riconoscere le influenze dei fratelli Raul e Gianluca Cestaro e Corrado Mastantuono, riesce a evidenziare tutta la disperazione e il timore nei volti dei personaggi grazie a un utilizzo dei neri e dei grigi davvero pregevole e in grado di raccontare con disinvoltura sia le situazioni più normali sia quelle più grottesche.
Il risultato è una serie di tavole ordinate, che seguono la classica gabbia bonelliana, ma impreziosite da una scelta dell’inquadratura sempre indovinata, che contribuisce ad aumentare la sensazione claustrofobica e di oppressione della storia. Anche in questo caso risulta davvero azzeccata la rappresentazione grafica di Groucho, qui più “luciferino” che mai.
La macchina umana è uno dei migliori episodi di denuncia sociale di Dylan Dog, ora riproposto anche in un volume cartonato da libreria, che conferma Bilotta come uno degli sceneggiatori indispensabili per il personaggio e che, grazie all’interpretazione grafica di De Tommaso, ci consegna un protagonista mai così umano, fragile e impaurito.
Abbiamo parlato di:
Dylan Dog – La macchina umana
Alessandro Bilotta, Fabrizio De Tommaso
Sergio Bonelli Editore, 2022
112 pagine, cartonato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788869616853