Decifrare Promethea, prima parte: una storia vivente

Decifrare Promethea, prima parte: una storia vivente

Inizia con questo articolo un approfondimento in sei parti, un percorso alla scoperta di una delle più affascinanti ed ermetiche opere di Alan Moore, “Promethea”. Un viaggio dentro il linguaggio del fumetto e della magia.

Una storia vivente

Nel 1999 Alan Moore vara per la casa editrice statunitense Wildstorm l’etichetta America’s Best Comics (ABC), per la quale è sceneggiatore di tutte le testate. Vedono la luce, quasi in contemporanea, alcune delle sue opere più brillanti, come La Lega degli Straordinari Gentlemen e Top10, insieme ad altri pezzi di ottimo fumetto come Tom Strong e l’antologico Tomorrow Stories (che comprende a sua volta cinque serie: Cobweb, Jack B. Quick, Greyshirt, First American & U.S. Agent e Splash Brannigan). E poi, Promethea.

In mezzo alla varietà delle dieci serie ABC, quest’ultima è certamente la più particolare e ambiziosa. Non che il progetto di riunire in un universo coerente l’intera letteratura fantastica a cavallo fra ‘800 e primo ‘900 non lo fosse (si veda La Lega degli Straordinari Gentlemen) ma nessuno probabilmente aveva mai messo in un fumetto magia ed esoterismo cercando di fare, oltre che narrazione, anche un saggio sull’argomento.

Moore, che dal 1993 si è autoproclamato mago, ha allora immaginato e tentato l’impresa, chiamando con sé uno dei disegnatori più abili e versatili dei comics americani: J. H. Williams III.

Il risultato è stato pubblicato (a cadenza altalenante) fra il 1999 e il 2004 in trentadue albi in cui alla materia fumetto viene fatto di tutto, grazie alla maestria di Williams III e grazie alle idee di Moore che qui, ancor più che nelle altre testate ABC, si lancia in piroette sperimentali e argute riflessioni sul medium.

Alla base del tutto c’è una bella idea: Promethea è una storia vivente, l’incarnazione dell’immaginazione. Vive nel mondo dell’Immateria e può manifestarsi nel nostro solo quando qualcuno, colmo d’amore e di passione per il suo personaggio, fa arte invocandola. Nel tempo varie donne (e uomini) l’hanno incarnata e nel 1999 dell’universo ABC è il turno di Sophie Bangs, studentessa universitaria che sta facendo una ricerca su di lei.

Da qui prende le mosse il racconto, piuttosto lineare e in stile “supereroistico” all’inizio, per poi intraprendere una deriva esoterica e sperimentale sempre più marcata. Promethea infatti è il tentativo dello scrittore inglese di mettere su carta ciò che sa della magia, raccontarla al lettore e, forse, farla vivere nel fumetto. Questo senza però tralasciare il medium che sta usando, con il quale Moore gioca da sempre e per il quale ha in serbo ancora molte “magie”.

Dice, in un’intervista con Eddie Campbell (il disegnatore di From Hell), del 2002:

Da quel che posso ricordare, l’idea originaria dietro a Promethea era di tirare fuori qualcosa che funzionasse come un classico supereroe, magari che ricordasse un po’ alla lontana Wonder Woman o il Dottor Strange, e che mi permettesse di esplorare i temi magici a cui ero interessato presso un pubblico di lettori di fumetti a larga distribuzione che potevano non avere mai incontrato questi temi prima (e molto probabilmente non avrebbero mai voluto farlo). Pensavamo avesse senso cominciare dove l’acqua è poco profonda, con i braccioli gonfiabili, così da non alienarci i lettori fin dall’inizio (il piano era di aspettare circa dodici albi e poi alienarceli). I primissimi numeri vengono usati per spiegare concetti generali della magia e cose abbastanza semplici ma utili, tipo i quattro elementi e le corrispondenti armi magiche e le facoltà umane che rappresentano1.

Va detto subito: Promethea non è una lettura facile. Se appunto i primi nove numeri possono trarre in inganno e farla sembrare niente più che una buona serie con qualche spruzzata di esoterismo qua e là, con il decimo, Sex, stars and serpents (Sesso, stelle e serpenti), il lettore comincia a capire che qualcosa sta cambiando, quando viene messo di fronte alla rappresentazione dettagliata di un rapporto sessuale descritto attraverso la risalita dell’energia Kundalini nei sette Chakra del corpo dei protagonisti.

Il capitolo è estremamente poetico e foriero di intuizioni notevoli, come quando, giunti al sesto Chakra, il mago Jack Faust spiega a Promethea il perché i maghi siano tutti “maschi”, quale che sia il loro sesso.

JACK FAUST: «Il Chakra Anja. Saliamo al di là dei più elevati principi maschili e femminili. Dove i ruoli e le identità si rovesciano e ciò che è dentro è fuori. Questo è perché i maghi, di qualunque sesso siano, sono maschi. Il loro simbolo è il bastone, il membro maschile, perché sono quello che cerca di penetrare il mistero. Ma quando ci riescono allora diventano la magia, diventano il mistero, diventano quello che è stato penetrato. Diventano femmine.»2

Sarebbe stato interessante vedere la reazione del “pubblico di lettori di fumetti a vasta distribuzione” davanti a questo capitolo. Ma ancor di più lo sarebbe stato il vederli davanti a quello che li aspettava due numeri dopo. L’episodio 12, The magic theatre of mind (Il magico teatro della mente) è infatti la cosa probabilmente più efferata fatta da Moore con il fumetto.

In parole sue:

Devo dire che se qualcuno mi puntasse una pistola alla testa (…) e volesse sapere quale penso sia la mia singola opera più intelligente, dovrei rispondere Promethea 12”3.

Tentandone un riassunto, l’episodio racconta la storia dell’umanità, dalla creazione del mondo ai giorni nostri, in versi sciolti rimati, attraverso i Tarocchi di Thot ideati da Aleister Crowley. Ogni pagina è collegata alla seguente, come fossero un’unica striscia narrativa, da una barzelletta raccontata dallo stesso Crowley (che mentre la racconta attraversa tutte le fasi della sua vita) e da ventiquattro anagrammi del nome Promethea che vanno ad agganciarsi significativamente ad ogni Tarocco rappresentato.

È difficile da riassumere ma probabilmente lo è ancor di più da leggere. Cominciano a comparire nomi, personaggi e idee difficilmente comprensibili senza una ricerca preliminare. Ecco quindi che Promethea inizia a trasformarsi da fumetto a saggio e inizia a chiedere al lettore di fare “i compiti a casa”.

Questo tipo di approccio che Moore aveva in parte già usato in From Hell e che poi estremizza proprio in Promethea e in La Lega degli Straordinari Gentlemen e Providence, prevede che il lettore conosca anche cose non raccontate nel fumetto per poterlo fruire appieno. Ma là dove nelle altre opere citate questa conoscenza “in più” non fa che aggiungere piacere e sostanza alla lettura, in Promethea è assolutamente necessaria, pena il non avere la possibilità di accedere a gran parte dell’opera.

Una volta stabiliti i principi generali, ci siamo permessi di avventurarci in specifici territori magici, come la spiegazione sul sesso tantrico del numero 10, che abbiamo cercato di collegare alla breve spiegazione della Cabala nel numero 5 o quello che era, così che i lettori avessero la disperata possibilità di connettere tutto assieme nella loro mente. Robe specifiche come il numero 12 o il successivo lungo viaggio cabalistico in stile road-movie non erano stati pianificati precisamente dall’inizio, o per lo meno erano stati giusto concepiti come idee vaghe e pensose4, dice ancora a Eddie Campbell.

Il secondo volume della serie infatti, che comprende i numeri dal 13 al 23, è un viaggio lungo l’Albero della Vita della Cabala e vede Promethea incontrare una vasta serie di personaggi e concetti legati al mondo della magia. A questo punto c’è per forza bisogno di una mappa per orientarsi, altrimenti si corre il rischio di assistere soltanto a uno spettacolo pirotecnico di estetica e virtuosismi, perdendosi in un reticolo di informazioni magiche.

Sarebbe utile, ad esempio, conoscere almeno graficamente l’Albero delle Sephiroth, sapere che strada stanno facendo le nostre eroine e per quali percorsi si avventurano. Gli autori ci mostrano la mappa dell’Albero per un attimo nel quattordicesimo episodio, Moon River (Il fiume della luna), ma il disegno non è completo e non si soffermano granché a spiegarlo. Eppure quello schema è la base dei nove numeri a venire (in quella stessa scena vediamo Moore e Williams III che si stringono la mano: sono anche loro in partenza o si stanno solo congratulando per il lavoro svolto sin lì?).

La Cabala a cui fa riferimento Moore non è quella della tradizione ebraica, anche se da essa si dirama. È la Cabala definita “mistica” nell’interpretazione che ne hanno dato esoteristi come Crowley, Samuel L. Mac Gregor Mathers e Dion Fortune. Per quanto riguarda l’Albero della Vita invece, come spiega anche Moore nel fumetto, esso è formato da 10 Sephirot, le dieci emanazioni divine, e 22 percorsi o “vie” legati ai 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi di Thot. 32 in tutto, come gli episodi di Promethea.

Avere poi un minimo di confidenza quanto meno con i nomi delle singole Sephirah e con i loro significati (ad esempio ogni Sephirah è legata ad un pianeta del sistema solare, ad attributi della sfera cognitiva e sensibile umana e a divinità, fra le altre cose) e con le figure dei Tarocchi è un ulteriore aiuto alla lettura.

In più Moore riempie il percorso di personaggi legati alla magia, dal famoso Crowley all’oscuro Austin Osman Spare, considerato l’inventore della Chaos Magick (quella che pratica anche Grant Morrison, per intenderci), fino a John Dee e alla Dea Babalon, la Donna Scarlatta.

Servono insomma mappe, bussole e indirizzi per avventurarci nella lettura. E, come vedremo in seguito, il famoso adagio di Alfred Korzybski per cui la mappa non è il territorio, potrebbe in questo caso non essere del tutto vero.

Promethea è qualcosa che supera la concezione classica dell’opera. Pretende attenzione e studio dal lettore, pretende interazione e permette però in cambio di contattare in maniera attiva mondi lontanissimi, interessanti e preziosi. È una storia vivente, appunto.

Molto interessante, a questo punto, sarebbe capire cosa Moore ci sta raccontando sulla magia, come la intende e come intende il mondo della sua narrazione magica. Questo sarà quello che proveremo a fare nelle prossime parti dell’approfondimento.


  1. da A. Moore, E. Campbell, Un disturbo del linguaggio, Edizioni BD, 2009 

  2. da A. Moore, J.H. Williams III, PrometheaDeluxe1, RW Lion, 2016 

  3. da A. Moore, E. Campbell, Un disturbo del linguaggio, Edizioni BD, 2009 

  4. da A. Moore, E. Campbell, Un disturbo del linguaggio, Edizioni BD, 2009 

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