Il caso è chiuso. E stavolta definitivamente.
Obiezione!, sesto numero di Law – Il lato oscuro della legge, chiude la miniserie e il lettore può solo fissare malinconicamente, e per l’ultima volta, le grandi finestre dello Studio Cussler & Brandise.
Davide Caci e Giorgio Salati si sono dimostrati due sceneggiatori molto intelligenti. E, nel senso con cui lo intendo in questa occasione, non è una caratteristica scontata. Hanno azzardato, e la Star Comics con loro, nel puntare tutto su un genere narrativo pressoché vergine per quanto riguarda il medium fumetto, e lo hanno fatto investendo in una miniserie da edicola di stampo bonellide. Law sceglie dunque di abbandonare il tema dell’avventura, in un modo o nell’altro costante del fumetto popolare, e si innesta senza scrupoli dentro alle regole narrative del legal-thriller, di per sé più statiche e tendenzialmente povere di scene movimentate.
Ma se è condivisibile affermare che gli autori abbiano compiuto un azzardo, muovendosi in questa direzione, su quali basi si può sostenere l’intelligenza con cui il progetto è stato sviluppato?
Il primo motivo è nella capacità degli autori di coinvolgere il pubblico, tramite il blog e la pagina Facebook da cui interagivano con i lettori e rilanciavano le recensioni che comparivano sul web.
Ma la scelta fondamentale è stata quella di concentrarsi sulla caratterizzazione dei protagonisti della serie. Gli avvocati dello studio non hanno semplicemente delle caratteristiche ben definite e descritte, ma riescono ad avere quello spessore umano che rende i personaggi credibili, e non dei semplici stereotipi.
Certo, dipende dal peso che ciascuno dà alla parola “stereotipo”. Si può accettare l’uso di qualche stereotipo nella caratterizzazione dei personaggi in una storia, nel senso che quasi sempre ogni protagonista incarna certe determinate caratteristiche che possono essere ricondotte a specifiche tipologie umane. È normale che Gwen incarni lo stereotipo della cinica donna in carriera, Donnie quello del burbero e che Rachel ricopra il ruolo
della timida novellina tutta ideali. Ma quello che conta è come queste tipologie vengono gestite sulla lunga distanza: lo stereotipo è la base di partenza da cui costruire poi degli approfondimenti dell’animo che complicano e “sporcano” il personaggio rendendolo sfaccettato o perlomeno realistico, e se le relazioni interpersonali che il personaggio intreccia sono ben gestite, allora i personaggi riusciranno a comunicare qualcosa al lettore.
E gli avvocati di Law comunicano qualcosa, a livello umano.
Da questo punto di vista, la scrittura di Law va a fondo, costruisce rapporti interpersonali credibili nel team, mostra reazioni umanissime e soprattutto non ha paura di mostrarci personaggi anche odiosi. In questo modo viene costruito un contesto realistico, con cui è facile empatizzare, perché i protagonisti non sono né infallibili né simpatici a tutti i costi, ma sono piuttosto molto simili a noi.
Quest’ultimo numero è l’apoteosi di questo concetto: un caso in cui l’accusata è Gwen stessa, la titolare dello studio, poteva essere una svolta davvero apprezzabile solo dopo alcuni numeri passati a farci conoscere pregi e difetti degli avvocati. Un processo lungo due albi (era infatti cominciato sul quinto numero, andando a formare una sorta di “bilogia conclusiva” con quest’ultimo) che è il culmine e il punto di arrivo del progetto Law. A onor del vero, forse proprio stavolta l’impianto basato sulla caratterizzazione dei personaggi rischia di scricchiolare un po’, con alcune reazioni da parte di Gwen o di Donnie che possono suonare strane anche considerando quello che abbiamo imparato sul loro carattere, ma il motivo risiede probabilmente nella particolare attenzione che la sceneggiatura deve prestare alla parte riguardante il processo, qui delicato come non mai, non solo per Rachel e colleghi ma anche per gli autori stessi! I quali se la cavano egregiamente, dimostrando di aver fatto propri i meccanismi tipici del legal-thriller e di saperli utilizzare degnamente, così come già dimostrato nei precedenti numeri della serie, e mettendo brillantemente in scena l’andamento della storia tra indagini degli avvocati, studio del caso e momenti in aula, secondo le regole del genere.
Si ottiene così un buon numero finale, dove viene offerta una soluzione pulita e soddisfacente per il caso e per la chiusura della serie.
L’albo conclusivo vede Salvatore Coppola e Paola Camiorano alle matite, con il supporto di Enza Fontana nell’ultima parte, e Paola Antiga alle chine. Graficamente il numero è buono, ma non eccelle, specie nelle prime tavole dove alcune espressioni di Gwen assumono contorni inusitati e dove in generale i volti non convincono. Da pagina 10 le cose migliorano e, anche se si trovano vignette dove gli sfondi non risultano curatissimi, il quadro generale è certamente positivo e offre un apparato grafico di tutto rispetto.
La storia di Law si chiude con un buon colpo di scena, ben preparato e mostrato in maniera convincente e senza grinze. Non è dato sapere se le avventure dello studio Cussler & Brandise avranno un seguito, ma narrativamente la possibilità non è preclusa, e non mi dispiacerebbe trovare fra qualche tempo una seconda serie di Law.
Abbiamo parlato di:
Law #6 – Obiezione!
Davide G.G. Caci, Giorgio Salati, Salvatore Coppola, Paola Camoriago, Enza Fontana, Paola Antiga
Star Comics – Febbraio 2013
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 2.70€
ISBN: 9772240026003