Bosnian Flat dog

Bosnian Flat dog

Max Andersson, Lars Sjunnesson Comma 22, 2007 - 96 pagg. bross. b/n. - 14,00 euro

La coperina di Bosnian Flat DogIl Cane Piatto Bosniaco è una nuova razza canina nata in Bosnia durante la guerra dei Balcani. Andersson non solo se lo è sognato, ma lo ha anche inserito in una sua storia breve e poi lo ha incontrato in una visita a Sarajevo, appena dopo la guerra.
C’é da crederci alla reale esistenza di questa razza canina? Probabilmente no, come molte delle assurdità che vediamo rappresentate in Bosnian Flat Dog, anch’essa è un fantasioso paradosso, ma nel contesto di una città come Sarajevo distrutta dalla guerra tutto diventa credibile. In mezzo a giardini pubblici minati e stanze da bagno senza una parete anche il ritrovamento di un frigo col cadavere congelato di Tito (presidente a vita dell’Ex Jugoslavia dal 1945 al 1980) sembra quasi realistico. Max Andersson e Lars Sjunnesson, che visitarono Sarajevo per una convention di fumetti, ci narrano il loro viaggio che si intreccia con la storia di Skledar, un loro amico ossessionato dal ritrovamento del cadavere di Tito. Il lettore è accompagnato nel loro roadtrip, diventando psicologicamente vittima della situazione precaria che si vive in una città in guerra.
I due autori fanno di tutto per sdrammatizzare, ci riescono grazie a situazioni veramente grottesche, ma ci vuole comunque una buona dose di humor nero e cinico per ridere delle disavventure in cui sono coinvolti. Ci sono infatti gag che riescono sempre a stupire, lasciando pero’ l’amaro in bocca.

Nonostante l’ambientazione, l’opera non è da confondersi col genere giornalistico tipico del fumetto impegnato e realistico di Joe Sacco, che già ha illustrato quei territori di guerra, e non ci sono similitudini nemmeno con il diario misto a documentario tipico di Delisle. Andersson e Sjunnesson ci vogliono fondamentalmente far ridere, magari fregandosene del politicamente corretto, rischiando comunque di apparire troppo cinici raccontandoci delle arrapate vedove di Srebrenica che rapisco ogni uomo che vedono e del complotto da loro ordito.
Grazie anche al disegno ruvido, violento e volutamente grezzo, la storia acquista un valore estremamente allegorico. Quei neri forti e ben definiti, gli sguardi dalle espressioni perennemente esasperate rappresentano alla perfezione la pazzia e la disperazione di persone ormai abituate alla morte e ai bombardamenti di un paese vittima della guerra. Il viaggio nel sottosuolo di Skledar è metafora di questa condizione di abbandono a sé stessi, sulla quale pesa lo spettro del passato (Tito) e succube di un presente senza scampo.
Quale sarà la via d’uscita? Avrà senso clonare Tito? La soluzione sarà adattarsi alla situazione come hanno fatto i cani piatti o lottare senza una precisa ragione come le donne di Srebrenica? Non sembra si possa distinguere cosa è giusto, perché come ci dicono gli autori: “Non conta quello che vogliono (le donne di Srebrenica), devono farlo in rispetto del personaggio.” Una frase che fa inizialmente sorridere, ma che rivela il valore meta-fumettistico dell’opera.
Andersson e Sjunnesson valicano spesso il confine delle vignette parlando al lettore o parlando del fumetto stesso, se ne fregano delle consuete strutture e regole, cercando una via espressiva diversa, più diretta.

Tito nel frigoriferoBosnian Flat Dog è una commedia del grottesco, rappresentazione ed esempio di quanto i confini che separano realtà e fantasia siano facilmente valicabili e non corrispondano necessariamente ai limiti della vignetta o della tavola. Bosnian Flat Dog non appartiene ad una categoria ben definita, non è un’opera realistica o biografica ma nemmeno completa finzione. L’opera, col suo crossover di generi ed esperienze, ci suggerisce piuttosto come nella mente dell’artista (in questo caso fumettista) le storie possano nascere e vivere di pari passo col quotidiano, confondendosi con esso.

Pur essendo un titolo underground e nemmeno tra i più conosciuti, Bosnian Flat Dog arrivo’ presto in Italia sulle pagine di Inguine Mah!gazine, serializzato ad episodi come già originariamente in USA. I misteri riguardo il cadavere di Tito avevano divertito ed appassionato, ma anche alimentato l’attesa di un finale dato che il titolo era sparito dalle pagine del magazine. Questa nuova e completa edizione in volume è pertanto degna di merito, in quanto, oltre a restituire il finale, ci offre anche la storia breve che vede la prima apparizione del cane piatto e la storia di Skledar citata all’inizio del volume.
Non manca inoltre l’appendice all’edizione USA che presentava un glossario di termini riguardanti l’Ex Jugoslavia e la guerra dei Balcani, corredato da illustrazioni talvolta terrificanti: su tutte una foto di un modellino reale del Tito congelato! Unica nota di demerito va all’impaginazione delle tavole, che ha sacrificato le vignette riducendole troppo a differenza dell’edizione originale in volume che le presentava particolarmente ingrandite, disposte su pagine larghe molto suggestive e funzionali alla rappresentazione del viaggio nei cunicoli sotterranei di Srebrenica nel finale del racconto.

Riferimenti:
Il sito dei uno degli autori Max Andersson: www.maxandersson.com
Il sito della casa editrice Comma 22: www.comma22.com

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