
E ci è voluto ProGlo Edizioni per disseppellirlo dalle polveri anti-tatcheriane e mediamente lisergiche della fucina di 2000 AD e di tutte le altre pubblicazioni “contro” inglesi per farci conoscere questa versione cinica e caustica del Buck Rogers inglese.
Premessa necessaria su questo Dare di Grant Morrison e Rian Hughes, datato 1990, che ci presenta un Dare invecchiato, quasi patetico, reso zoppo dall’usura e stanco dalle avventure passate. Avventure che si sono trasformate in eccidi, poiché, in una rilettura squisitamente anni ’90, il mito dell’avventuriero diventa la parodia del soldato “marionetta”, i cui fili sono tirati dal governo corrotto inglese, che regge le sorti del presente con piglio dittatoriale.

Per l’aviatore è una vita avara di emozioni e di soddisfazione, tra alcool e caminetto, fino a che non riceve una lettera inaspettata: la compagna di mille avventure e vero deus ex-machina delle avventure di Dan, la professoressa Peabody, si è suicidata. Al suo funerale, Dare incontra il suo ex-attendente, Digby, che lo snobba: si inizia ad arguire che il pensionamento di Dare forse è più un esilio. Dare viene quindi avvicinato dal primo ministro, Gloria Monday, tramite il mentore storico dell’aviatore, Sir Hubert Guest. La Monday, in vista delle nuove elezioni, propone a Dare di ritornare alla vita pubblica per farle da testimonial: l’eroe accetta e da lì in poi verrà trascinato in una realtà cruda dalla quale si era distaccato e nella quale scopriremo cosa è successo nel suo passato e dove le sue azioni hanno condotto l’Inghilterra e dove condurranno il mondo.


Le città, le architetture: il futuro che tratteggia esce dalla mente di Le Corbusier e viene modellato per renderlo a misura di vignetta. I tagli verticali alle inquadrature slanciano la città per comunicare il senso costante di inadeguatezza di Dare rispetto a tutto quello che gli è stato costruito intorno. La gabbia di ferro weberiana in cui l’eroe è rinchiuso vive anche per merito del polivalente artista.

Prende da Hampson, da Milton Caniff, prende (tanto) dall’elemento sci-fi del Watchmen di Alan Moore (quella parte che, a chi non guarda con un certo disincanto l’opera del Bardo di Northampton, fa storcere il naso, ma che qui è il tocco in più che separa un normale fumetto che fa il verso agli anni ’50 da un’opera più completa); si nasconde dietro Kubla Khan di Samuel Coleridge, facendolo citare all’antagonista vero del colonnello, quando in realtà ci impartisce la lezione di politica sociale de La Luna è una severa maestra e la morale di guerra di Fanteria dello spazio, i capolavori di Robert Heinlein. Nelle inquadrature e nel dinamismo di Hughes c’è l’innovazione dell’estetica retrò che va da Blade Runner a Radiant City del Mister X di Dean Motter, mantenendo l’ingenuità delle forme e dei colori sgargianti dei “razzi ciccioni” e dei “sigari” alla Flash Gordon ma contestualizzandoli in un mondo dove sembrano fuori posto. Poco calzanti.
Come la tuta di Dan Dare, troppo grande per questo colonnello invecchiato e smunto.
Che torna eroe in queste pagine.
Mai come in questo fumetto Morrison è più compassato, alla ricerca di canoni cui ispirarsi.
Abbiamo parlato di:
Dare
Grant Morrison, Rian Hughes
traduzione di Giovanni Agozzino
Proglo Edizioni, 2010
80 pagine, brossurato, colori – 14,00€
ISBN: 978-88-903934-5-7
Riferimenti:
ProGlo Edizioni: www.progloedizioni.com
