Valter Buio: inquietudini “de noantri”

Valter Buio: inquietudini “de noantri”

Valter Buio è un personaggio che ha il merito di introdurre con efficacia ambientazioni sovrannaturali in un ambiente consueto, addirittura domestico, grazie agli scenari presi a prestito da una Roma allo stesso tempo sublime e dozzinale, nobile e popolana.

Il primo Buio

Il primo numero di Valter Buio esce in edicola il 17 marzo del 2010. Il creatore è Alessandro Bilotta, un autore che ha lavorato per case editrici come la Montego e la Magic Press, ma è anche approdato alla Bonelli, realizzando episodi di Martin Mystère e Dylan Dog. Tra gli appassionati, Bilotta è noto per  La Dottrina, romanzo grafico in quattro parti, disegnato da Carmine Di Giandomenico: un lavoro lungo più di otto anni che solo recentemente ha visto la conclusione con l’ultimo volume.

L’incipit di Valter Buio si confonde con le numerose serie, con scadenze a orologeria, che la Star Comics propone ai suoi lettori. Dopo che anche il gigante Bonelli si è convertito alle miniserie, queste sono diventate la formula magica anticrisi, che pare indispensabile per provare a galleggiare in mari fumettistici increspati dalla disattenzione dei lettori.
Anche per la serie di Valter Buio è stato previsto un termine: la sua vicenda si dipana nello spazio di dodici numeri e quindi si conclude nel marzo dell’anno successivo (e cioè settimana fa).

Ma Valter Buio, già nella confezione iniziale, ha qualcosa di speciale che regala fiducia al lettore. La copertina, dipinta da un efficace Paolo Martinello, illustratore prestato al fumetto, offre un realismo tecnico che produce una sintesi di simboli narrativi altamente drammatici e immediatamente percepibili. L’alto valore aggiunto delle copertine della serie sarà una caratteristica qualitativa che rimarrà inalterata (registrerà piuttosto qualche picco verso l’alto) per l’intero anno di vita della testata.

Il mio nome è Valter Buio

Ma chi sarebbe il protagonista che già nel suo nome rivela una familiarità, inconsueta alle testate fumettistiche, le quali, sin dal dopoguerra, non possono esimersi da esotismi anglofoni?

Valter Buio è uno psicanalista molto particolare dal momento che i suoi pazienti sono fantasmi (che chiama “Inconsci”). I suoi clienti sono spiriti inquieti che non riescono ad abbandonare la terra e trovare pace in più sereni liti celesti. Le ragioni delle resistenze a lasciare un larvale livello di esistenza sono rinvenibili in un trauma psichico inconscio, riconducibile alla vita trascorsa, che il nostro bravo psicanalista si assume il compito di individuare e quindi rimuovere.

La prima sensazione che ha il lettore smaliziato è che la fantasia di Bilotta concretizzi un personaggio apparentemente superfluo nel panorama fumettistico. Valter Buio a prima vista sembra riprodurre una tipologia (storie di fantasmi) che le serie a fumetti, le serie televisive e le produzioni cinematografiche hanno abbondantemente sfruttato. Dunque una testata che vampirizza il più famoso Dylan Dog? Valter Buio come fratello minore dell’investigatore dell’incubo? Doppione editoriale realizzato per sfruttare la fama dell’originale?
Già a partire dal secondo numero malevoli sospetti di tale specie iniziano a scemare e svaniscono del tutto man mano che le storie di Bilotta cominciano a dispiegare la sua reale natura.

Valter Buio, spogliato delle vesti esteriori che lo mimetizzano fra mille personaggi, si offre, nudo, con nerbo di originalità, scabra autenticità, deliziose forme, seducente bellezza. Seppure affondi le proprie radici mediatiche in un terreno ampiamente sfruttato, il personaggio trova una singolare originalità in una vocazione minimalista e antieroica che gli rende una forza empatica cui il lettore stenta a resistere.

Buio presenta una personalità spigolosa e non banale, puntiglioso e accanito, eppure sul punto di perdere disastrosamente nel conflitto con la vita. Non sono avversari mostruosi o nemici rituali quelli che Buio deve affrontare bensì le quotidiane asperità contro le quali normalmente ci si infrange. Valter Buio è stato abbandonato dalla moglie e questo fatto è alla base delle sue tendenze alcoliste. I dettagli della vita del protagonista non sono quelli appropriati a un eroe: Buio non vive fra gli agi, è fondamentalmente maldestro, ha paura degli insetti e se viene aggredito le prende sonoramente. Nelle personali debolezze di Buio ritroviamo l’autentica umanità che serve a rafforzare, nel lettore, il processo di riconoscimento con il personaggio.
Valter Buio opera nel suo studio che è un barcone ancorato lungo il Tevere: la precaria dimora è la metafora della sua vita e delle esistenze di tutti gli uomini che tentano di rimanere saldi galleggiando sugli eventi che scorrono come fluidi, loro accanto, cullandoli, a volte, spesso travolgendoli. Perché può succedere a tutti di piombare disperati nel fondo del fiume della vita, finire nei suoi più profondi abissi, gelidi e oscuri, come capita a Valter Buio che affonda, in un tentato suicidio, nel buio del Tevere, nell’episodio Elena Fioravanti (n. 9).

Gli incubi crepuscolari di Bilotta

Bilotta offre ulteriore linfa vitale alle sue storie attraverso l’accurata descrizione degli scenari in cui Valter Buio muove i suoi passi, oltre che grazie a ficcanti riferimenti alla storia recente. Gli autori nostrani del fumetto popolare di stampo realistico si sono accostati sempre con cautela alle ambientazioni italiane. Bilotta azzera le consuetudini del passato e realizza, con Valter Buio, un personaggio che trova la sua più autentica funzione di esistere nel contesto degli scenari di una Roma realistica e dettagliata e nelle interazioni possibili con l’attualità, con la storia recente e con quella meno.

La peculiarità di Buio sta comunque nel viaggio profondo verso la propria interiorità, nella labirintica introspezione delle propria esistenza che affascina maggiormente di avventure in esotici non-luoghi della fantasia.
Nella retorica minimalista di Bilotta non esistono grandi imprese, azioni memorabili e neanche orrori immani, tutto quanto si risolve nell’ambito di una piccola e sofferente umanità in cui è persino troppo facile riconoscersi. Anche quelli che dovrebbero essere gli attori spettacolari, nelle vicende di Valter Buio, e cioè i fantasmi, che costituiscono il nucleo centrale delle avventure e delle frequentazioni del singolare psicanalista romano, lungi dall’essere paurosi o lugubri protagonisti, si rivelano miseri esseri, spauriti e sperduti, che inseguono come obiettivo l’oblio, il dimenticare e l’essere dimenticati dalle faccende del mondo.

Bilotta, con il suo dimesso crepuscolarismo, con il suo istinto narrativo attento a cogliere le piccole cose che formano la vita, disinteressato a concepire avventure che guardano allo straordinario, bensì concentrato sulla commedia umana in cui noi tutti siamo attori, rappresenta un singolare caso nel fumetto popolare italiano. Caravan di Antonio Serra, in effetti, aveva già provato a mettere in scena gli affascinanti casi dell’uomo comune, peritando di dissolvere la figura del solitario e consueto eroe protagonista in un mosaico di interpreti, di vicende, persone comuni, trascinati nel gorgo dell’evento straordinario. Serra riusciva a regalarci un mosaico di storie minime che però rimanevano saldamente inserite in una cornice che offriva un quadro di straordinarietà, da cui poi ciascun lettore poteva ricavare il (non) senso che riteneva più adeguato. Bilotta non ha bisogno di eventi straordinari per coinvolgere il lettore nella fitta tessitura delle sue narrazioni, che appassionano senza che suscitino stupore, solo per il fatto che sono le storie cui tutti apparteniamo, anonimi, sofferenti protagonisti.

I disegnatori di Valter Buio

I disegnatori che si sono alternati nella compilazioni grafiche delle imprese di Valter Buio, per quanto incalzati dai pressanti ritmi della produzione seriale, si sono rivelati, mediamente, all’altezza del valore del personaggio che hanno illustrato. All’appello in ordine rigorosamente alfabetico rispondono: Francesco Bonanno (n. 5, Buona notte e buona fortuna e n. 7, Vita in tempo di guerra), un artista che risulta efficace nella rappresentazione, seppure presenti un tratto nervoso e a volte sgraziato che forma senza eleganze i contorni delle figure; Andrea Del Campo (n. 2, Un giro di giostra, chine del n. 6, Ricordi di una amnesiaca, n. 9, Elena Fioravanti) che esibisce una linea chiara, pulita ma molto incisiva in particolare nei ritratti; Sergio Gerasi (I morti, n. 1, matite del n. 6, Ricordi di una amnesiaca, n. 12, L’uomo nero), generoso nei tratteggi attraverso i quali intesse rappresentazioni dettagliate e descrittive, offre sempre prestazioni maiuscole; Matteo Mosca (n.8, Il signor Buio), prestazione unica eseguita senza infamia e senza lode, abile nei primi piani, approssimativo nel delineare le forme e le proporzioni dei corpi; Andrea Rossetto (n. 3, Il giorno che verrà, n. 11, Riservami un valzer, con Marco Fara), un tratto grosso e poco modulato nel suo assolo che, nella collaborazione con Marco Fara, si trasforma in una minuziosa linea chiara la quale fornisce l’elaborato grafico forse più elegante dell’intera serie, anche grazie alla complicità di atmosfere suscitate dal ricordo di altre ere; Ivan Vitolo (n. 4, I nostri debitori, collaborazione a Francesco Bonanno per il n. 7, Vita in tempo di guerra, n. 10, Villa Torlonia) è un autore cui non mancano capacità artistiche, ma ancora in cerca di una propria dimensione di originalità. Nella sua prima prestazione in Valter Buio offre uno stile molto raffigurativo e dettagliato (ricorda lo stile di Gerasi), il quale però si semplifica con lo scorrere delle tavole, perdendo di eleganza e anche di dimensione. In Villa Torlonia, invece, si produce in una imitazione dello stile di Milo Manara, del periodo più complicato dell’artista veronese, quando lo stesso emulava la complessità grafica di un certo Moebius. Un esercizio non banale, anzi piuttosto interessante, questo di Vitolo, anche se ci si aspetta che l’artista scopra finalmente se stesso.

Le copertine di Martinello

Martinello è un artista poco conosciuto nel mondo del fumetto, perlomeno in Italia.  Nato a Vicenza (nel 1975) e diplomato all’Accademia delle Belle Arti di Venezia, può essere, di buon grado, fatto rientrare in quella scuola veneta del fumetto che ha regalato tanti artisti al fumetto italiano. In Italia esordisce con i giovani del Centro Fumetto Andrea Pazienza. Realizza anche una miniserie a fumetti per l’Eura Editoriale, ma è più conosciuto in Francia, dove collabora con Vittorio Pavesio, Dargaud, e Glénat.  Sospeso fra l’attività di illustratore e quella di fumettista solo con Valter Buio, Martinello può mostrare le sue illustrazioni nella vetrina popolare delle edicole.

La prima cosa che colpisce delle copertine di Martinello è la costruzione dell’immagine che evidenzia gli elementi salienti della narrazione, sintetizzandoli e così offrendo una visione compendiale di quello che il lettore troverà nell’episodio. Tutto questo mettendo in mostra uno stile grafico tecnicamente perfetto. Martinello tradisce fatalmente le proprie radici di illustratore, regalando composizioni ricche di sfumature cromatiche altamente evocative, sia quando sprofondano nei grigi più cupi, sia quando esplodono in colori incendiari che sembrano infiammare la pagina (si vedano le copertine de: n. 2, Un giro di giostra; n. 11, Riservami un valzer.)  Copertine che sembrano quadri, quadri che raccontano storie, immagini dietro cui si acquattano gli incubi.
Quelle di Martinello sono rappresentazioni surreali che non smarriscono agganci ferrei con la consueta realtà. Gli incubi della quotidianità di Valter Buio non potevano trovare più efficace esposizione.

La maledizione del numero dodici

L’attenta modulazione del carattere del personaggio e l’accurata ricostruzione ambientale e storica potevano essere la base per l’intreccio di infiniti percorsi narrativi, fumettisticamente parlando ancora poco sfruttati.

In tal senso è un vero peccato che la serie si sia interrotta con il numero 12. Valter Buio non aveva le caratteristiche di una Graphic Novel, un racconto unitario formato da vari episodi, con una traccia narrativa definita, destinata a tirare le sue conclusioni nel breve periodo. Il personaggio di Bilotta aveva, bensì, tutte le caratteristiche di un personaggio seriale, con caratteristiche molto azzeccate, la cui vita editoriale avrebbe potuto, potenzialmente, durare all’infinito.

Esigenze di marketing hanno voluto diversamente.

Ma forse è meglio così. Meglio rimpiangere un personaggio amato che ci lascia nella piena maturità creativa, che indugiare su serie, le quali, per sfruttare un primitivo successo, sopravvivono ripetendo stancamente i consueti schemi in una senescenza inarrestabile.

Salutiamo allora Valter Buio, con l’augurio che la sua conclusione sia terreno più fertile su cui Alessandro Bilotta possa ancora seminare le proprie personali intimistiche fantasticherie.

Abbiamo parlato di:
Valter Buio nn. 1-12
Alessandro Bilotta, AAVV
Edizioni Star Comic, marzo 2010 – marzo 2011
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 2,70€ cada

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