The Unforgiven(s): intervista a Ettore Gabrielli e Marco Rizzo

The Unforgiven(s): intervista a Ettore Gabrielli e Marco Rizzo

Un confronto sull'onda di una intervista doppia che mette in parallelo due diverse concezioni critiche.

LoSpazioBianco.it - ComicUs.it

Sono così appassionati del linguaggio del fumetto che gestiscono siti di approfondimento e dibattito senza guadagnarci niente, ma non per questo il loro lavoro è superficiale e sottotono. Amatoriali nel senso più bello della parola. Nella piena libertà creativa ed espressiva, analizzano e commentano e agitano il fumetto nazionale e non solo, ponendo sempre avanti un amore incondizionato per la nona arte. Intervistano e criticano, questa volta tocca a loro passare ai raggi x. Un confronto sull’onda di una intervista doppia che mette in parallelo due diverse concezioni critiche.

Vi presentate?
E.G.: Adesso capisco perché questa è la domanda più odiata da ogni intervistato. Effettivamente, cosa si può rispondere? Posso copiare-incollare una mia biografia usata per un altro sito: “Ettore Gabrielli nasce a Pescia (PT) nel giorno della Befana del 1977, stesso giorno di Adriano Celentano ma un bel po’ di anni dopo. Di mestiere programmatore, si divide tra Toscana e Campania per ragioni di cuore. Le prime avvisaglie della malattia fumettistica si hanno quando, appena impara a malapena a leggere, sfoglia, divora (e spesso smembra) Alan Ford, Skorpio e Lanciostory. Passa in seguito, da bravo bimbo, a Topolino, ma la passione per gli Ufo ed i film horror lo avvicinano alla Bonelli di Martin Mystere e Dylan Dog, Ken il guerriero lo avvicina al manga, l’Image al fumetto americano, ed infine Corto Maltese al Fumetto. Appassionato di giochi di ruolo, ha collaborato brevemente con la defunta rivista Kaos della Nexus. Nel 2002 decide di mettere a frutto la sua passione per i fumetti nel modo più indolore: creando assieme a Michele Bracci e Raffaele Cipollini il sito Lo Spazio Bianco, che accudisce da allora come un figlio. Collabora inoltre al sito ComicUs, al sito CartaIgienicaWeb ed alla sua controparte cartacea Carta Igienica Magazine. Nel frattempo continua a sfidare la sua indolenza, cercando di scrivere fumetti, ed uscendone immancabilmente sconfitto.” Certo, parlare in terza persona mi fa una strana impressione…
M.R.: Marco Rizzo. Appassionato di fumetti, fondatore di Comicus.it e sceneggiatore emergente. Il resto qui non conta.

Che cosa appezzi nel sito del tuo collega?
E.G.: La capacità di calamitare l’attenzione degli addetti ai lavori, la presenza di certi validissimi elementi, l’esperienza, il forum come elemento di dialogo e scambio di opinioni. Le iniziative particolari come le striscie, e ancora la sezione Alien Comics.
M.R.: Il look cartooning del mitico Zamberlan. Alcuni collaboratori dalla prosa scorrevole e grande competenza. Un’ottima organizzazione interna, l’attenzione competente e appassionata verso fumetti e autori meno conosciuti.

Che cosa non ti piace?
E.G.: Il forum come elemento di invidie, ripicche e infantilismi. Lo scarso controllo generale sugli articoli, con giudizi a volte poco accurati. La mancanza di un vero controllo redazionale.
M.R.: Il nuovo sito ha caratteri piccoli e l’home page è forse troppo confusionaria. Mi auguro poi che la frequenza degli aggiornamenti aumenti persino di più.

È meglio intervistare o essere intervistati?
E.G.: Essere intervistati se si ha qualcosa da dire. Il che ne consegue che preferisco intervistare!
M.R.: Entrambe le soluzioni soddisfano l’ego e risultano divertenti… ora come ora forse ho più interesse nella seconda ipotesi, per far conoscere lati di me finora sconosciuti, avendo lavorato per anni nell’ombra e iniziando solo adesso ad uscirne con lavori su fronti diversi del fumetto.

Hai mai scritto una recensione per avere un fumetto in regalo?
E.G.: No, ma l’ho promessa per averlo! Che poi non fosse necessariamente positiva o ampia è un altro discorso…
M.R.: No, caso mai mi hanno regalato fumetti per scriverne recensioni. Pratica troppo poco diffusa… forse perché sanno che non è detto che ne parli bene?

Un fumetto da leggere?
E.G.: Uno solo? Veramente uno solo? Tu mi vuoi male. In realtà non credo che possa esserci una risposta in questo senso slegata dalla personalità di ognuno di noi. Quindi, me ne frego di ogni riflessione possibile sull’argomento, e dico Ken Parker, perché è il personaggio (dal fumetto al cinema alla letteratura) che più mi è rimasto dentro, e che più mi ha commosso. Senza contare che al contempo mi ha fatto innamorare delle potenzialità del fumetto!
M.R.: Uno solo? Impossibile scegliere… dico il primo che mi viene in mente: Watchmen.

Un fumetto da non leggere assolutamente?
E.G.: Potrebbe essere una risposta chilometrica! Per dirne solo alcuni, penso al modesto e scontato Dylan Dog #200, o al Texone disegnato da Joe Kubert (che spreco!). O a Inuyasha della Takahashi, ripetizione dei suoi soliti cliché. Mi spiace molto di aver conosciuto Claremont solamente nella sua fase involuta e, francamente, noiosa. Delusione anche per Kylion: buoni spunti, buoni autori, ma storie mediocri. D’altra parte, incappare in letture simili è il rischio di chi vuole essere “fumettonnivoro”.
M.R.: Anche qui, dico la prima cosa che mi viene in mente: DK2 è la caduta di un grande autore. Meglio evitarlo se non si vuole essere delusi.

Squadra di calcio del cuore?
E.G.: Grazie, ho smesso. Ero juventino, ma il tifo e quello che c’é nel calcio oltre il campo mi ha stufato. Ora sono solamente un fantacalcista convinto, e non mi manca assolutamente tifare per qualcuno! Al massimo, simpatizzante zemaniano: forza Lecce!
M.R.: Non seguo molto il calcio, ma se devo sceglierne una… il Palermo!

Una definizione di fumetto?
E.G.: Citerei senza dubbio James Kochalka e la sua “L’orribile verità sui fumetti”, fantastica storia breve sul significato di fumetto. “I fumetti sono un modo di creare un universo e di popolarlo di personaggi utilizzando un codice segreto che funziona nel modo più semplice e diretto possibile per entrare nella mente del ‘lettoré.” e ancora “La struttura dei fumetti è analoga allo schema dei collegamenti della nostra mente.”
M.R.: Un medium versatile, popolare o autoriale, basato su combinazioni di disegni e testi mediati dalla sequenzialità.

Tra un libro e un fumetto cosa scegli?
E.G.: Fumetto, soprattutto perché nel tempo in cui leggo un libro posso leggere decine di fumetti.
M.R.: Argh. Impossibile scegliere. Diciamo un fumetto, va…ma che sia un buon fumetto!

Il miglior film tratto da un fumetto?
E.G.: Quelli che sono più propenso a votare sono quelli che non ho visto, come Ghost World. Attendo con ansia Sin City, e spero che dopo aver razziato i supereroi si faccia notare al pubblico che il fumetto non è solo quello. Ma d’altra parte, non mi aspetto certo che sia il cinema a salvare il fumetto.
M.R.: X-Men 2 ha colto lo spirito degli X-Men pur aggiornandoli al medium cinematografico.

L’intervista più divertente che hai realizzato?
E.G.: A Ortolani, probabilmente, persona veramente divertente, ma semplice nell’accezione più bella del termine, e capace di infondere di una atmosfera amichevole anche ad una intervista via e-mail.
M.R.: Ricordo con piacere un’intervista a Brian Azzarello, svolta a Napoli davanti ad una birra. Quando si è sciolto, il mitico Azzarello è diventato un fiume in piena. Peccato che il nastro era inascoltabile data la confusione intorno e l’intervista non è stata pubblicabile.

Quella più triste?
E.G.: Forse quella a Igort, perché in un primo momento a causa di alcune domande un poco mal poste e mal interpretate ho fatto una figuretta veramente da poco. Per fortuna poi si è aggiustato tutto ed è giunto un chiarimento risolutore.
M.R.: Quando non ero ancora così in confidenza con Jim Lee, lo intervistai, sempre a Napoli. Ma il mio timore reverenziale era tale che non riuscii e mettere tre domande intelligenti e ben formulate di fila. Ne venne fuori una schifezza imbarazzante, non pubblicata per mia scelta.

Quale rarità non riesci a trovare?
E.G.: Sono tante le rarità che soprattutto non cerco ancora, perché le mie finanze già traballanti non reggerebbero l’urto. La rarità che sono invece soddisfatto di aver trovato è un volumone in italiano di Little Nemo, una gioia per gli occhi.
M.R.: Non sono solito perdere tempo dietro le rarità. Fortunatamente ho pochi buchi nelle mie collezioni e non ho intenzione di spendere fior di quattrini per rarità.

Cosa manca al fumetto italiano?
E.G.: Essere una industria, avere un atteggiamento professionale, imprenditoriale, e non da “amatori”. Molti editori sono persone che svolgono questo compito per piacere personale, e non per soldi. Da una parte dono a tutto un’aurea di romanticismo non indifferente, ma dall’altra impedisce al fumetto di giungere fin dove potrebbe come visibilità. È bello che ci sia posto per la microeditoria, ma è chiaramente sbagliato se c’é solamente quella.
M.R.: Le riviste. Dove il fumetto autoriale si mescoli bene con quello popolare e ci sia spazio per i fumettisti di domani, trainati dai grandi nomi.

Di che cosa non ha assolutamente bisogno?
E.G.: Di persone poco serie, di progetti approssimativi, di avvoltoi.
M.R.: Delle lotte, delle cattiverie, delle minacce, degli atteggiamenti mafiosi, dei contratti discutibili, delle bassezze a cui ci ha abituato l’editoria (certa editoria).

Edicola o fumetteria?
E.G.: Sinceramente, mi scoccia dover rovistare tra le riviste pornografiche per trovare un fumetto. L’edicola è oramai troppo caotica, mentre la fumetteria d’altra parte rischia di essere ghettizzante – ma ha il grande pregio di far incontrare gli appassionati.
M.R.: Più fumetterie sul suolo italico, edicole più fornite.

The Unforgiven(s)Meglio un bicchiere di vino o un fumetto?
E.G.: Ecco una domanda veramente difficile! Da solo un fumetto, in compagnia sicuramente un bicchiere di vino! Prosit!
M.R.: Fumetto. Preferisco la birra al vino. Se mi avessi detto la birra come alternativa mi sarei trovato in difficoltà!

La mostra che ti piace di più?
E.G.: Napoli Comicon, senza discussioni. Per atmosfera, ambientazione e cura. Migliorabile, ma finalmente una mostra che è quello che si dichiara: una mostra!
M.R.: Napoli comicon, anche se quest’ultima edizione mi ha un po’ deluso.

Cosa vorresti vedere pubblicato?
E.G.: Riviste sul fumetto come Ciak o Tutto. Piene di difetti quanto vuoi, ma simbolo di un mercato capace di attirare attenzioni e interesse. Se parlavi di fumetto, la cosa che più mi indispettisce è pensare a Dave Sim che non permette la traduzione del suo Cerebus, fumetto che ha attirato su di sé tutta la mia curiosità.
M.R.: I classici silver age Marvel e DC: bisogna riscoprire i vari Jack Kirby, Gil Kane, Neal Adams etc. E anche la roba EC riserva delle chicche, alcune totalmente inedite. Della roba nuova, specie dagli USA, si stanno rovistando gli scarti ormai.

Ha senso la critica fumettistica?
E.G.: Mi ricordo ultimamente di una citazione sulla critica (lascio a chi ha più memoria e cultura di me ritrovarne l’artefice) che riporto a braccio: il ruolo della critica è cercare le motivazioni che stanno dietro alla nascita di un’opera, e analizzare quanto l’opera abbia raggiunto il suo scopo prefissato. Al di là delle citazioni, io credo che la critica abbia altri importanti compiti. Tra i quali anche creare che sottobosco di rumore che ogni ambiente ha. La critica cinematografica crea hype, crea curiosità, crea fastidi, fa parlare del cinema. Che lo faccia bene o male, fa parlare. Che indispettisca o meno, fa parlare. Questo dovrebbe fare anche nell’ambito fumettistico.
M.R.: Si, ovvio. Non credo che questo dilemma sia così frequente nella critica letteraria o artistica.. perché?

Un film che possono fare da un fumetto?
E.G.: Su Strangers In Paradise io farei un bel serial televisivo. Altrimenti un bel film sul gruppo TNT: sono certo che lo trasformerebbero mettendoci dentro Boldi, De Sica, e tutto il Bagarino… Forse è meglio che rimanga tutto su carta!
M.R.: Ce ne sarebbero tanti… Ora come ora mi viene in mente Dampyr, specie negli episodi “bellici”. Sarebbe interessante.

La differenza tra appassionato e nerd?
E.G.: Un “nerd” puzza, ha più brufoli e non vede l’acqua che una volta ogni due settimane… A parte gli scherzi, non riesco a giocare molto con le generalizzazioni. Un poco come quando i giornali cercano di definire “i giovani”: una inutile e pretenziosa perdita di tempo.
M.R.: Intanto il nerd è più ferrato sulle piccolezze, sui pettegolezzi, sui particolari, e poi segue molte più cose di un semplice appassionato. E sopratutto praticamente non ha vita sociale!

La cifra maggiore che hai speso in un giorno per i fumetti?
E.G.: Una volta credo di aver superato allegramente il centinaio di euro. Ma l’atto di comprare è veramente uno di quei momenti di alienazione, in cui perdo il contatto con la realtà, digito il codice del bancomat, e poi mi sveglio a casa con un cerchio alla testa e una busta di fumetti in mano…
M.R.: Mmm non saprei…preferisco non pensarci.

Fumetto è cultura?
E.G.: C’é forse bisogno di dirlo ancora una volta?
M.R.: Certi fumetti sono cultura.

Chi fa fumetto in Italia sa che cosa è la cultura?
E.G.: Visto che non tutto il fumetto è cultura, ma come il cinema o la letteratura condivide la duplice natura di mezzo di comunicazione e mezzo di espressione artistica, non è nemmeno necessario che chi fa fumetto lo sappia. D’altra parte, la cultura va “conosciuta”, o va semplicemente goduta?
M.R.: Alcuni lo sanno, altri no. Solitamente chi non sa cos’é non trova il fumetto cultura e fa quel tipo di fumetto che non lo è. Ma non c’é nulla di male.

Il miglior critico italiano?
E.G.: Sono indeciso tra Fornaroli e Raffaelli, ma soprattutto ammetto la mia ignoranza nei confronti della critica, soprattutto quella “storica”, a cui sto cercando di riparare.
M.R.: Adoro la prosa di Di Nocera e la lucidità delle sue analisi (anche se spesso non concordo), ma sarei di parte. Spariamo alto, diciamo Barbieri… così i miei amici non si offendono!

Il migliore disegnatore tra i morti e i vivi?
E.G.: Distinguendo? Oddio, mi fa impressione dividere così la categoria! Io metterei tra i migliori di sempre certamente Battaglia, Pratt, Alberto Breccia, Pazienza, Buzzelli. Tra i vivi, mi vengono in mente talmente tanti nomi che non riuscirei a trovare dei nomi tali da lasciarmi con la coscienza pulita per la scelta, ma uno su tutti lo cito serenamente: Toppi.
M.R.: Un nome solo??! Anche in questo caso mi butto: Jack Kirby.

Leggi fumetti porno?
E.G.: Mai piaciuti, nemmeno i film porno. Troppo assurdi e poco sentiti. Senza sentimento, qualunque esso sia, vedo il sesso come una cosa piuttosto sterile e banale. E poco eccitante.
M.R.: Uh…no.

Mentre leggi i fumetti hai le dita nel naso?
E.G.: Quelle di solito mentre guido. Un viziaccio, ma si infilzi una narice chi non ce l’ha!!
M.R.: No, ma in questo momento si. Tutte e cinque.

Un’anomalia nel mondo del fumetto?
E.G.: Manca un pubblico occasionale, quello che compra i bestsellers o i dischi in classifica. Gli appassionati, i cultori e i nerd ci sono già, manca il grosso del mercato.
M.R.: Troppi furbi.

Un pregio?
E.G.: Nonostante ogni profezia di sventura, corretta o meno, il fumetto è un ambiente vitale come per ogni altra forma d’arte. Ci sono autori con molto da dire, penne e matite che lasciano segni importanti sulla carta.
M.R.: Un pubblico di appassionati vivace e propositivo. Da ascoltare.

Fumetto popolare o culturale?
E.G.: Bel fumetto. Ci sono momenti da “Contratto con Dio” e momenti da “Diabolik”, e gli uni non sono necessariamente meno sentiti o importanti degli altri. Purché un fumetto sia fatto bene, e in modo onesto. Se so di leggere un’opera con determinate finalità, piuttosto che con mire più “alte”, sapro’ gustarmelo molto meglio. In questo c’é molta ruffineria tra gli editori, promesse di storie epocali, di esperienze uniche: tutte palle. Datemi pane al pane, preferisco.
M.R.: Entrambi. C’é bisogno di entrambi. Uno si legge al cesso o sul pullman, l’altro sul divano. Nel resto del tempo, si faccia altro.

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