Federico Cacciapaglia, dopo gli studi di filosofia a Roma e di fumetto alla School of Visual Arts in New York, si trasferisce in Germania, dove vive e lavora. Attivissimo nel mondo del fumetto indipendente, sia italiano che europeo, ha realizzato numerosi fumetti autoprodotti e in Germania ha pubblicatoDie GROWLS, Mjammjam e Immigrant Star,con cui ha vinto il premio ICOM per la miglior sceneggiatura di un fumetto indipendnte all’ultima edizione del Comic Salon di Erlangen, per la casa editrice Jaja Verlag. Lo abbiamo raggiunto e intervistato sulla sua esperienza personale, le sue opere e la sua prospettiva sul panorama fumettistico tedesco e italiano.
Ciao Federico e grazie per il tuo tempo. Tu sei di formazione filosofo: come hai deciso di entare nel mondo del fumetto e cosa porti con te dai tuoi studi?
Ciao e grazie a voi! I fumetti li ho iniziati a “leggere” prima di imparare a leggere. Guardavo le figure. Inoltre credo di essermi innamorato di Amelia (la strega nelle storie dei paperi) in epoca prepuberale e forse continuo a subirne il fascino tuttora. Ho sempre disegnato e il linguaggio dei fumetti è piano piano diventato il mio modo di scrivere ed esprimermi. Lo studio della filosofia penso che mi abbia aiutato a raffinare la curiosità e la voglia di capire e analizzare temi diversi che compongono la società e il mondo in cui viviamo.
Quali sono i fumetti, o più in generale le opere,
che hanno influenzato il tuo percorso?
Topolino, Zanardi, Incal e Codex Seraphinianus (libro di illustrazioni realizzato da Luigi Serafini tra il 1976 e il 1978). Ma la lista può essere lunghissima ed estendersi a cinema, scrittura, scultura e musica. Adoro i B movie, i documentari della BBC con David Attembrough, far finta di capire qualcosa di Wittgenstein. Amo gli scrittori russi e Kafka, mi piace anche perdermi in avventure sull’oceano con Melville o Conrad.
Ti sei trasferito ormai da sette anni in Germania, a Berlino per la precisione: come mai questa scelta?
Eeeh… [sospira – ndr] Credo che sia legato al senso di confusione e dispersione provato nel finire l’università. Non riuscivo a vedere un percorso e soffrivo principalmente di alcune relazioni lavorative basate su rapporti amicali. La classica sensazione del pesce fuor d’acqua. Un’altra motivazione è l’aver studiato filosofia ed essermi appassionato ai filosofi tedeschi. Almeno adesso posso leggerli in lingua originale. Ah! E da quando sono in Germania ho imparato ad attraversare la strada solo con il semaforo verde.
Anche io vivo da alcuni anni in Germania e sto ancora cercando di farmi un’idea del fumetto tedesco: ha sicuramente meno tradizione rispetto ad altri paesi europei (Italia e Francia, ad esempio), in alcuni Land (ndr – regioni tedesche) non è molto sviluppato e considerato (penso alla Turingia, dove vivo), ma in altri luoghi ha molto impulso, come a Berlino, Lipsia o Amburgo. Quale è la tua impressione del mondo del fumetto tedesco? Sia a livello creativo che produttivo che di risposta del pubblico a eventi e convention.
Sono d’accordo con te, la tradizione del fumetto in Germania ha una storia diversa rispetto a Francia o Italia. La tradizione tedesca del fumetto è stata per molto tempo più legata al mercato americano e francese, recentemente invece si sta evolvendo parecchio. Le ragioni credo siano legate all’esistenza e resistenza di piccole e medie case editrici che trovano spazio di distribuzione in piccole librerie che nelle grandi città sono ancora un luogo frequentato e di proposta. La maggiore offerta di lavori diversi genera un maggiore senso critico nei lettori e dunque un terreno sempre più fertile per la sperimentazione. Nelle grandi città tedesche ci sono molti spazi dedicati al fumetto e l’anno scorso a Berlino il Senato tedesco ha dato per la prima volta uno ‘Stipendium’ (borsa di studio) apposito per il fumetto. È sicuramente un linguaggio che sta trovando un suo spazio specifico in Germania.
E invece che impressione hai del mondo del fumetto italiano, con cui intrattieni contatti partecipando soprattutto a festival indipendenti?
Il fumetto italiano è un panorama particolare, ha una storia antica ed è caratterizzato da un certo conservatorismo da parte delle grosse case editrici. Le piccole case editrici faticano a sopravvivere con la continua chiusura delle piccole librerie e alcuni titoli sono difficilmente rintracciabili o inesistenti nel mercato. Allo stesso tempo, nei festival indipendenti la quantità di fumettisti italiani è incredibile. Mi fa quasi rabbia vedere la quantità e la qualità dei lavori nei festival di produzione indipendente che poi, puf!, scompaiono appena il festival finisce. Da qualche tempo sto cercando di impegnarmi per immaginare possibili soluzioni in materia di distribuzione alternativa in Italia e in Europa. Sono attivo nell’organizzazione del Comic Invasion Berlin (23-23 giugno, https://www.comicinvasionberlin.de/) e stiamo organizzando insieme a Rosanna Tempestini Frizzi ed Enrico Pantani lo Scarabocchio Fest a Pomarance.
Jaja Verlag è una piccola casa editrice con cui hai pubblicato tutti i tuoi lavori: cosa puoi dirci di questa realtà?
Jaja Verlag è diventata la mia famiglia. Annette Köhn è la persona che ha fondato questa bellissima casa editrice, l’idea alla base della quale è guadagnare con i libri di cucina illustrati per poter avere la libertà di rischiare pubblicando autori emergenti e libri a volte fuori dal tradizionale mercato del fumetto. Annette è una editrice coraggiosa e schietta, non si fa problemi a dire se una cosa non va e allo stesso tempo lascia all’autore completa libertà sul lato artistico del libro. Insieme agli altri autori spesso facciamo delle gite “scolastiche” tutti insieme nei grossi festival di editoria in Germania, a volte in tenda, altre volte vivendo insieme in una casa.Sono orgoglioso di far parte di questa bellissima famiglia a fumetti.
Il tuo ultimo lavoro, Immigrant Star, ha vinto il premio ICOM (Independent Comic Preis) al festival di Erlangen per la miglior sceneggiatura. Un fumetto che al tempo stesso omaggia David Bowie e la fantascienza classica, riflettendo sul nostro tempo (in particolare la crisi migratoria). Come è nata l’idea?
È principalmente un lavoro autobiografico [ride – ndr]. Sono gli ultimi cinque anni della mia vita come immigrato in una nazione aliena. Ho provato a essere onesto nel raccontare una storia che mi tocca personalmente e ho cercato di ambientarla in un contesto fantascientifico. La fantascienza è il genere in cui proiettiamo le speranze e le paure del futuro e mi sembrava lo scenario più appropriato. La migrazione, la ricerca, l’essere accettati da culture diverse dalla propria e il dover accettare culture diverse dalla propria: ho provato a toccare temi che in qualche modo soffro sulla mia pelle e cercando di dare un tono tragicomico al tutto in questa odissea spaziale a bordo di una lavatrice.
Oltre alle tue opere per Jaja Verlag e a storie autoprodotte, hai un sito web (www.acquaspazio.net) in cui porti avanti il progetto Art e Cafè e in cui pubblichi brevi fumetti muti. In cosa consiste il progetto? E quanto è importante il web per un’artista autoprodotto, non solo in termini di pubblicità ma anche di sperimentazione?
Art e Cafè è un progetto iniziato quasi dieci anni fa ormai. Cafè è la mia firma (Ca-cciapaglia Fe-derico) e Art sta per Arturo, un mio amico artista con cui abbiamo fatto musica, cortometraggi e tantissime produzioni inguardabili. Da 9 anni si è trasferito a Portland, in Oregon, e non ci siamo più visti. Ho iniziato a disegnarlo in alcune storie a fumetti e in qualche modo la nostra amicizia sopravvive su fogli di carta.A volte ho il dubbio che esista davvero…molti miei amici ormai si sono rassegnati all’idea che Arturo sia solo un mio amico immaginario. Il sito acquaspazio.net è un contenitore di storie e disegni in continua evoluzione, un luogo in cui posso ammassare un po’ tutto quello che di nuovo esce dalla mia penna. Il web è necessario oggigiorno, ma personalmente sono molto legato alla carta e all’oggetto fisico.
Intervista realizzata live ad Erlangen il 2 giugno 2018 e via mail il 10 giugno 2018