di Robert Kirkman e Charlie Adlard
Saldapress, 2008 – 148 pagg. b/n bros. – 11,50 euro
Kirkman deve essere l’unico ad aver appreso qualcosa dalla lezione di Romero sugli zombie. Ancora una volta sfrutta le avventure dei personaggi di The Walking Dead, per parlarci degli esseri umani, di noi e del nostro modo di rapportarci non solo all’ambiente esterno, ma anche ai nostri simili. Dopo due volumi in cui il mondo viene stravolto e gli esseri umani sopravvissuti sono costretti a riorganizzare le proprie vite, idee e convinzioni, dopo averci mostrato che gli istinti alla base della vita umana sono, in fondo, gli stessi da millenni; ecco che l’autore decide di rincarare la dose e lo fa prendendosi, se così si può dire, una pausa dall’azione. Non che questa manchi, ma in questo volume 3 l’accento ricade sulle interazioni interpersonali. I nostri eroi sono, finalmente, riusciti a trovare un posto “sicuro”, isolandosi dal mondo esterno “brutto e cattivo”. Ed è proprio qui che Kirkman gioca sporco buttandoci in faccia meschinità, tragedie e gelosie che nulla hanno a che fare coi pericoli esterni ma scaturiscono come melma dall’animo umano; l’ambientazione chiusa del volume serve solo da lente d’ingrandimento diventando quasi sarcastica, sino a chiedersi come si può essere al sicuro, quando il pericolo è in noi stessi. Ne viene fuori un quadro cupo ed acido dell’essere umano. (Michele Quitadamo).