È un buon momento per i cacciatori di taglie della galassia lontana lontana. O meglio, lo è diventato da quando sulla piattaforma Disney+ è stata caricata la prima stagione di The Mandalorian, nel 2019. L’anno successivo il protagonista interpretato da Pedro Pascal è tornato a viaggiare nello Spazio in compagnia di Grogu, chiamato anche “Il Bambino” e affettuosamente ribattezzato dagli appassionati “Baby Yoda”, perché appartiene alla stessa specie del prodigioso maestro Jedi dalla pelle verde. Nel 2021 Lucasfilm ha deciso di adattare la prima stagione del serial in forma di romanzo, proposto in Italia da Panini Comics, e di cavalcare senza remore l’onda che ha riportato in auge i cacciatori di taglie, pubblicando attraverso Marvel Comics vari fumetti con protagonisti Boba Fett e altri mercenari.
In realtà le basi del progetto sono state gettate già nel 2020 con Bounty Hunters (edito in italiano con il titolo di Cacciatori di taglie), il primo comic book figlio proprio del successo di The Mandalorian, in cui Ethan Sacks e Paolo Villanelli raccontano le avventure di Beilert Valance, Nakano Lash e Bossk, introducendoli ai lettori e mostrandoli mentre si rapportano con il famoso Boba.
Poiché la narrazione è stata accolta con entusiasmo, è andata espandendosi fino a generare un evento con i relativi tie-in. Infatti, dopo l’albo Alpha di Charles Soule e Steve McNiven, è iniziato l’arco narrativo principale, War of the Bounty Hunters, che vede tra gli artisti coinvolti anche Luke Ross e David Messina, da cui si diramano singoli episodi come War Of The Bounty Hunters – Jabba The Hutt di Justina Ireland, Ibraim Roberson e Luca Pizzari e War Of The Bounty Hunters – 4-Lom & Zuckuss di Daniel José Older e Kei Zama.
Un’operazione di ampia portata che ridà lustro alla figura del cacciatore di taglie, resa celebre da Boba Fett ne L’Impero colpisce ancora. È giusto parlare di “ritorno” all’antico splendore, perché già in passato nei fumetti l’individuo assoldato da Jabba aveva goduto di storie a lui dedicate. Lui e non solo lui: per esempio, uscendo dal Canone ed entrando nell’ambito delle Star Wars Legends (un tempo Universo Espanso), al 1998 risale Boba Fett: morte, bugie e tradimenti di John Wagner e Cam Kennedy (ripubblicato da Panini con il titolo Boba Fett: cacciatore di taglie, nel 2020); le due miniserie Blood Ties – Jango and Boba Fett e Blood Ties – Fett is dead sono rispettivamente del 2010 e 2012 (si trovano entrambe raccolte nel volume #48 della collana Star Wars Legends portata in edicola da La Gazzetta dello Sport); Magic Press fece uscire in Italia nel 2003 in un unico brossurato, intitolato genericamente Cacciatori di taglie, i brevi racconti Boba Fett – Twin engines of destruction, Bounty Hunters – Aurra Sing, Bounty Hunters – Scoundrel’s wage, Bounty Hunters – Kenix Kil.
Osservando le date degli albi, si notano una certa continuità, uno iato, una sorta di ripescaggio e nuovamente una pausa fino ad arrivare proprio al fenomeno editoriale generato da The Mandalorian: la serie Disney ha riempito un vuoto che la terza trilogia non era riuscita a colmare, dato che mancava un personaggio di richiamo alla voce “mercenario” e, di conseguenza, anche i fumetti erano rimasti privi del suddetto character.
Nel telefilm, Jon Favreau e Dave Filoni hanno saputo riprendere alcuni elementi tipici dei western di Sergio Leone già apparsi nella prima trilogia, ibridarli con quelli orientali che a loro volta avevano influenzato Leone stesso, potenziarli e mescolarli con la spettacolarizzazione della narrazione contemporanea, che prevede anche una buona dose di fan service (leggi: camei illustri) e pucciosità (ecco spiegata la presenza di Baby Yoda).
Un po’ come i protagonisti del manga Lone Wolf and Cub, Mando e Grogu vivono vicende al limite, attraversano lande desolate, regolano conti, scappano e si emozionano, facendo così emozionare gli spettatori.
In generale, sulle note di una colonna sonora influenzata da Ennio Morricone, a volte sembra che possa spuntare Clint Eastwood da un momento all’altro: Mando non è del tutto buono, ma non è troppo cattivo, è come l’Uomo senza nome (e di fatto lo è fino all’ultimo episodio, poiché “Mando” è solo il diminutivo di “Mandaloriano”), sa come va la galassia e come farne parte. Inoltre, è accostabile alle altre figure slegate dalle loro origini che popolano Guerre Stellari e tanti racconti archetipici, individui misteriosi finché i pezzi del puzzle non vanno al loro posto. E nel caso di The Mandalorian bisogna aspettare l’ottavo episodio, che svela qualcosa nella giusta misura, al momento opportuno e con una dinamica che unisce in modo soddisfacente azione e sentimento.
Dal canto suo Il Bambino è motore e fulcro della narrazione, rischia seriamente di diventare un deus ex machina, ma fino alla fine della seconda stagione gli sceneggiatori riescono a camminare sul filo del rasoio senza ferirsi.
Se i comprimari come il saggio Kuiil, classico personaggio western che cerca la pace in solitudine e umiltà, e Cara Dune funzionano, confermandosi puntata dopo puntata molto più che semplici ingranaggi narrativi, il punto dolente principale sta nella debolezza della Nuova Repubblica, praticamente assente sebbene la vicenda si svolga dopo Il ritorno dello Jedi e prima de Il risveglio della Forza.
Nel passaggio dalla pellicola alla carta, quindi da Disney+ al romanzo scritto da Joe Schreiber, che adatta la prima stagione, si perde inevitabilmente l’impatto che i luoghi e i design dei personaggi hanno sullo schermo. Quegli elementi che urlano “Star Wars” da ogni frame sullo schermo – come Tatooine con i suoi due soli, i predoni Tusken e i Jawa o il tema musicale della Forza – non smuovono il lettore della trasposizione come farebbero se osservati o ascoltati. Certo, ambienti e popoli si possono immaginare, come si può canticchiare la colonna sonora, ma non è la stessa cosa. E le foto tratte dai vari episodi, collocate in apertura del volume, non sopperiscono alla mancanza, anzi viene da chiedersi perché spoilerare così il contenuto del libro a coloro che dovessero avvicinarsi all’opera senza aver prima visto la serie TV.
Quest’ultima tipologia di pubblico, forse paradossalmente, resta comunque la più fortunata: l’approccio “a rovescio”, cioè a partire dall’adattamento, impedisce di fare prevedibili confronti con il serial, così meno facilmente si colgono la lentezza del ritmo e il fatto che lo storytelling – più che la trama in sé – ingrani davvero solo intorno a pagina 100. Diversamente, già con la prima puntata la serie conquista lo spettatore.
Sebbene preso singolarmente il romanzo di The Mandalorian non lasci interamente soddisfatti, tuttavia può rivelarsi il grimaldello utile per accedere a una produzione che diventa più vasta mese dopo mese, con l’idea di rendere la figura del cacciatore di taglie il perno di un intero filone narrativo ambientato nell’universo di Star Wars. Una vecchia-nuova vena d’oro nella miniera di George Lucas.
Abbiamo parlato di:
Star Wars: The Mandalorian – Il romanzo
Joe Schreiber
Traduzione di Susanna Celotti
Panini Comics, 2021
176 pagine, brossurato – 22,00 €
ISBN: 9788828701415
The Mandalorian: i cacciatori di taglie se la passano bene
La serie TV “The Mandalorian”, da cui è stato tratto un romanzo, ha riportato in auge i cacciatori di taglie di “Star Wars”.
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