Se un battito d'ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas perché ogni cosa è correlata al tutto che la circonda, allora si può legittimamente dire che le storie dei 4 personaggi di Salvo Imprevisti di Lorena Canottiere, Katherine, Liam, Marzia e Rocìo sono una il battito d'ali di farfalla dell'altra: quattro storie lontane ma intrecciate l'un l'altra e destinate a incontrarsi.
Katherine (Mansfield, scrittrice neozelandese vissuta a cavallo tra ottocento e novecento) parla con il fratello morto in guerra, lo insegue, lo vede, lo tocca. Liam continua a ricordare e a parlare con il “fantasma” della ex-fidanzata con cui si sono lasciati perché le proprie vite sono state più grandi di loro. Marzia brilla per assenza nella sua vita quotidiana, non parla (con le parole) e vive in un'altra realtà (virtuale). Rocìo, protagonista non umano ma forse più reale di tutti gli altri, parla (o pensa) ad alta voce e come Pinocchio cerca di diventare umana, verosimilmente al femminile (con la “a”), ma in realtà non lo possiamo sapere con sicurezza.
Le loro sono a prima vista quattro storie individuali, separate e distinte, ma in realtà ci troviamo davanti a una storia unica, raccontata da quattro punti di vista differenti, attraverso diverse sfaccettature.
Potrebbe sembrare davvero una storia di solitudini, perdite o abbandoni ad un primo livello; invece guardando con mente più libera ci si accorge che non si tratta di una storia di assenze ma di una storia di presenze. Perché sono protagonisti oltre a Katherine, Liam, Marzia e Rocìo anche le famiglie e le persone che li circondano e soprattutto le assenze dei loro affetti e la mancanza dei corpi di chi amano e hanno amato. La presenza della assenza.
Solo in apparenza i personaggi non parlano con nessuno; ognuno in realtà parla con chi o con l'immagine di ciò che ha di più importante. Che poi, viste da fuori, possano essere definite come assenze è poco rilevante, anzi, potrebbe far riflettere (e forse questo è uno degli intenti dell'autrice…) sull'arbitrarietà delle classificazioni e delle lenti con cui guardiamo alle “Vite degli altri”. Dove inizia una assenza e dove finisce una presenza? Ovvero, dove iniziano e dove finiscono i rapporti tra le persone e, quindi, dove iniziano o dove finiscono le persone stesse? Cosa sono la memoria e l'autoconsapevolezza? Non sono domande che emergono in modo didascalico o prosaico nel volume, eppure sembra quasi di sentire la voce dell'autrice che le ripropone costantemente in sottofondo.
Ma c'è ancora un ulteriore livello sottostante tutto questo, ovvero una riflessione sulla mancanza più pesante che si crea quando perdiamo e non abbiamo più l'altro: la perdita del corpo, proprio e altrui.
E allora Katherine “allucina” il fratello morto in guerra, lo vede, gli parla, lo sente. Liam ha il ricordo costante dell'ultima volta con la sua fidanzata che lo tormenta e lo insegue: “due corpi diventano altro (…). Il loro è un peso zigrinato di domani, di sempre”. Nel vuoto dell'assenza e nel confronto tra ciò che era e ciò che ora non è più “il peso di un corpo solo è inconsistente”. Più facile scrutare tra le stelle in cerca di un messaggio piuttosto che riuscire a parlare ancora con il proprio passato, con la propria fidanzata perennemente irraggiungibile al telefono, più lontana e fredda dello spazio siderale.
Marzia nel pieno dell'adolescenza non ha un corpo pienamente suo, non ancora. Il suo è un corpo virtuale, in vendita sui social, un corpo che esiste solo se visto da altri attraverso immagini e fotografie; si ricorda però i corpi dei genitori, abbracciati a letto, con le braccia della madre “addormentate sulla schiena di mio padre. Non servivano a nulla. (…) come ancorate ad un sordo rifiuto di ravvivarsi”. Ora il padre non c'è più. Sua mamma la tocca solo quando sono in Tribunale. A cosa serve vivere ed entrare in contatto con l'altro? Forse è per questo che Marzia esiste solo in uno spazio virtuale, per lei reale, dove si connette con gli altri: più facile parlare con estranei a distanza, dietro uno schermo o sul web, che con le persone in carne, corpi e ossa .
Rocìo invece non ha un corpo. Allora vive, guarda, spia forse i corpi degli altri, esiste attraverso il suo occhio elettronico e confrontando le vite altrui si fa un'idea di sé e del mondo attorno. Torna il tema del dualismo mente e corpo: nel complesso rapporto tra corpo, sensazioni e mente, l'essere sviluppa la propria coscienza e la propria autoconsapevolezza. Menti e corpi; menti dentro ai corpi e corpi pensati dalla mente. Alla fine, tutto si crea solo nella relazione con ciò che ci circonda, con ciò che c'è ma anche con ciò che non c'è più o non c'è ancora.
Siamo tutti parte di un unico lungo flusso di coscienza collettivo? O addirittura siamo tutti il frutto della mente di un robot? Rocìo forse è un Hal 9000 domotico (home bot) che sta sviluppando una sua personalità e che, come tale, ha bisogno di raccontarsi e raccontare delle storie mettendo insieme pezzi di informazioni, di stimoli, di ricerche dal proprio database e parla con se stessa, dovendo riempire comunque il vuoto della giornata che ha davanti; ecco allora che nascono le storie di Katherine, Liam, Marzia (e anche di sua madre), di Rocìo e non solo.
A un certo punto Rocìo si chiede “il corpo non è un algoritmo intelligente?” e in quel momento, proprio lì dove tutti i protagonisti sono davanti alla linea “in cui tutto si confonde”, il confine cede e tutte le storie convergono in un punto dove i bordi si fanno labili e svaniscono e dove tutto si unisce: ricordi, corpi, immagini di sé e di altri, luoghi e posti.
Finale pirotecnico ed ermetico (forse troppo…) in cui tutti sono dentro una lunga, colorata e variopinta gabbia narrativa, in una specie di Helzapoppin' che corre verso una conclusione che sembra in realtà non esserci, lasciando al lettore lo spazio per un respiro profondo e lungo che apre a possibili scenari “altri”; ciascuno (personaggio e lettore) ha la possibilità di immaginare una propria continuazione dopo la fine del libro.
Ogni storia ha i propri colori (anche se alcuni ritornano per tutte quante) e precise connotazioni stilistiche; il tratto di Lorena Canottiere è incredibilmente morbido, rotondo, fatto di colori pastello caldi anche quando sono freddi, con pennellate larghe, lunghe che avvolgono il lettore e lo cullano per tutto il libro. Una piena maturità e consapevolezza creativa e tecnica permettono all'autrice di giocare con gli elementi base della costruzione della tavola: in un'alternanza di scontornati e vignette con contorni sembra che alcune emergano dalla tavola, quasi si contornassero da sole giocando con spazi bianchi e sfondi; i testi e la parole si muovono un po' dentro e un po' fuori dalle vignette stesse, diventando a volte quasi didascalie fluide, “prestate” al racconto.
I dialoghi sono rapidi, concisi, a volte diretti e mimetici, altre volte sono pensieri che appartengono a uno dei protagonisti o forse alla storia in se stessa. Come in Babel, film del 2006 di Iñarritu, le storie entrano e escono una dall'altra, con piccoli dettagli che le collegano con un costante passaggio di continuità come in un lungo piano sequenza, perché ogni cosa è collegata a tutto e a niente. La storia di Marzia sfuma dentro quella di Liam attraverso un primo piano di profilo tutto giocato sull'espressione dei due personaggi, identica e diversa al contempo; Liam diventa Rocìo attraverso uno sguardo che vaga nel vuoto e si fissa su dettagli e, a sua volta, Rocìo sfuma ancora in Marzia attraverso uno zoom su una donna che si trucca; i segni sul volto di Katherine sono i segni dei corpi di Liam e della ex-fidanzata avvinghiati assieme.
Al lettore il compito di farsi portare da una narrazione onirica nelle parole e nei testi e sempre al lettore il compito di cucire tutte le parti assieme, come in un grande patchwork narrativo. Una grande domanda sembra emergere: a quale limite guardiamo quando pensiamo a noi stessi e alle nostre vite? In fondo le nostre storie ci portano dove vogliono, noi possiamo anche immaginare di poter prevedere il presente e il futuro perché pensiamo che il vivere sia questo: tenere sotto controllo le nostre esistenze e avere le nostre relazioni sempre vicine. Ma forse non è così: si può pensare di prevedere tutto, “salvo imprevisti”.
Abbiamo parlato di:
Salvo imprevisti
Lorena Canottiere
Oblomov Edizioni, settembre 2019
215 pagine, brossurato, colore, – 22,00 €
ISBN: 978-8885621848