È il 1994 quando Igort va a vivere in Giappone per sei mesi, grazie a quella Morning Manga Fellowship che – a partire dal 1992 – concesse a fumettisti, editori e studiosi occidentali il privilegio di trascorrere alcuni mesi in Giappone, disegnando direttamente per uno dei giganti dell’editoria manga, la casa editrice Kodansha (che pubblica appunto il settimanale Morning)
Igort aveva visitato la mastodontica sede della casa editrice nipponica già tre anni prima durante il suo primo viaggio in Sol Levante: fu infatti uno dei primi autori occidentali a instaurare rapporti lavorativi con la “macchina dei sogni di carta” giapponese. All’epoca stavano iniziando le collaborazioni tra mangaka e autori occidentali, con un esperimento che – positivo per alcuni artisti, più burrascoso per altri – si sarebbe esaurito di lì a pochi anni1.
Igort aveva sognato il Giappone per almeno un decennio, prima di riuscire a visitarlo e infine andare a viverci, per poi tornarci a più riprese (almeno venti, a detta dello stesso fumettista) senza realmente separarsene mai.
Da questa fascinazione iniziale l’autore passò – con rispetto e pazienza – a un progressivo avvicinamento a quell’“impero dei segni” (per dirla alla Roland Barthes) che il paese asiatico rappresentava per tutti gli amanti del disegno dall’Ottocento in poi, da quando cioè in Occidente arrivarono le prime stampe ukiyoe.
«Il Giappone era diventato per me lo scrigno dei desideri, una valigia piena di cose di diversa natura, ma era soprattutto questo: il paradiso dei disegnatori. Inebriato dalle vecchie stampe giapponesi, mi ero addentrato in quel mondo di segni apparentemente semplici che celavano una sapienza misteriosa».
Quaderni giapponesi, che Igort pubblica ora per la sua Coconino Press, riassume a distanza di anni, e dopo un lungo periodo di rielaborazione, quell’esperienza: il risultato è un libro particolarmente denso – come informazioni e come apparato iconografico – sia per i neofiti sia per gli esperti di cultura nipponica.
Un libro che nasce per caso, sull’onda dell’interesse suscitato dai suoi appunti sul Sol Levante, divulgati attraverso facebook. «I ricordi affiorano» nelle matite dell’autore, mentre immagini suadenti e affascinanti invitano a entrare nei diversi stili visuali giapponesi, dalle stampe ukiyoe alle inquadrature dei film di Seijun Suzuki e Yasujiro Ozu. Alternando passaggi autobiografici a racconti storici ed estratti da opere letterarie, Igort intreccia pagine delle sue serie realizzate per Kodansha Amore e Yuri con fotogrammi di film animati e fotografie d’epoca con stampe originali a suoi bozzetti ispirati all’arte tradizionale.
Il libro è dunque un lungo ricordo – che si estende sul blog di Igort, raccogliendo ulteriori interventi – dove incontri con fumettisti, libri e quartieri di Tokyo fanno partire mille fili di una narrazione che rimane magicamente coesa.
Un grande affresco dei punti cardine della cultura nipponica, dei suoi miti più noti e allo stesso tempo fraintesi (lo scrittore Yukio Mishima), di fatti di cronaca entrati nell’immaginario collettivo (la storia di Sada Abe) e di elementi alla base della sua estetica (le tecniche di stampa, l’universo della carta), in cui i vari approfondimenti si alternano grazie a scelte stilistiche eterogenee.
E dove, a seconda dei momenti della vita di Igort, pagine dal tratto più grezzo e in bianco e nero lasciano spazio ad altre ricche dei lussureggianti colori dell’autunno giapponese: il giovane autore che sogna il Giappone mentre è al lavoro su Goodbye Baobab, i suoi primi colloqui in Kodansha, i mesi vissuti a Tokyo passeggiando per quartieri antichi, le imposizioni degli editor nipponici, gli ultimi viaggi dediti alla preparazione del libro.
Un’ode alla lezione estetica giapponese del minimalismo e del wabi sabi (l’accettazione della transitorietà e dell’imperfezione delle cose).
Una descrizione di un mondo fluttuante in continuo divenire, dove il “mal di Giappone” è ancora vivo nelle parole e nelle chine dell’autore.
Con un’impostazione decisamente meno giornalistica rispetto ai precedenti Quaderni ucraini e Quaderni russi – di cui siamo distanti per toni e finalità, nonostante lo stesso formato editoriale – Igort si rivela comunque capace di toccare temi scomodi, quali il razzismo latente in Giappone nei confronti dei discendenti dei bumrakin, l’antica casta dei “reietti”.
Via di mezzo tra un diario di viaggio e un saggio disegnato, la nostalgia di Igort, convinto di essere stato giapponese in una vita precedente, si scontra con l’impossibilità di afferrare del tutto i segreti del Sol Levante.
«Kurihara San, il gran capo della settima divisione editoriale della Kodansha, mi disse un giorno che il Giappone era come uno scrigno e che chi voleva avvicinarsi doveva avere le chiavi di quello scrigno, per poter godere dei tesori custoditi al suo interno. Io mi ci sono avvicinato da oltre vent’anni e lo frequento assiduamente, questo luogo dell’anima. Eppure il suo mistero si rinnova continuamente».
Una lettura indispensabile, infine, per tutti gli appassionati di storia del fumetto e dell’animazione.
Ben lontana da un desiderio di completezza, i mangaka e i film citati da Igort hanno la capacità di illustrare la ricchezza e la varietà della produzione fumettistica e animata giapponese: dalla perfetta e inumana macchina della Kodansha alla solitaria arte poetica e allo stesso tempo dura dei geki-ga dell’inafferrabile Yoshiharu Tsuge, dalla sublime animazione realizzata in tempo di guerra del Momotaro-Umi no simpei di Mitsuyo Seo al messaggio potentemente pacifista de La tomba delle lucciole di Isao Takahata.
Un confronto delicato e senza moralismi sull’industria produttiva del fumetto e dell’animazione in Giappone attraverso i decenni, possibile grazie all’esperienza lavorativa di Igort.
Igoruto san, per i giapponesi.
Abbiamo parlato di:
Quaderni giapponesi. Un viaggio nell’impero dei segni
Igort
Coconino Press, settembre 2015
184 pagine, brossurato, colori – 19,00€
ISBN: 9788876182693