Faro’ molta fatica ad esprimere un giudizio equilibrato su questo primo volume dedicato ai Los Profesionales, uno dei fumetti più importanti e divertenti arrivati in Italia dalla penisola Iberica. E questo perché l’esercizio critico in questo caso è irrimediabilmente inquinato da un afflato emozionale difficilmente scansabile, complice la scoperta e la lettura di queste storie durante un periodo della mia adolescenza in cui i fumetti che uscivano in edicola si contavano sulle dita di una mano.
Era il luglio del 1983, quando la prima storia raccolta in questo volume fece la sua comparsa in Italia, sulle pagine della rinnovata Eureka! diretta da Alfredo Castelli e Silver. La particolarità di quella conduzione editoriale, durata solo un anno, si traduceva in redazionali vulcanici che mettevano al centro un continuo dialogo e ammiccamento col lettore. Le burle, gli inside jokes, l’ironia tagliente, i numeri quasi sempre a tema, facevano sì che la rivista fosse una vera manna per lettori avidi come il sottoscritto. I fumetti presentati poi erano quasi tutti di ottima qualità. Tra questi, appunto, I Professionisti di Carlos Giménez.
In questa serie, attraverso l’uso dell’ironia, dell’umorismo, della caricatura, si raccontano in sostanza le vicende di un gruppo di fumettisti a Barcellona negli anni sessanta, all’interno dell’agenzia Creaciones Illustradas. Tutti gli aneddoti sono veri, avverte l’autore, uno dei più importanti fumettisti spagnoli degli ultimi trent’anni. Anche se, aggiungo io, sfido chiunque a dimostrarmi che non abbia giocato con l’iperbole al momento di scriverli e disegnarli. Lo stesso autore infatti, nella prima vignetta della prima storia, dichiara di non aver la pretesa di raccontare la biografia di nessuno o nemmeno di imbarcarsi in un lavoro che spetterebbe a uno storico. Vero è che pur esagerando e spingendo l’accelleratore nel raccontare episodi assurdi, divertenti e a volte patetici, traccia un ritratto felicemente impietoso di un piccolo mondo chiuso all’interno delle quattro mura di un’agenzia fumettistica, realmente esistita col nome di Selecciones Illustradas. Le locations precisamente disegnate, il modo di pensare, i sogni, le aspirazioni, la presenza silenziosa e incombente della dittatura militare ci portano direttamente indietro di quarant’anni, ancora oggi con estrema efficacia. Se non è un lavoro biografico, è solo per il registro adottato. Ma poco ci manca.
Ancora più precisamente, questa serie è il ritratto sui generis di una generazione di fumettisti nella Spagna ai tempi del Franchismo, raccontati come se fossero un residuo di proletariato, tanto in fondo era (e in parte ancora è) lavorare nella catena industriale dell’intrattenimento. Come se questi personaggi, con la loro voglia di riscatto e il desiderio di emergere da un’apatia indotta dalla dittatura, sostassero su uno dei gradini più basi della scala sociale e non importa che facessero o meno un mestiere creativo, che non si sporcassero le mani in fabbrica o non si spezzassero la schiena nei campi. Importa che facessero ciò per vivere e per migliorare la propria condizione. E se l’arte, anche quella “bassa”, permette di intravedere un riscatto se non altro morale, è anche vero che dietro la goliardia e l’esuberanza di questi mestieranti del fumetto si cela, neanche troppo velata, la condizione di forzati del tavolo da disegno, ingranaggi di una macchina produttiva che non si può fermare.
Questa condizione, di cui si deve far conto, colpisce per tutta la sua durezza. Il mestiere è fatica, abnegazione, sacrificio. Tutto ciò lo vediamo scritto e disegnato, ma nel leggere queste pagine ridiamo, a volte amaramente, a volte di gusto, perché Giménez sceglie come registro narrativo la commedia, anche grottesca, per esagerare e per far diventare leggenda quella che è semplice memoria, caricaturizzando i suoi colleghi dei quali cambia sistematicamente il nome. Si capisce il perché di questa scelta, al di là di un’ovvia cautela legale. Giménez sa dal principio che questi episodi possono essere universali e quindi sa che i mille sotterfugi per non mancare una scadenza, le piccole truffe per ricopiare il già ricopiato, sono per forza uguali in ogni agenzia fumettistica o in ogni simile ambito lavorativo. Del resto chi si voleva riconoscere non avrà fatto molta fatica.
È indubbio che la nostalgia, l’amarcord, la commedia, sono elementi che compongono queste pagine. Un disegno tra il realistico e l’umoristico, un po’ diverso dal semplice caricaturale, e una narrazione senza fronzoli, ma molto densa di dialoghi, di battute al vetriolo, di situazioni assurde. Racconti mediamente brevi, ma pieni e zeppi di aneddoti, situazioni rocambolesche e un po’ surreali, in cui ogni personaggio recita sempre sopra le righe. Un esercizio della memoria distorto per renderlo ancora più vivido di quanto probabilmente è stato.
A completare il viaggio in questo microuniverso esemplare, possiamo leggere in questo primo di due volumi degli scritti critici che inquadrano meglio, e questa volta in maniera documentale, l’epopea della Selecciones Illustradas e dei fumettisti che ne hanno fatto parte.
Pur col suo bagaglio linguistico un po’ datato e un tipo di narrazione che oggi difficilmente si userebbe (purtroppo, per quanto mi riguarda) queste storie a distanza di venticinque anni dalla loro apparizione mantengono inalterata la loro forza divertente ed evocativa.
Un volume imprescindibile, di cui speriamo di vedere presto il seguito.
Riferimenti
Il sito di Carlos Giménez: www.carlosgimenez.com
Il sito della Black Velvet: www.blackvelveteditrice.com