Chi è Peer Meter
Nato a Brema nel 1956, Peer Meter è non solo autore per il teatro, saggista e scrittore di racconti brevi, ma anche uno dei più importanti sceneggiatori di fumetti in Germania. Nel 1976 fonda, insieme ad altri autori, il magazine Com-Mix. Nel 1988 inizia il suo viaggio nelle storie dei serial killer tedeschi, con una serie di volumi illustrati dal talentuoso Christian Gorny, che gli valgono la prima candidatura ai Max und Moritz Preise. La serie dei serial killer prosegue anni dopo per Carlsen Verlag, questa volta in collaborazione con alcune delle migliori fumettiste tedesche: nel 2010, insieme a Barbara Yelin, realizza Gift, storia dell’assassina di Brema Gesche Gottfried (vera e propria ossessione di Meter, che a lei ha dedicato un libro, due saggi, un audiolibro, una pièce teatrale e un film nel 2019). Sempre nel 2010 realizza Haarmann (disponibile in italiano per Black Velvet), in coppia con Isabel Kreitz, nel quale riprende la storia del serial killer Fritz Haarmann già raccontata con Gorny. Sia Haarmann che Gift vengono nominati ai Max und Moritz Preise, e il primo vince il Münchener Comicpreis e il Sondermann-Preis alla Fiera del Libro di Francoforte. Nel 2014 conclude la sua trilogia con Vasmers Bruder, storia del cannibale di Münsterberg Karl Denke realizzata insieme a David von Bassewitz. Oltre ai racconti di serial killer, nel 2012 produce con Gerda Raidt Böse Geister, che ha per protagonista la sua Brema e in particolare il quartiere di Gröpelingen.
Chi è Isabel Kreitz
Attiva da quasi trent’anni nel mondo del fumetto, Isabel Kreitz inizia la sua attività frequentando l’università di Amburgo per poi passare un semestre presso la Parsons School of Design di New York. Tornata in Germania, inizia a lavorare su alcune strisce a fumetti come Ottifanten e Heiß und Fettig per il settimanale BILD. Nel corso della sua carriera ha realizzato più di 30 opere per alcune delle più importanti case editrici tedesche. Tra i fumetti più significativi ricordiamo: la serie di Ralf per Zwerchfell Verlag (dal 1994 al 2003), gli adattamenti dei libri per bambini di Erich Kästner, Sushi Entdecken (2004, con Junko Iwamoto, Carlsen Verlag), Die Sache mit Sorge (2008, basato sul documentario di Frank Giese, Carlsen Verlag), Haarmann (2010, con Peer Meter, Carlsen Verlag), Deutschland. Ein Bilderbuch (2011, DuMont Verlag), Überall Gespenster (2018, Aladin Verlag). Questi lavori sono stati premiati con alcuni dei più importanti premi del fumetto tedesco: oltre ai già citati riconoscimenti per Haarmann, si ricordano il Deutscher Comic-Preis del Festival internazionale del fumetto di Amburgo nel 1997, il Max und Moritz per la miglior opera per ragazzi (35 di maggio, 2006, Cecilie Dressler Verlag) e il Max und Moritz Preis per la miglior artista tedesca nel 2012, nonché il Wihlem Bunsch Preis nel 2019.
Haarmann: la banalità del male
1924, Hannover. Alcuni bambini ritrovano resti umani nel fiume Leine. Dalle indagini della polizia, molte altre ossa vengono ritrovate più a valle, ma gli investigatori brancolano nel buio, non riuscendosi a spiegare che cosa sia successo e quando. Nessuno può sospettare di Fritz Haarmann, uomo particolare, amante di giovani prostituti che vive di piccoli contrabbandi ma che è anche un informatore della polizia. La misteriosa scomparsa di un ragazzo in viaggio verso Monaco porta alla luce la verità sull’uomo, uno psicopatico dedito a violenze sessuali, omicidi e atti di cannibalismo. Uno dei primi e più inquietanti casi di serial killer, passato alla storia con il nome de “Il macellaio di Hannover” o “Il licantropo di Hannover”. Peer Meter, esperto di serial killer, imposta la sua storia partendo propri dai ritrovamenti dei resti umani, fino alla rivelazione dei crimini commessi da Haarmann. Con una impostazione documentaristica più che romanzesca, lo scrittore segue con un ritmo lento e attento ai dettagli più macabri il percorso sanguinario dell’uomo, le sue perversioni, come quella per il sesso violento con giovani ragazzi, ma anche il suo volto pubblico di insospettabile, uomo benvoluto perché attivo sul mercato nero con la vendita di vestiti (delle proprie vittime) e carne (presumibilmente umana, elemento mai completamente appurato dalle indagini).
L’inquietudine del racconto nasce proprio da questa dicotomia, quella dell’uomo qualunque, magari peculiare nel modo di porsi con la gente, ma al di sopra di ogni possibile sospetto, anzi stimato dalle classi povere della città e anche dalla polizia, che apprezza la sua attività di informatore. Un uomo che nasconde in verità un volto famelico e crudele, che esplode nel bel mezzo di una quotidianità indifferente, quella di uomini e donne che con lui interagiscono e che non si accorgono di niente. La narrazione mostra senza soluzione di continuità questi due aspetti, che vengono pian piano arricchiti da altri elementi, come le leggerezze della polizia e i crescenti sospetti dei vicini. Lo stile di Peer Meter, così come i disegni dettagliati e realistici di Isabel Kreitz, non solo racconta con precisione gli eventi, ma riesce a ricostruire con grande dovizia di particolari le atmosfere, gli usi e i costumi dell’Hannover di inizio ‘900, la sua sporcizia, le sue architetture, le sue differenze sociali (anche attraverso l’interessante e realistico uso di dialetti locali, lontani dall’ “Hochdeutsch”), l’intreccio tra classi povere e ricche messe in ginocchio dalle difficoltà economiche post-belliche.
Ciò che purtroppo manca completamente all’opera sono le componenti psicologiche ed emotive, quelle capaci di rendere la storia veramente coinvolgente ed differenziarla da una semplice cronaca. La psiche di Haarmann non è mai indagata dalle domande e dalla curiosità dell’autore, non ci sono momenti di sospensione dell’azione per lasciar spazio all’introspezione del personaggio o all’analisi socio-psicologica di alcuni elementi controversi della vicenda, in particolare quelli che coinvolgono il mondo che ruota attorno al protagonista. Anche il ritmo risulta piatto, incapace di creare momenti di vera tensione, di sorpresa o anche solo di disturbo: tutto scorre troppo velocemente e monotonamente.
A questa piattezza sopperisce in alcuni casi l’arte narrativa di Isabel Kreitz, che di tanto in tanto riesce a far rallentare le scene e a far concentrare l’attenzione su alcuni particolari (un pezzo di carne in putrefazione, un teschio, uno scorcio prospettico) che evocano un’atmosfera disturbante. In generale, però, la scelta di una divisione della pagina in tre segmenti orizzontali irrigidisce troppo la narrazione, contribuendo al senso di monotonia del racconto. Anche il tratto dell’artista mostra una scissione: l’uso della matita leggera, del tratteggio e dei toni di grigi permette a Kreitz di ricostruire in maniera attenta e affascinante l’atmosfera di Hannover, ma alcuni errori (talvolta grossolani) nella rappresentazione delle espressioni dei personaggi, se in alcuni casi creano un senso di orrore puro (non si capisce quanto voluto), in molti altri smorzano completamente l’effetto drammatico. Un difetto, questo, che è andato pian piano a scomparire in altre opere successive dell’artista, che ha dimostrato una crescita importante del proprio stile.
In conclusione, Haarmann è un’opera non propriamente riuscita, stimolante da un punto di vista storico e culturale, ma che non riesce ad andare oltre alla lettura cronachistica di una vicenda terrificante, che potrebbe mettere in luce vari aspetti oscuri e ambigui non solo della natura umana, ma anche della nostra società.
Abbiamo parlato di:
Haarmann
Peer Meter, Isabel Kreitz
Traduzione di
Black Velvet, novembre 2012
176 pagine, brossurato, bianco e nero – 15,00 €
ISBN: 9788896197509