Toni Alfano, pittore, disegnatore, grafico e illustratore editoriale (sue tutte le copertine per la Neo Edizioni), compie con Pompei un passo importante e di certo non scontato nel mondo del fumetto.
Uscito lo scorso 22 settembre per la Neo Edizioni, Pompei è il primo graphic novel dell’artista milanese, una scelta significativa e che riflette forse il desiderio di ricondurre le molteplici ispirazioni di un percorso artistico maturo ad un unicum organico, che sia allo stesso tempo un oggetto d’arte e un oggetto popolare, tascabile. Una scelta difficile, coraggiosa, poiché il fumetto è un medium con la sua storia, con le sue regole interne, elastiche, ma alle quali il linguaggio delle Belle Arti (anche se “Brut”) di certo non s’adatta naturalmente.
Il percorso lavorativo e artistico dell’autore si incontrano qui, sovrapponendosi, fin dalla prima pagina. Colpiscono particolarmente i rimandi all’Art Brut, l’arte del bisogno e dell’immediatezza espressiva, che nasce, nella definizione del pittore Jean Dubuffet, dall’istinto creativo dei non professionisti e negli ospedali psichiatrici.
La soluzione di Alfano è allora un’unità intesa più nel senso dinamico di affiancamento e sovrapposizione di livelli e codici che, nel loro avvicendarsi e intersecarsi, mirano ad un’ideale fusione la cui possibilità è il vero interrogativo del viaggio.
Questo processo che viene messo in atto, visivamente accattivante, emotivamente provocatorio, ne rende difficile e tortuosa la lettura, disomogenei i capitoli: giacché nulla succede, non abbiamo spesso appigli per comprendere il senso di ciò a cui stiamo partecipando. L’unica, vera chiave di lettura ci viene fornita dalla definizione dell’opera come “romanzo grafico di formazione”, dal suo titolo e dall’epigrafe dell’autore.
Pompei è una città, un mito, un simbolo. Ma la città sepolta sotto cenere e lapilli nel 79 d.C. si relaziona direttamente con quello che è il nostro quotidiano, composto e decomposto da “identificazioni, illusioni”, destinate ad essere infine “riassorbite nella forza che le ha generate: il sogno”.
Toni Alfano – che lavora da anni nell’ambito delle terapie non farmacologiche e delle cure palliative attraverso l’uso dell’arte –ci vuole condurre in un viaggio intimo e profondo, di scavo, di lotta, di smascheramento e riscoperta continua del Sé.
Il viaggio è suddiviso in cinque capitoli, tanto diversi da sembrare quasi racconti a sé stanti: pezzi di uno specchio che insieme, forse, riflettono un’unità smembrata. Ognuno di questi capitoli è introdotto da una breve citazione, che dà importanti suggerimenti al lettore, arricchendone l’esperienza.
Al titolo del primo capitolo, “Io non esisto”, segue ad esempio una citazione tratta da un testo sacro della religione Vedica, un testo in cui è centrale la riflessione, nella presa di coscienza della realtà interiore.
Subito dopo, girando la pagina, precipitiamo in un mondo a tre colori, nero, rosso e bianco, denso di simbologie, di richiami all’iconografia occidentale e orientale. Qui la voce narrante affianca le immagini e la componente testuale si presenta come nettamente separata da quella visiva, creando un effetto straniante, polifonico.
Una scissione si riscontra anche nei molteplici livelli grafici, ripercorribili seguendo le scelte cromatiche: a una base nera si sovrappongono linee rosse che “giocano” con l’inaspettato. È questa una cifra stilistica ricorrente nell’opera.
Gli accostamenti dissonanti, provocatori, i riferimenti a culture altre, a terre lontanissime e una sorta di misticismo pop, smantellano l’immaginario politico e pubblicitario di cui è composto il quotidiano. In questo modo, ognuna delle vignette di cui si compone questa prima parte del percorso narrativo è densissima, di difficile lettura. Una vera sfida interpretativa.
Il secondo capitolo, “Transumanar riorganizzar”, conservando la dimensione onirica, speculativa e introspettiva, ne smussa i toni, ne allenta le maglie, sintetizzando anche le scelte espressive. La scrittura si personalizza, rimpicciolisce lo spettro di rimandi. Sintetico all’estremo, solo in alcuni punti il ritmo si fa più incalzante. In conclusione del capitolo, compare Pompei, un memento.
Il terzo capitolo, “Onironautica”, interamente a matita e in scala di grigi, si suddivide in quattro parti e racchiude tematiche molto diverse, la morte, l’illusione, il ricordo di esperienze familiari. L’incontro con la figura femminile, madre, nemica e compagna crea lo spazio per la speranza per il motivo dell’unione.
Il tratto di Toni Alfano è qui particolarmente potente: la ricerca della verosimiglianza ci permette di affondare con più decisione ed empatia nell’onirico e nell’oscuro che si son fatti quasi palpabili.
Nel quarto capitolo, “Zeppelin”, si ritorna ad uno stile grafico più sintetico e alla tricromia. Le immagini rievocano la storia e la cultura cinese contemporanea, sospesa tra realtà e mito come se ne sta sospeso anche lo Zeppelin in cui viaggiamo con l’io narrante alla scoperta del significato della paura.
Con l’ultimo capitolo, “Molok. La sorgente”, si chiude il percorso: ci riappacifichiamo con il paradosso, la convivenza del Sé e con il suo contrario. Gli spazi si dilatano, l’orizzonte si spalanca e torna prepotente l’inseguimento dell’unità. Il cerchio, anche graficamente, si chiude.
L’effettiva riuscita e le condizioni di questa sono soggettive, poiché, per quante parole si possano spendere, e per quante volte la si possa rileggere, Pompei rimane un’opera misteriosa, personale.
Chi ne riesce a percorrere tutti i rimandi, con pazienza, vi trova e vi lascia un parte di sé.
Abbiamo parlato di:
Pompei
Toni Alfano
Neo Edizioni, settembre 2014
131 pagine, brossurato, colore – 17,00 €
ISBN: 9788896176276