Mushishi di Yuki Urushibara: il misticismo della natura

Mushishi di Yuki Urushibara: il misticismo della natura

Mushishi ci trasporta nel Giappone rurale e leggendario assieme a Ginko, un curatore girovago che ha il potere di vedere i Mushi, insetti-spirito portatori di misteriose malattie. Storie in delicato equilibrio tra grande fascinazione della natura e inquietudine strisciante

Mushishi, la prima opera di Yuki Urushibara, nata il 23 gennaio 1974 nella prefettura di Yamaguchi, ha vinto diversi premi: nel 2003 l'Excellence Prize al Japan Media Arts Festival, nel 2006 il premio di Miglior Manga al Manga Award.  Dato il successo, esiste anche una versione anime (serie a cartoni animati) in 26 episodi, un film del 2006 diretto da Katsuhiro Otomo, presentato al Festival del cinema di Venezia, e un per Nintendo DS.

Il manga è composto di brevi storie autoconclusive su queste presenze sconosciute dette Mushi. I Mushi sono invisibili all'occhio umano, in quanto creature di una diversa dimensione vicina al cuore della natura e della vita. Filo conduttore dei racconti è Ginko, protagonista del cui passato poco ci è dato sapere; egli gira il Giappone come una sorta di sciamano curatore, il Mushishi appunto, grazie alla sua capacità di riconoscere quando una malattia umana è causata dal Mushi, e in questi casi mitigarne gli effetti.

Le creature, i Mushi, e il protagonista sono originali creazioni dell'autrice, la quale si rifà all'immaginario collettivo giapponese legato soprattutto allo shintoismo. In questi esseri indeterminati mi sembra di riconoscere i Kami, gli spiriti naturali delle cose e degli antenati, mentre Ginko ricorda il sacerdote shinto, colui che è capace di far tornare l'equilibrio tra uomo e Mushi, rappresentanti della natura/vita.
Queste creature misteriose sono assimilabili a microbi. Né buone né cattive, non hanno una mente pensante ma puro istinto di vivere: se uccidono e distruggono lo fanno perché così devono e questo li rende ancora più terrificanti.
Fossero crudeli e malvagi li potremmo contrastare con foga e ideali. Ciò porta a riflettere su quale diritto abbia l'uomo di giudicare e decidere cosa siano il bene e il male. Un misticismo della natura che ci fa piacevolmente ritrovare l'atmosfera dell'Enciclopedia dei Mostri giapponesi di , in cui il famoso mangaka elenca gli youkai giapponesi, le loro caratteristiche e le loro storie.

Peccato che poco sia svelato della storia di Ginko, lasciando così la traccia che unisce i racconti molto flebile. Del passato del protagonista abbiamo saputo quel tanto che bastava per suggestionarci, non troppo, forse non abbastanza, ma così è rimasta l'aura di ciò che accadde e non la sua spiegazione, e questo aiuta la fantasia. Alla maniera giapponese, l'autrice si sofferma sul sentimento delle persone più che sul chi, come, quando.

I racconti sono infatti delicatamente coinvolgenti, poetici e incentrati sui sentimenti. Spesso sono profusi di tristezza, ma manca quel pizzico di coraggio nel lasciar soccombere il personaggio, per alzare il tono tragico e donarci qualche brivido in più. Verso i numeri finali la drammaticità aumenta: sia Ginko che i protagonisti sembrano riconciliati con loro stessi e con questo mondo altro, mentre le loro storie diventano di accettazione più che di ribellione.
Racconti molto giapponesi anche nel lasciare spesso nell'indeterminato la conclusione, nel non essere del tutto “logici” e completi ma credibili malgrado parlino di fantastico, nel portarci alla sospensione della credulità.

Gli episodi del manga, dai toni sovrannaturali con un tocco horror, emanano un'atmosfera rarefatta, in delicato equilibrio tra grande fascinazione della natura e inquietudine strisciante che permane nel tempo. Insinuano il dubbio che ci sia qualcosa là fuori che sfugge alla nostra comprensione e, soprattutto, al nostro controllo. Si tratta però di una tensione più suggerita che manifestata.
A sottolineare questa suggestione è anche l'incerta collocazione temporale dei fatti. Sembra di trovarci in un Giappone preindustriale, persi nei secoli passati quando la natura influenzava la vita dell'uomo e non viceversa. Infatti a distinguere gli episodi sono spesso i luoghi e le stagioni: il nevoso inverno, la primavera rigogliosa, l'estate con siccità o piogge estreme, l'autunno malinconico. Invece è tipica l'onnipresenza dell'acqua, sia essa lago, fiume, stagno, mare o nube.

Il disegno è tratteggiato senza nette campiture, accenna più che delineare e resta impreciso sulle persone, per esempio i volti si assomigliano molto e una certa inesperienza si evidenzia nel disegno di piedi e mani. L'autrice riesce col suo tratto a sovrapporre paesaggio, sentimenti, sensazioni e immagini, ma è decisamente più a suo agio nel disegnare i rigogliosi sfondi naturali in cui riflette l'atmosfera sospesa, indefinita e sfumata della storia.
Bellissime le copertine in cartoncino avorio ruvido e disegno acquerello che si estende anche nei risvolti, come pure le pagine a colori all'inizio di ogni volume. Toni sempre delicati e natura imperante.

Consigliato a tutti i cultori del Giappone classico, a chi ama le atmosfere onirico rurali e malinco-nipponiche. E a chi ha amato questo fumetto do anche un suggerimento: leggere la delle Sirene di Rumiko Takahashi edita diversi anni fa, similmente onirica ma più orrorifica. Sempre parlando di somiglianze e suggestioni, ho riconosciuto altre contaminazioni tra arti varie in Miyazaki di Mononoke Hime, e nelle atmosfere del videogioco Project Zero 2.

Abbiamo parlato di:
Mushishi vol. 1-10
Yuki Urushibara
, 2009-2010
256 pagine, brossura, bianco e nero con pagine a colori – 7,00€ cadauno

Riferimenti:
Star Comics: www.starcomics.com

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