Tradurre la biografia di un personaggio noto in un altro linguaggio artistico, sia esso fumetto, romanzo o narrazione cinematografica, non è certo una delle operazioni più semplici. Da un lato bisogna dare il giusto peso agli snodi biografici più importanti, dall’altro è necessario costruire una storia che sia credibile anche dal punto di vista narrativo.
Se questo è il primo e più evidente rischio nell’approcciarsi a un racconto biografico, possiamo dire subito che Mark Rothko. Il miracolo della pittura, la “graphic biography” di Francesco Matteuzzi e Giovanni Scarduelli pubblicata da Centauria, riesce a eludere abilmente questo cul-de-sac.
Il rischio di scadere nel racconto oleografico o, viceversa, nell’infinita catena di episodi e gesti simbolici era in effetti un problema concreto nell’approcciarsi alla vita di Mark Rothko (1903-1970). Pittore di enorme spessore, complicato, estremamente esigente con sé stesso e – di conseguenza – col pubblico, Rothko è stato uno dei protagonisti della pittura americana alla metà del secolo scorso. Lui che americano non era – era nato nella città russa di Dvinsk, nell’attuale Lettonia – sarebbe arrivato tardi alla pittura, ma con una caparbietà e una dedizione tali da farlo emergere nella New York degli anni Cinquanta come una delle colonne portanti del cosiddetto Espressionismo Astratto – etichetta mai accettata dall’artista – accanto a nomi come Jackson Pollock, Willem de Kooning, Franz Kline o Robert Motherwell, per citarne solo alcuni.
Più che inglobarlo in una formula esatta, Rothko si potrebbe definire con “ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”, come ha scritto di recente Gregorio Botta, citando una nota poesia di Montale [G. Botta, Pollock e Rothko. Il gesto e il respiro, Einaudi 2020, p.104]. Sarebbe infatti impossibile tradurne in poche righe di immediata lettura tutta la complessità delle sue enormi tele, superfici immersive in cui i colori pulsano, respirano, catturando l’osservatore in un dialogo del tutto astratto ma estremamente coinvolgente.
Matteuzzi e Scarduelli, infatti, sembrano aver ben presente questo rischio. Il loro libro, infatti, tenta consapevolmente un’altra strada rispetto alla semplice raccolta di fatti, quella molto più accattivante della suggestione.
Il racconto a fumetti sceglie dunque pochi e decisivi momenti, lasciandone fuori altri: inutile cercare fra le sue pagine i complessi dibattiti della critica d’arte del tempo, le continue e sfibranti rivalità o simpatie fra personalità artistiche tanto diverse e spigolose. In fondo per (tentare di) capire l’arte di Rothko è necessaria una profonda immersione nei suoi scritti e in quelli della critica, per poi vivere, respirare Rothko davanti alle sue grandi tele. L’espediente narrativo, la scintilla che dà vita al racconto, è qui il dialogo impossibile fra il piccolo Markus Rothkowitz, testardo e caparbio, con l’ormai adulto e disilluso Mark Rothko, sagome ritagliate su un fondo rosso che ricorda da vicino le superfici dipinte dall’artista. Le due età dello stesso personaggio provano a confrontarsi fra loro restituendo il percorso biografico. È così che seguiamo la famiglia Rothkowitz dall’arrivo sulla costa orientale americana alle fasi di crescita e di formazione. Il lutto paterno di Markus, le prime esperienze all’università di Yale, poi il progressivo avvicinamento alla pittura: Max Weber lo aggancia al cubismo europeo e via indietro fino a Cézanne; Milton Avery gli mostra il potere del colore campito e uniforme. Poi le prime esposizioni, i primi fallimenti, in arte e in amore. I documenti che lo rendono cittadino americano, Rothkowitz che diventa ufficialmente Rothko, e la gioia sottile della paternità.
Giovanni Scarduelli disegna tavole di chiara lettura, segni di immediato realismo che accompagnano la storia senza spostare l’attenzione dal racconto. Piuttosto è la palette cromatica che si incarica di datare cronologicamente gli eventi a un passato non troppo lontano ma certamente anti-pop, come anti-pop avrebbe vissuto lo stesso Rothko, un “romantico del Nord”, secondo Robert Rosenblum [R. Rosenblum, La pittura moderna e la tradizione romantica del nord, 5Continents 2006]. Poi, come si diceva, i rossi ritornano tenui a far galleggiare i dialoghi fra i due Rothko in “un vuoto risonante”, dirà sempre Rosenblum, dando l’idea che quello spazio, nato astratto, può forse essere, per una volta, lo spazio concreto in cui avviene il dialogo impossibile.
Ma il finale, in questo percorso narrativamente lineare nella sua pur intuibile complessità, è sospeso: i due autori, come ultimo segno di rispetto verso l’enormità dell’uomo raccontato, eludono la tragica fine lasciando nel lettore quella sospensione che rende la parabola di Mark Rothko un gesto incompiuto e per questo, forse, immortale.
Abbiamo parlato di:
Mark Rothko. Il miracolo della pittura
Francesco Matteuzzi, Giovanni Scarduelli
Centauria, 2020
128 pagine, cartonato, colore – 19,90 €
ISBN: 978-8869214486