La fossa dei ribelli è un fumetto edito da Dynit, sceneggiato e disegnato da Mario Tamura. Possiamo definirlo un thriller in cui si mescolano fantascienza, politica e distopia, in uno scenario post-apocalittico.
Nel territorio che prima della guerra nucleare era occupato dal Giappone, quattro ragazzi cercano di sopravvivere alla dura realtà del 2187, mostrata attraverso le azioni di individui potenti, corrotti ed egoisti. Tra loro emerge in particolare Sorao: a suo agio con la tecnologia, è iroso e violento, ma nasconde generosità e senso di giustizia. Egli guida il gruppo dei giovani che non accettano le due opzioni offerte dallo stato: diventare burocrati e ufficiali dell’esercito oppure morire come spazzatura.
Dietro un’estetica dei personaggi affine agli shonen manga, rintracciabile sia nell’abbigliamento che in alcune espressioni facciali esasperate, si cela un racconto esplicito, adulto e crudo, nel quale l’autore mette in luce le prepotenze e le debolezze di un governo sempre pronto a ricorrere alla coercizione, ma inadatto ad affrontare le situazioni di crisi.
Dopo una serie di sequenze enigmatiche, figlie di un incipit in medias res che non approfondisce il contesto e che richiamano Blame! di Tsutomo Nihei, la trama si discosta dalla tematica del viaggio in un mondo strano e imbocca la strada della fuga da un inferno concretizzatosi sulla Terra.
La narrazione di Tamura procede sotto forma di una corsa rocambolesca con pochissime pause, costituite da rari momenti di leggerezza, nei quali i protagonisti sembrano ricordarsi di essere adolescenti. Con la responsabilità di salvare il mondo orientale, ma pur sempre adolescenti. Non c’è spazio per le spiegazioni didascaliche, ogni chiarimento è affidato ai dialoghi e alle immagini: le sequenze mute indagano i paesaggi e accelerano ulteriormente lo svolgimento degli eventi.
In una società che non si preoccupa di nascondere i propri eccessi, ma che zittisce qualunque voce cerchi di uscire dal coro, le esecuzioni dei sovversivi e, in generale, la violenza più brutale e i perversi giochi sessuali imposti a chi non obbedisce diventano momenti di spettacolo educativo e catartico; le mutazioni degli esseri viventi e la tecnologia si trasformano in efficaci strumenti al servizio della politica e del complottismo. Come sopravvivere? Il mangaka risponde seppellendo i buoni sentimenti dei membri della resistenza sotto molti strati di cinismo, noncuranza e ostilità. La trasparenza e la correttezza sono bandite dai rapporti tra le persone, perché andrebbero a scalfire il dominio dell’esagerazione.
Tra gli animali, godono di grande importanza simbolica i ragni. Il corpo nero e le otto zampe ricorrono spesso nelle vignette, con funzioni diverse: non solo sono un marchio commerciale o creature mutate dopo la guerra nucleare, ma anche metafora del controllo che il governo esercita sulle vite dei cittadini. Un chiaro esempio è offerto da Yuan e Cherry, fratelli incestuosi dalle sorti opposte: il primo, evidentemente squilibrato e forse proprio per questo motivo vicepresidente dello stato, impone rapporti sessuali estremi alla seconda, umile prostituta nel quartiere del piacere ubicato sotto terra, e ne controlla i movimenti attraverso uno strumento a forma di aracnide.
Per inquadrare questo scenario moralmente desolato, Tamura utilizza una regia dinamica, optando per un montaggio nervoso, con inquadrature anche diagonali, da cui emergono i primi piani. In alcune vignette lo zoom permette di cogliere un unico particolare, mentre in altre è difficile capire cosa l’autore voglia rappresentare, anche a causa della sovrapposizione di trattini che vanno a “sporcare” il bianco e nero, onomatopee in giapponese, retini e sfondi neri. Nei casi, a dir la verità maggioritari, in cui la tavola si presenta più pulita, i pochi tratti cinetici e comunicativi usati per raffigurare i personaggi richiamano alla memoria i manga di Lupin III disegnati da Monkey Punch.
Mentre i luoghi chiusi trasmettono una sensazione di claustrofobia, le architetture che circondano gli spazi aperti comunicano una sfuggente indeterminazione, di cui diventano simbolo gli scheletri di pesci in movimento proiettati sui muri che ricordano alcune potenti scene del lungometraggio animato Angel’s Egg di Mamoru Oshii.
Al di là dell’interpretazione dei simboli e delle metafore, La fossa dei ribelli è un fumetto avvincente che, attraverso un ritmo rapido e dei dialoghi diretti, critica ferocemente un potere autoreferenziale, tanto forte con i deboli quanto debole con i forti. Tamura, però, non offre un’alternativa oltre la fuga, con la ribellione che prende la forma di una distruzione della quale la ricostruzione non è naturale conseguenza.
Abbiamo parlato di:
La fossa dei ribelli
Mario Tamura
Traduzione di Federica Lippi
Dynit, giugno 2018
416 pagine, brossurato, bianco e nero – 26,90 €