Presentato della spettacolare copertina di Francesco Giani, ha esordito a Cartoomics 2018 Dysne*cide, il settimo e ultimo capitolo di Paranoid Boyd, lisergica serie ideata da Andrea Cavaletto e pubblicata da Edizioni Inkiostro. Per l’occasione, il volume è più corposo dei precedenti, ben 96 pagine in brossura, necessarie a Cavaletto per portare a compimento l’opera iniziata nel 2015.
Un viaggio allucinante
Parlare di trama per Paranoid Boyd non è per niente facile.
Non perché sia un fumetto scritto male, tutt’altro, ma perché, per stessa ammissione dell’autore (anche nell’intervista che abbiamo realizzato per l’occasione) l’obiettivo era creare una serie che potesse essere fruita su vari piani di interpretazione, in base al “livello di paranoia” proprio di ciascun lettore.
La cifra stilistica dell’intera opera è quella di mantenere un equilibrio piuttosto precario sul confine tra realtà e delirio, alquanto labile e spesso difficile da interpretare all’istante.
Pertanto, è facile ritrovarsi ripercorrere a ritroso le pagine appena lette, oppure a sfogliare anche i numeri precedenti, per cercare di collegare correttamente le sottotrame di un disegno generale comunque coerente, che però necessita di una lettura attenta per essere goduto appieno.
Varietà artistica
Paranoid Boyd si è sempre contraddistinto per la varietà nei disegni. Cavaletto si è avvalso di una scuderia di disegnatori dagli stili differenti, composta da autori navigati o meno, in una eterogeneità stilistica che è infine assurta a caratteristica distintiva della serie.
Anche in quest’ultimo numero sono presenti quattro matite: oltre al copertinista Francesco Giani, si alternano Ester Cardella, Cristiano Sartor e Simona Simone.
Le tavole di Giani si caratterizzano per l’elevata complessità, realizzate con una tecnica che risulta una commistione perfetta tra ricerca del realismo e atmosfere oniriche, ottenuta con una quasi totale assenza di neri profondi e linee di contorno, in favore di una scala di diverse tonalità di grigio e figure che emergono dagli sfondi proprio grazie a un certosino utilizzo delle gradazioni; il risultato, di cui la cover è un perfetto biglietto da visita, è altamente suggestivo.
A Giani seguono poi Ester Cardella e Cristiano Sartor.
La giovane autrice siciliana, riconoscibile dal tratto piuttosto marcato e dal caratteristico stile ricco di puntinature e graffi che impreziosiscono le campiture di nero, realizza delle tavole che tradiscono in certi frangenti riguardo alla coerenza nelle anatomie e nelle espressività dei volti, ma che dimostra grande potenziale nella scelta delle inquadrature, soprattutto quando può spaziare nelle misure più grandi, come nella notevole doppia splash di pp. 20-21 e nella grande e inquietante vignetta di p. 34.
A Cristiano Sartor il compito di disegnare buona parte del corpo centrale dell’albo, con un segno forse eccessivamente grezzo ma arricchito da un buon utilizzo dei grigi.
Lo stile di Simona Simone è quello più classico e immediato dei quattro, il tratto preciso dell’autrice campana accompagna il lettore all’epilogo con tavole in cui la violenza e lo splatter si palesano in maniera esplicita, senza però far mancare interpretazioni più visionarie, come la splendida tavola di pag. 78.
This is the end
Analizzando il primo ciclo di numeri, avevamo auspicato da un lato una narrazione coerente, dall’altro uno sviluppo compiuto del background del protagonista.
Riguardo al primo aspetto, se nei numeri 5 e 6 la narrazione è risultata fluida solo a metà, in quest’ultimo Cavaletto ha dimostrato di poter spingere molto riguardo alla complessità della trama e contemporaneamente di saper mantenere compiutezza, attraverso una tecnica di narrazione piuttosto avanzata, giocando con lo spazio e con il tempo, toccando diversi luoghi e utilizzando salti temporali. Mantenere una molteplicità di linee di lettura dev’essere stata la sfida più grande per l’autore, considerando soprattutto che, per quanto precario, l’equilibrio fra di esse è stato mantenuto fino alla risoluzione, che impreziosisce l’opera e ne rappresenta il degno finale, contraddistinta com’è da diverse possibili interpretazioni, che possono confermare o in un colpo ribaltare quanto dato per assodato fino alla chiusura.
Chiudendo il volume, possiamo affermare che anche le aspettative sul protagonista sono state esaudite. Nel tempo, Will è cresciuto come personaggio, sia in senso strettamente tecnico di scrittura, sia per la capacità di creare immedesimazione, tanto che non è difficile riconoscersi nell’affettuoso saluto che il suo creatore ha voluto dedicargli al termine dell’albo.
Pananoid Boyd è stata una serie innovativa, che sotto l’ombrello della psicosi paranoide del protagonista ha saputo far coesistere diverse anime horror, fino a ottenerne una sui generis, composta da una miscela di gore e horror psicologico, inserita nel contesto di un intricato thriller cospirazionista.
Vogliamo leggere in questa ottica anche la tavola-tributo di pag. 38, che propone dodici interpretazioni del volto di Will, opera di altrettanti autori che hanno lavorato al progetto, quasi a sottolineare le possibili diverse declinazioni del personaggio.
Un plauso infine a Rossano Piccioni: la sua Edizioni Inkiostro è stata la casa ideale per un progetto così al limite, la voglia di osare di Andrea Cavaletto è stata incanalata nella giusta direzione, fino a scrivere una pagina importante per il fumetto horror indipendente italiano.
Abbiamo parlato di:
Paranoid Boyd #7 – Disne*cide
Andrea Cavaletto, Francesco Giani, Ester Cardella, Cristiano Sartor, Simona Simone
Edizioni Inkiostro, marzo 2017
96 pagine, brossurato, bianco e nero – 10,00 €
ISBN: 9788899413859