Kimera Mendax: l’incubo del domani

Kimera Mendax: l’incubo del domani

Manfont e il Collettivo Kuro Jam ci trasportano in una Roma futura in cui l’uomo ha venduto cuore e anima in cambio della libertà di essere schiavo.

Roma, 2048. Con l’avvento di KX, un sistema bio-operativo interconnesso con chiunque, una sorta di “Facebook totale”, e grazie ad appendici robotiche installate nei corpi della gente, la società del futuro sembra essere diventata pacifica e felice.

L’intrattenimento è quasi una fede, il cinema del futuro è il proprio corpo, annoiarsi è un reato, e anche se dietro a tutto c’è un regime totalitario e oppressivo pronto a lanciare un aggiornamento che fornirà controllo anche sui sentimenti e le emozioni, alla gente importa poco: basta avere qualcosa da fare, da vedere, col quale passare il tempo.

Ma nonostante la quasi totalità delle persone è ormai interconnessa, esistono ancora dei ribelli. Da una parte i pochi umani ancora privi di appendici robotiche, e dall’altra dei veri e propri rivoluzionari, che cercano di sfruttare la musica per risvegliare nell’uomo le vibrazioni naturali perse per colpa della tecnologia e degli innesti.

È da queste premesse che pare Kimera Mendax, primo volume (di 2) creato dal Collettivo Kuro Jam – composto dai disegnatori Enrico Carnevale, Mattia De Iulis, Giulia D’Ottavi, Stefano Garau e dallo sceneggiatore Gianluca Pernafelli – e ora pubblicato da Manfont. Un fumetto che non cerca l’originalità a tutti costi e non fa mistero delle sue origini cyberpunk, ma le pone al centro di un’opera che strizza l’occhio agli anni ’90, epoca in cui i romanzi di William Gibson avevano imposto un nuovo passo alla fantascienza.

È facile infatti trovare in Kimera Mendax temi ed elementi tipici di quella corrente: l’impatto dell’uomo con una tecnologia sempre più invasiva, le modificazioni al proprio corpo grazie ad appendici robotiche, l’assolutismo di governi confusi o coincidenti con megaindustrie praticamente onnipotenti, la passività della società alla quale fanno da contraltare movimenti terroristici, la ricerca di una via di fuga da una società apparentemente ideale ma che schiaccia e massifica l’individuo. Manca solo il cyberspazio: più che altro perché ormai non fa più parte dell’immaginario collettivo creato dalla moda cyberpunk, e quel senso di degradazione urbana dei bassifondi delle megalopoli. Qui abbiamo solo la Roma del futuro, peraltro indistinguibile da una città qualsiasi a parte in brevi momenti, e in parte giustificata nella sua “normalità” dalla società utopistica che vi risiede.

Riguardo la trama convivono elementi positivi e negativi. Kimera Mendax è sicuramente un progetto ambizioso che tenta di unire diversi elementi, come ad esempio la musica elettronica e l’effetto che il suono può avere sulla mente (nell’albo appare anche un libro di Gurdjeff, colui che teorizzò la presenza di onde sonore in grado di modificare la mente e guarire le malattie), proponendo inoltre un approccio “filosofico” alla natura dell’uomo, del suo ruolo nella società, e una critica al mondo che massifica, che annulla le coscienze, che crea dipendenze tramite desideri posticci. Contemporaneamente è un fumetto che cerca di imbastire una trama avventurosa fatta di indagini, sparizioni misteriose, morti violente, gruppi rivoluzionari e controllo mentale.

Tutto questo rende il lavoro ricco di spunti e idee, un’opera che non pretende di affidare tutto all’intrattenimento ma vuole fornire anche un messaggio e degli spunti di riflessione. Peccato che, forse per inesperienza degli autori, il contrasto tra le due facce del fumetto non sempre è sviluppato nel modo migliore. Il tutto a scapito della trama, a volte soffocata dai contenuti e da uno stile che, cercando di essere “elevato”, parla spesso al lettore tramite incisi, sottintesi, metafore in scene che vogliono essere eleganti ma che purtroppo non sempre contribuiscono alla leggibilità.

Se il problema sia solo di sceneggiatura, o se a esso contribuiscano dei disegni che male interpretano (forse per lo stesso desiderio di “eleganza” e stile) le indicazioni fornite, è difficile da dire. Fatto sta che alcune parti risultano confuse, interpretabili solo quando ce ne viene data una spiegazione diretta (vedi quella in cui Falena e sua sorella vengono attaccate dal drone), rallentate da riflessioni a volte astratte o eccessivamente sintetizzate (vedi le indagini di Decimo, che si risolvono in un suo vagare dopo il quale come per magia ci arrivano tutte le spiegazioni).

Un po’ di linearità in più – attenzione: da non confondersi con superficialità, leggerezza o banalità  – forse avrebbe giovato al racconto, che pare a tratti soffrire anche della tendenza a “raccontare e non mostrare”, mentre in letteratura vale il principio opposto: “Show, don’t tell”, cioè “fai vedere cosa succede invece di farlo spiegare dai tuoi eroi”.

L’imprecisione nel racconto è comunque uno dei pochissimi difetti imputabili a questo lavoro che rimane professionale e solido, abile nel tratteggiare un mondo e i suoi abitanti, corretto nella messa in scena e dal taglio moderno. Apprezzabile risulta la sua critica e condivisibili le sue conclusioni, sebbene i concetti e i contenuti restino spesso nell’ambito del già visto e potrebbero non offrire nulla di nuovo a lettori adulti, che già hanno sperimentato storie simili in anni precedenti.

Interessanti inoltre i cambi di scenario, il focus dell’azione che si sposta a sorpresa da un personaggio all’altro (uno dei punti migliori della storia) e lo sviluppo dei “cattivi” di turno, che in fondo rappresentano null’altro che diversi modi di vedere la vita, i suoi problemi e le possibili soluzioni. In questo senso, il secondo volume – privo della necessità di dover presentare la storia, i suoi personaggi, le sue premesse e i suoi concetti chiave, già tutti sviscerati qui – sarà forse il vero banco di prova, si rivelerà quasi certamente più convincente, e servirà di certo a chiarire in modo più preciso il valore del collettivo Kuro Jam.

A rendere più efficace la storia abbiamo poi due disegnatori professionali, entrambi dallo stile solido e realistico, coadiuvati da colori tanto freddi quanto adatti al clima che si respira nel fumetto, e capaci di ritrasmettere le sensazioni di questo futuro algido in cui tutto è perfetto ma privo di calore. Tecnicamente ineccepibili le vignette dal taglio americano dei primi due capitoli, opera di Mattia De Iulis, chiare nella messa in scena ed estremamente “vere” senza risultare mai troppo fotografiche o stucchevoli, piacevoli anche a uno sguardo superficiale. Uno stile linea chiaro a volte eccessivamente statico, e che a tratti perde di comprensibilità, ma che tuttavia non cede alla tentazione di esagerare con inquadrature e posture, e in definitiva risulta accattivante e ricco.

Ma si dimostrano validi anche i disegni di Giulia D’Ottavi nei capitoli 3 e 4, che presentano forse un approccio meno spettacolare alla materia trattata ma si rivelano certamente interessanti, ben impostati e capaci di imprimere sentimento ai propri personaggi, renderli reali in modo ancora maggiore rispetto a quello mostrato dal suo collega. Anche in questo caso non mancano piccoli inciampi, un’inchiostrazione non sempre perfetta e qualche incertezza lì dove sembrano far capolino reference non troppo precise, ma il disegno si può certamente definire adatto al suo scopo, e capace di offrire al lettore qualche spunto interessante soprattutto a livello di progettazione della tavola.

In entrambi i casi ben fatti gli sfondi, ed efficace la composizione; sebbene non manchi qualche ostacolo, entrambi gli autori riescono in modo valido a integrarsi con la storia risultando anche in grado di creare vignette o splash pages articolate e accattivanti lì dove la storia lo richiede. È altresì evidente che il mondo in cui il fumetto si svolge è stato progettato visivamente con molta cura, è coerente con la propria visione e arricchito da sfumature che contribuiscono a renderlo credibile, cosa molto importante quando ci si imbarca in progetti del genere. Un “futuro”, qualsiasi esso sia, ha poco valore se è privo di anima, di un volto univoco, di coerenza nella sua rappresentazione.

 

I vari elementi citati fino a qui rendono dunque Kimera Mendax un lavoro solido e sfaccettato. Forse un po’ di spazio in più dedicato all’elemento della musica – che rischia di passare inosservato – avrebbe giovato, così come una maggiore chiarezza in alcuni snodi narrativi. Sarebbe stato piacevole dedicare anche un’appendice alla creazione della Roma futura e i suoi personaggi; ma anche così abbiamo comunque un prodotto che non scontenterà i fan della fantascienza, e che mostra un collettivo capace, dal quale è lecito aspettarsi (in futuro, visto che stiamo parlando di Sci-fi) altri prodotti di valore.

 Abbiamo parlato di
Kimera mendax vol.1 – System
Gianluca Pernafelli, Enrico Carnevale, Mattia De Iulis, Giulia D’Ottavi, Stefano Garau (collettivo Kuro Jam)
Manfont, 2017
Brossurato, 98 pagine, colore – 12,00 €
ISBN: 9788899587550

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