Kids with Guns: la dinotopia western di Capitan Artiglio

Kids with Guns: la dinotopia western di Capitan Artiglio

Kids with Guns è un’operazione commerciale riuscita per Bao Publishing, ma un ancora acerbo Capitan Artiglio si cimenta con una trilogia a fumetti che attinge a piene mani da immaginari narrativi che non riesce a fare pienamente propri.

Quando al Lucca Comics & Games 2016 Bao Publishing ha annunciato che avrebbe pubblicato una storia scritta e disegnata da Capitan Artiglio, tra i fans del giovanissimo autore torinese è nato un notevole hype.

Capitan Artiglio (al secolo Julien Cittadino) nasce infatti come grafico e illustratore, e solo nel 2016 – dopo aver adottato uno pseudonimo che è un dichiarato omaggio al videogioco Claw – rende pubblico il suo lavoro iniziando a postare i suoi disegni sui social, dove si fa notare per i colori sgargianti, le forme morbide e l’incredibile capacità di riprodurre dinosauri di qualunque specie, una passione retaggio di quella cultura anni Novanta, fortemente influenzata dall’uscita al cinema di Jurassic Park, di cui anche Kids With Guns è intriso.

Questo è il titolo della prima poderosa opera a fumetti di Capitan Artiglio, capitolo iniziale di una trilogia particolarmente attesa dal pubblico proprio nell’ottica conoscitiva di un autore che fino a questo momento aveva spiccato esclusivamente per le sue illustrazioni e che ora ha dovuto affrontare il banco di prova di una storia ricca e articolata, che solo per questa parte iniziale conta ben 200 tavole a colori.

La storia raccontata in questo primo volume è piuttosto lineare, pur concedendosi qualche salto temporale attraverso una serie di flashback finalizzati ad approfondire certe dinamiche narrative.

L’ambientazione è quella di una distopia che mescola elementi western, fantasy e fantascientifici, dove c’è posto per gli alieni ma anche per una mitologia in cui gli elementi magici ed esoterici la fanno da padrone. In questo contesto si innestano, in modo apparentemente anacronistico, i principi di una società tecnologica e mediatica, dove però cowboy e pistoleri convivono con dinosauri dai tratti godzilloidi che utilizzano sia come cavalcatura che come ferocissime armi.

I tre fratelli Doolin, Dan, Duke e Dave, sono in fuga dopo una rapina finita male, e sulle loro teste pendono delle altissime taglie. Al rendez-vous al saloon di Yuko, Dave si presenta con una bambina muta e senza nome che dice di aver preso con sé appena due settimane prima. Dopo una serie di rocamboleschi avvenimenti, che complicano la storia e pongono una serie di interrogativi sul passato dei protagonisti e della piccola, le strade dei tre si separano, e dopo l’incontro di quest’ultima con un altro giovanissimo ricercato, Morris Ortega “Il Cherubino del Golgota”, il volume si conclude con il più classico dei “Continua…”, nel rispetto della tradizione shonen manga a cui attinge a piene mani.

È subito chiaro che Capitan Artiglio, classe 1993, mette in scena il proprio immaginario culturale e artistico, mixando in questo suo primo fumetto tutte le influenze di stampo pop tipiche della propria generazione. Si lascia così andare a un citazionismo che abbraccia non solo la cultura occidentale ma anche e soprattutto quella orientale, e probabilmente volto a distrarre il lettore da alcuni bug dell’intreccio e del ritmo narrativo.

Si parte dal titolo, omaggio all’omonima canzone contenuta nell’album Demon Days dei Gorillaz, per passare alle palesi citazioni di film di Quentin Tarantino (la tavola 52 è un chiaro riferimento alla sequenza in cui il colonnello Hans Landa pronuncia la celebre battuta “Au revoir, Shoshanna!” in Bastardi senza gloria), Sergio Leone (gli stessi fratelli Doolin sono ispirati ai personaggi del Biondo, di Tuco Ramírez e di Sentenza de Il buono, il brutto, il cattivo), Sam Pekinpah (il mucchio selvaggio, oltre che il titolo del suo western più famoso, è anche il nome di una delle bande di criminali della Vallata in cui è ambientato il fumetto), e Steven Spielberg (alla tavola 76, dove è anche già presente un omaggio a Toy Story di John Lasseter, l’occhio del T-Rex attraverso la finestra è ripreso pedissequamente da una sequenza di Jurassic Park), solo per citarne alcune. Molti lettori potranno inoltre scorgere riferimenti e ispirazioni ad Adventure Time e Tank Girl, come anche a Monster Hunter se vogliamo spostarci in ambito videoludico.

È però degli shonen manga e degli anime che Artiglio risente dell’influenza più massiccia, facendone i mattoni per un immaginario personale che non si mostra ancora del tutto assimilato e rielaborato dall’autore. Piuttosto, l’humus culturale e creativo in cui Artiglio è chiaramente cresciuto appare inserito in un lavoro che se da una parte regala un numero altissimo di easter eggs che può essere divertente scovare, dall’altro presenta pochi elementi del tutto originali e personali.

Non è possibile ignorare quanto prepotentemente in Kids with Guns si faccia sentire la lezione di Akira Toriyama e di Eiichirō Oda. Dei due autori giapponesi Artiglio non ha infatti semplicemente trasposto l’immaginario, ma ha piuttosto attinto a piene mani dalle trame e dalle dinamiche di opere conosciutissime come Dragon Ball e One Piece. Non solo in questo fumetto vengono riproposti i meccanismi tipici della narrativa seriale nipponica, ma le trame delle due serie vengono saccheggiate soprattutto nei loro elementi più riconoscibili, lasciando il dubbio che si tratti di volontà di omaggiare due grandi maestri, o piuttosto di un lavoro particolarmente derivativo.

Difficilmente trascurabili sono poi alcuni grossolani errori commessi dal disegnatore e sfuggiti in fase di editing. Nel fumetto si riscontrano diverse imperfezioni nel tratteggiare la fisionomia dei personaggi e le architetture: il volto della Bambina Senza Nome si connota diversamente procedendo con la lettura; i cappelli sono disegnati con una imperizia che li fa apparire innaturali e sproporzionati rispetto alla testa di chi li indossa; nella sequenza del patibolo (da pagina 106 a 111) quest’ultimo cambia di altezza tavola dopo tavola, mostrato prima come molto basso, successivamente svetta sulla folla, per poi tornare di altezza nettamente inferiore. Quanto alle taglie pendenti sulle teste dei ricercati, queste vengono dapprima espresse in Denari per poi diventare Crediti a pagina 154.

Una poca cura ai dettagli, questa, difficilmente accettabile in seno a una casa editrice di grosso calibro come Bao Publishing, la quale ha forse messo alla prova Capitan Artiglio sul terreno di una trilogia per la quale non era probabilmente ancora pronto. Acerbo come sceneggiatore e disegnatore, Artiglio appare con Kids with Guns al centro di una studiata operazione commerciale attraverso la quale la casa editrice ha voluto puntare su un nome la cui popolarità sui social era da qualche tempo in crescente ascesa, ma che presenta ancora alcune mancanze.

Nel complesso i punti sicuramente a sfavore della piena riuscita di quest’opera sono i personaggi poco quanto nulla approfonditi (fatto giustificabile forse perché siamo in presenza di un primo capitolo), i dialoghi didascalici, gli interminabili “spiegoni” di cui il fumetto è costellato e che rallentano la narrazione proprio là dove il ritmo dovrebbe essere serratissimo essendo in presenza di un racconto d’avventura, l’assenza di pathos soprattutto nelle scene d’azione e di combattimento (dove le linee cinetiche, fondamentali in tali frangenti, sono quasi del tutto assenti o mal gestite).

I disegni, invece, colpiscono sicuramente a una prima occhiata soprattutto per la loro colorazione e per la presenza (a dire il vero non incisiva) di quei dinosauri nel disegnare i quali Artiglio di dimostra da sempre abilissimo e che lo hanno reso famoso, ma peccano nella rappresentazione della figura umana. Per quanto le linee plastiche usate dall’autore tendano a voler costruire uno stile cartoonesco che gli consenta di indugiare in alcune “licenze” grafiche, in esse però appaiono evidenti imprecisioni difficilmente giustificabili.

Nulla da eccepire, invece, sui landscapes e sulla struttura di molte splash page, all’interno delle quali l’autore sembra dare libero sfogo a tutta la sua creatività e al suo talento. Quest’ultimo viene fuori anche nell’uso della palette cromatica, usata in maniera ragionata e calibrata: a una colorazione atmosferica, riservata al cielo nelle sue diverse sfumature temporali e ai paesaggi, e una più brillante, volta a creare un certo lirismo narrativo, si affianca una tavolozza dai colori più piatti esclusiva dei personaggi che si muovono sulla scena, che in tal modo si distaccano dagli sfondi e vivono di vita propria.

In conclusione ci sentiamo di guardare a Kids with Guns come a un’operazione editoriale riuscita solo a metà, che di sicuro avrà un buon successo di pubblico grazie alla popolarità del nome di Capitan Artiglio, ma che guardata più da vicino e con un certo senso critico denota delle ingenuità narrative e grafiche dettate dall’ancora eccessiva inesperienza e ridotta autonomia stilistica del suo autore.

Abbiamo parlato di:
Kids with Guns
Capitan Artiglio
Bao Publishing, 2018
208 pagine, cartonato, colori – 20,00 €
ISBN: 978-88-6543-983-8

 

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