Elisabetta Barletta è una giovane autrice di Salerno, cresciuta nella Scuola Internazionale di Comics di Roma e nel settore della grafica pubblicitaria. Dopo l’esordio su pubblicazioni minori come Ares (Ed. Orione) e Laura Melies (Ed. Saviolo), è con la serie di John Doe di Bartoli e Recchioni che conquista pubblico e consensi, rivelandosi come una delle più interessanti tra le nuove leve del disegno italiano. La fiducia che i due autori ripongono in lei è evidenziata dall’averle assegnato il primo episodio della miniserie Detective Dante.
Quando nasce il tuo amore/interesse per i fumetti?
L’interesse è nato, un po’ come per tutti i fumettari, quando da piccola leggevo il Corriere dei Piccoli ed il Giornalino. Poi per lungo tempo, circa 10 anni, ho abbandonato i fumetti per innamorarmene definitivamente verso i 18 anni… è stato allora che ho deciso di voler fare la fumettista!
Ricordi qualche storia di quei periodi di lettura? Quali storie amavi di più da bambina?
Non ricordo in particolare le storie perché ero attratta dai disegni, mi piaceva da morire Nicoletta.
E a 18 anni cosa leggevi? Si trattava di fumetti Bonelli?
Sì, ovviamente Bonelli, saltuariamente Lanciostory e Skorpio e poi quello che mi prestavano gli amici!
Come sei entrata nell’ambiente dei fumetti?
Ho frequentato per tre anni la Scuola Internazionale di Comics di Roma, ho partecipato a concorsi e fiere finché non ho iniziato a collaborare con le Edizioni Orione di Torino realizzando un paio di albi fantasy e poi con l’Eura editoriale.
Che tipo di formazione professionale offre una scuola del fumetto? Quali corsi o studi ti ricordi maggiormente?
Non parlerei proprio di formazione professionale, parlo per me. Quando sono uscita dalla scuola non sapevo “fare i fumetti”, quello lo impari da solo affrontando volta per volta tutte le problematiche, quando realmente ti affidano un lavoro da portare a termine e non è più un esercizio realizzare una tavola o una sequenza ma una storia! La scuola non è obbligatoria ma con questo non dico che non serva, per me è stata necessaria. Il confronto e lo scambio con gli altri ragazzi è fondamentale e ti apre molto! Mi piaceva seguire le lezioni di anatomia e disegno dal vero e le tecniche di inchiostrazione e colorazione!
Il lavoro professionistico, con i suoi ritmi incalzanti e l’impegno che il fumetto realistico impone a un disegnatore è quanto ti aspettavi?
Sull’impegno non avevo dubbi ma i ritmi sono micidiali… devo ancora imparare a “staccare” dai fumetti anche quando faccio altro. Ma credo sia normale per i primi anni.
L’ entrare a far parte della scuola salernitana, ha modificato il tuo modo di disegnare, o già ti sentivi vicina al modo di fare fumetti della scuola che ti ha tenuta a battesimo?
Beh… diciamo che non è che ci sono entrata… mi ci sono trovata naturalmente dentro! E non solo stilisticamente perché gli studi di Luigi Coppola e Bruno Brindisi sono a due passi dal mio e quindi ho avuto la fortuna e la possibilità di sottoporre loro le mie tavole per lungo tempo. Comunque non mi sento di farne parte in quanto loro storicamente hanno rappresentato un fenomeno stilistico che da un certo punto in poi ha influenzato la nuova generazione di disegnatori… e anche me!
John Doe: parlaci del tuo rapporto con questo successo del panorama fumettistico italiano.
é stata un’esperienza bellissima: il successo di John ha coinciso col mio vero esordio e di conseguenza mi sono sentita parte di questo fenomeno insieme a tutti gli altri ed anche adesso provo una grande partecipazione ogni volta che esce un nuovo albo in edicola e poi mi diverto molto a lavorarci!
Come lavorano Recchioni e Bartoli? Impostano il lavoro nello stesso modo? Forniscono entrambi la sceneggiatura completa? Recchioni utilizza lay-out o è tutto affidato al testo? Sono autori molto esigenti? Ti costringono a rivedere molto le tue tavole? Ti hanno insegnato un metodo di lavoro o te lo sei costruita tu da sola?
Ma devo proprio rispondere? Dunque nessuno dei due da l’intera sceneggiatura (anche perché scrivono contemporaneamente molte cose…), fondamentalmente si fidano molto, conoscendo lo stile di ogni disegnatore cercano di adattargli delle storie. Quindi ti senti libero nell’interpretazione della sceneggiatura. Poi quando vogliono qualcosa di particolare te la spiegano bene: Roberto in particolare è molto descrittivo… almeno con me… ma forse questo è un problema mio! Non sono particolarmente esigenti ed è capitato poche volte che abbia dovuto rifare qualche tavola o vignetta ! Ti suggeriscono riferimenti e a volte forniscono materiale poi per il resto come ho già detto: si fidano dei disegnatori.
Oltre a John Doe, hai avuto l’onore (e l’onere) di disegnare il numero uno di una nuova testata: Detective Dante.
Incredibile! Quando me lo hanno chiesto ero al settimo cielo… ho sempre pensato: a quanti disegnatori può capitare questa esperienza? Ed era capitata anche a me! Pazzesco!
Come è stato tenere a battesimo una nuova serie?
Faticoso! In totale circa 8 mesi di lavoro tra studi personaggi e ambientazioni, ricerca materiale… Ricordo che Roberto mi ha praticamente addestrata alle armi con una serie di film d’azione allucinanti. Pero’ è stato divertente! Purtroppo sono un tipo ansioso e pignolo e mi preoccupavo per tutto. Sinceramente mi sono rilassata solo quando ho terminato. Alla fine eravamo tutti soddisfatti e questa è la cosa più importante!
A cosa imputi le vendite scarse (a detta dei suoi creatori) di Detective Dante?
Non so, non per essere diplomatica ma credo che il successo di una testata sia una cosa un po’ imprevedibile, insomma che va anche al di là dei presupposti e delle richieste del mercato.
Non credi che calare le storie nella realtà italiana, per esempio, avrebbe favorito un diverso riscontro nel pubblico?
No, su questo non sono d’accordo, personalmente non le avrei trovate accattivanti… ma è una questione di gusti ovviamente che non ha niente a che vedere con la scelta editoriale.
Sempre nel n.1 di Detective Dante, hai avuto delle difficoltà con le scene di azione? Trovi che il tuo stile sia più adatto a storie diverse?
Mi spiace un po’ ammetterlo ma credo di sì… Ma c’é sempre il margine di miglioramento vero?
Per contraltare, quale è il segreto del successo di JD?
Beh… Come sopra… “L’originalità” insieme ad altri fattori che lo hanno collocato bene nel mercato nel momento giusto.
Senti più vicine al tuo stile e alla tua sensibilità le storie di John Doe?
Sì! Perché spazia di più tra situazioni a volte estreme come le scene di violenza e azione, altre invece sono totalmente surreali, ci sono gli intrighi sentimentali… e in più presenta una moltitudine di personaggi che è un piacere disegnare!
Meglio la prima o la seconda stagione (domanda da nerd!)?
La prima!
John Doe ha avuto il grandissimo pregio di aprire le porte a un gruppo di autori giovani, alcuni proprio alle prime armi, che nel tempo stanno crescendo e rivelando notevole talento. A posteriori possiamo dire che sia stata una scommessa vincente (oltre che una necessità) quella operata da Recchioni e Bartoli?
Decisamente!
Prossimi tuoi impegni con l’Eura?
Sto disegnando un episodio della Trapassati inc.
Parecchi disegnatori in forza all’Eura, sono approdati in America, alla Vertigo. Anche per te si prospetta lo stesso destino?
Per il momento no. Stilisticamente non credo di essere idonea.
A questo proposito mi vengono in mente alcune domande sul tuo stile. Alla scuola hai lavorato solo sullo stile realistico o anche su altri stili?
Anche su altri stili, un tratto più comico e grottesco, ma poi ho scelto il “realistico” come specializzazione.
Non hai il desiderio di costruire storie basate su uno stile meno realistico? Mi vengono in mente pochi autori in Italia in grado di muoversi con disinvoltura da uno stile a un altro. Per esempio Celoni e Mastantuono (Disney e Bonelli, tra gli altri…).
Sempre! Questo è un mio grande desiderio che covo dentro da un po’ di tempo… diciamo che ci sto lavorando!
A quando un tuo progetto personale distaccato dall’Eura, magari sempre insieme a Bartoli e Recchioni?
Magari! Mi divertirebbe molto ma lavoriamo sempre a ritmi pazzeschi e in tempi così brevi che sinceramente non so quando troveremmo il tempo di progettarlo… Io comunque ci spero!
Hai l’ambizione di raccontare una tua storia? Senti il desiderio di farlo, quando ci sarà l’occasione? Se sì, sempre in ambito “avventuroso” o anche in altri (per esempio autobiografico)?
Beh, autobiografico proprio non credo, o meglio non del tutto… sicuramente mi piacerebbe raccontare di qualche mia passione e poi inserire l’elemento “avventuroso”.
La Bonelli è sempre una sirena irresistibile per i professionisti italiani…e per te?
Si!!
Magari ti interessano anche altri mercati europei?
Sono attratta come molti dal mercato francese. Spero in futuro di avere una collaborazione, sarebbe un’esperienza interessantissima!
L’America è una meta molto ambita per i fumettisti. Ma leggendo alcuni dati di vendita pare proprio che in Italia se ne vendano di più, di fumetti. Come mai allora gli americani sono quasi dei divi, mentre per disegnatori e sceneggiatori italiani non c’é la stessa gloria? È imputabile anche al fatto che i fumetti italiani vengono poco o niente esportati all’estero?
Probabilmente è una questione di cultura. Gli americani in generale sono autocelebrativi, “si vendono” bene qualsiasi cosa facciano… basti pensare alle americanate che spesso promuovono tanto al cinema! in Italia purtroppo e per fortuna non è così! Tentativi di esportazione sono stati fatti,ma probabilmente dovevano essere proposti in maniera diversa…
Sei una donna che disegna personaggi femminili formosi e sensuali. Dipende da un tuo canone di bellezza o da qualche influenza esterna?
In parte è una richiesta (tranne nel personaggio di Fame) e poi è noto che nei fumetti i personaggi femminili più sono belli e più funzionano.
Come giudichi la scarsa presenza femminile nel mondo del fumetto italiano? Troppo maschilismo o solo disinteresse da parte delle donne verso il fumetto come medium?
Maschilismo sì, disinteresse no! Ma credo che a breve pareggeremo i conti…
Oggi sei ancora una lettrice di fumetti? C’é qualche autore o qualche serie che segui con più attenzione?
Leggo ormai solo fumetti per mancanza di tempo. Il mio comodino ne è pieno … per me è un rituale andare in fumetteria e stare anche 2 ore a sfogliare qualsiasi cosa (non tutto, i manga li salto!). Compro solo quello che mi piace e scoprire ogni tanto un autore nuovo mi appassiona e mi stimola! Adoro Eduardo Risso, ultimamente ho scoperto il disegnatore cinese Benjamin e la serie a volumi di Canari di Crisse-Meglia.
Come pensi si stia evolvendo il fumetto italiano in questi anni? Bonelli sta cercando nuove strade ma sempre radicate a un approccio avventuroso consolidato. Ma al contempo si stanno affermando o consolidando realtà nuove, nel fumetto indipendente (Canicola, i Cani, Self Comics) e nel fumetto più biografico/intimista (Coconino, Kappa ed.), addirittura giornalistico/storico come Becco Giallo. è un fermento che credi possa portare frutti duraturi?
Mi auguro di sì, non ho mai creduto alla frase “Il fumetto sta morendo… le case editrici chiuderanno…“! C’é sempre stato tanto interesse anche nei periodi di crisi. Non vorrei essere banale ma i tempi e i gusti cambiano e di conseguenza le esigenze dei lettori… un discorso del genere per le case editrici si traduce in grossi investimenti e per le piccole case non è facile sopravvivere. è giusto anche che queste si specializzino in quello che fanno meglio! L’importante è che ci sia lo spazio per tutti nel mercato ma da lettrice mi aspetto anche un livello qualitativo alto!
Un autore giovane come te, ha la percezione che vi siano più possibilità lavorative e strade da percorrere? Oppure la meta vera e unica resta ancora solo Bonelli?
Adesso no, anzi credo che ci sia addirittura una controtendenza… ma quanti giovani disegnatori possono permettersi realmente un discorso del genere? Devi essere proprio un genio del fumetto… e magari anche ricco!
Riferimenti:
Eura Editoriale: www.euraeditoriale.it