Intervista a Craig Russell, ospite a Lucca Comics 2015

Intervista a Craig Russell, ospite a Lucca Comics 2015

Abbiamo intervistato Philip Craig Russell, autore che ha fatto del suo stile, tra influenze neoclassiche e Art Noveau, un segno distintivo inconfondibile.

Craig Russell_01Philip Craig Russell è un illustratore e fumettista statunitense, nato nel 1951.
Consegue una laurea in pittura e  pubblica i suoi primi lavori in ambito fumettistico per la Marvel Comics a partire dal 1972. Pur messo all’opera su testate di nicchia quali
Killraven e Doctor Strange, l’autore riceve il plauso di critica e pubblico per il suo stile dalle influenze neoclassiche e Art Noveau.
Successivamente passa alla etichetta
Epic, sempre in casa Marvel, per la quale realizza per alcuni anni il fantasy di Elric, già apparso sulle pagine dei fumetti dedicati a Conan il barbaro.
Col passare degli anni, pur non rinunciando alla presenza nel fumetto mainstream statunitense con opere quali
Batman: Robin 3000 per la DC Comics o la partecipazione al capolavoro di Neil Gaiman, Sandman, Craig Russell intraprende una ricerca nella quale attua una commistione tra i canoni del puro fumetto e tematiche letterarie. Da questo suo percorso, nascono gli adattamenti a fumetti di alcune opere di Rudyard Kipling come gli ultimi tre volumi  de Il Libro della giungla e, soprattutto, le trasposizioni nel mondo della nona arte di una serie di opere musicali di Mozart (Il flauto magico), Strauss (Salomè) e Wagner (L’anello dei Nibelunghi).
Il suo lavoro con gli adattamenti continua con la versione a fumetti dei romanzi
Coraline e The Graveyard Book di Neil Gaiman, entrambi pubblicati in Italia da NPE.
Il sito di Philip Craig Russell è
www.artofpcraigrussell.com.

Ciao Craig, ben trovato! Raccontaci dei tuoi esordi. Come sei entrato nel mondo del fumetto?
Sono entrato nel mondo del fumetto per pura fortuna. Sono cresciuto nel Midwest, dove c’erano pochi artisti professionisti, ma Dan Adkins, ex-assistente di Wally Wood e inchiostratore per la Marvel, si era recentemente trasferito in Ohio per stare con la sua famiglia. L’ho incontrato e mi ha invitato a lavorare con lui.

Killraven
Killraven

Hai uno stile che contiene elementi che oltrepassano i confini convenzionali della nona arte e in alcuni casi possono essere accostati ad alcuni movimenti artistici, risalendo fino alle illustrazioni d’epoca vittoriana. Quale corrente artistica ritieni ti abbia influenzato maggiormente nella definizione del tuo modo di illustrare e disegnare?
Sono stato influenzato da molti, ma gli artisti del periodo tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo mi hanno sempre ispirato di più. Da Aubrey Beardsley a illustratori come Rackham, Dulac, Kay Neilson e altri, fino all’Art Nouveau scozzese e i pittori simbolisti francesi e belgi, hanno tutti giocato un ruolo importante nel mio sviluppo.

Ritieni che la narrativa di fine Ottocento, da te ripresa nelle trasposizioni di libri di Oscar Wilde, Nathaniel Hawthorne e Rudyard Kipling, si presti particolarmente a essere adattata in un fumetto?
Credo che qualsiasi cosa abbia il potenziale per essere adattata in un fumetto. Nonostante io abbia illustrato molti lavori di autori morti da tempo, ho fatto altrettanti lavori di autori contemporanei. La sfida, ovviamente, sta nel trovare soluzioni visuali a una narrazione non visuale.

Hai realizzato adattamenti molto apprezzati di opere di Wolfgang Amadeus Mozart, Richard Strauss e Richard Wagner. Quali sono le difficoltà nel trasporre la musica in immagini?
Il problema di adattare una forma musicale, che rende il tutto ancora più complicato rispetto ad adattare pura narrazione, è che molto spesso i momenti emotivi più salienti dell’intera opera sono espressi unicamente attraverso la musica. É lì che devo, che sono costretto a, trovare una struttura visuale totalmente nuova, qualcosa di nuovo che il compositore non aveva in mente, che non contraddica ma che, si spera, illumini in un modo completamente nuovo.

Trasponendo da un medium all’altro, hai sviluppato un metodo per individuare che cosa si deve accettare di sacrificare o ogni volta è una nuova ricerca?
Anche se l’esperienza facilita un po’ le cose, ogni volta è una nuova ricerca in quanto ogni storia è unica rispetto alle altre.

Che cosa ti guida nella scelta delle opere da trasporre? Un progetto, i tuoi gusti, il senso della sfida?
Tutte le precedenti, come dicono nei questionari. Per esempio, il ciclo di favole di Oscar Wilde l’ho iniziato io, così come tutte le opere liriche che ho adattato. D’altra parte, è stato Neil Gaiman che mi ha contattato offrendo Coraline e The Graveyard Book. In ogni caso, è il mio gusto personale a dettare i progetti a cui lavoro. Fortunatamente non mi sono trovato mai nella posizione di dover accettare un progetto in cui non credevo.

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Come è iniziata la tua collaborazione con Neil Gaiman e che modo sei stato coinvolto nella realizzazione di Sandman?
La mia prima collaborazione con Neil è stata nel numero 50 di Sandman, una sorta di favola in stile Mille e una Notte con un finale a sorpresa, anzi, due finali a sorpresa. Neil, che spesso “scrittura” i suoi artisti per storie specifiche in base al loro stile, ha chiesto di me sulla base di alcune illustrazioni che avevo fatto l’anno precedente per un libro chiamato The Thief of Bagdhad. Da lì sono andato di progetto in progetto per quasi 25 anni.

Il tuo ultimo progetto, che presenterai a Lucca, è The Graveyard Book su testi di Neil Gaiman. Come è nato questo adattamento?
In modo molto semplice. Neil mi ha chiesto se ero interessato ad adattare il libro. Non ricordo di chi è stata l’idea di radunare un gruppo di artisti per fare le singole storie, ma so per certo che è stato fatto perché affidare a me tutte le 352 pagine avrebbe richiesto almeno tre o quattro anni. Occupandomi io stesso di sceneggiature e layout, sono stato in grado di utilizzare il talento di molti altri artisti mantenendo allo stesso tempo un senso di uniformità visuale per la storia.

CoralineQuali sono le differenze tra questo adattamento e quello di Coraline, altro libro di Gaiman da te trasposto in fumetto?
La differenza più grande tra i due progetti è che ho illustrato da solo tutto Coraline, ma ho collaborato con altri artisti su The Graveyard Book.

In The Graveyard Book hai collaborato con disegnatori quali Kevin Nowlan, Tony Harris, Scott Hampton, Jill Thompson e altri. Da cosa scaturisce la decisione di non disegnare interamente l’opera? Avete perseguito una certa uniformità stilistica o avete preferito rimarcare le singole caratteristiche dello stile di ogni artista?
Ho scelto gli artisti per The Graveyard Book con una certa somiglianza nell’approccio che avevo in mente. Il motivo è che la storia ha una specie di filo conduttore. É un’unica storia, quindi non volevamo che il look delle storie individuali cozzasse troppo. Ho invece contribuito ad una storia per il libro di Neil Gaiman Notti Eterne, uno spin-off di Sandman che conteneva storie dei sette fratelli. Dato che le loro personalità erano molto diverse tra di loro, si è deciso che anche gli artisti avrebbero dovuto avere stili abbastanza distinti.

Sei nel mondo del fumetto professionistico da oltre quarant’anni. Come è cambiato il fumetto in questi anni? Ritieni ci sia maggior libertà espressiva oggi?
C’è molta più libertà di espressione man mano che ti allontani dagli editori mainstream. La differenza principale tra allora e oggi è che quando iniziavo un singolo numero di una serie ci si aspettava che vendesse diecimila copie o più. La mia prima vera serie è stata Killraven/La Guerra dei Mondi, che fu cancellata dopo due anni di lavoro per le scarse vendite. Queste “scarse” vendite erano a settantacinquemila copie per numero. C’è chi ucciderebbe per numeri del genere oggi.

COVER Graveyard BookNel sistema di produzione che sfrutta la divisione del lavoro fra competenze (scrittore, disegnatore, inchiostratore, letterista, colorista) quali sono le difficoltà a lavorare in ruoli diversi? Tu, in particolare, hai trovato difficoltà a passare dal disegno alla scrittura?
Non mi è mai risultato difficile passare dalla scrittura al disegno. In realtà, quando lavoro ad un adattamento scrivo e imposto le pagine simultaneamente. L’unica sceneggiatura che ho è quella scritta a matita sulle pagine. Per quanto riguarda la divisione del lavoro: se più mani lavorano sulla stessa opera, la cosa più importante è la comunicazione tra tutte le parti. Ho sempre inchiostrato i miei lavori e se ho una sceneggiatura completa di un altro autore, la includo sempre nelle pagine in modo che il lettering finale e i disegni stiano bene insieme. Se un altro colorista è coinvolto nel lavoro, ho molte idee su come deve essere colorato, anche se ascolto sempre molto attentamente le opinioni dei coloristi, visto che spetta a loro concludere il lavoro. Penso sia stato Alfred Hitchcock a dire che in quanto regista lui non stava creando ogni singolo aspetto dell’opera, ma in quanto regista era libero di scegliere tra le varie opzioni offertegli.

Su quali progetti stai attualmente lavorando? Hai un sogno nel cassetto che vorresti realizzare o un autore con cui ti piacerebbe collaborare?
Al momento sto lavorando sul romanzo The Giver – Il Donatore di Lois Lowry. Dovrebbe uscire entro l’anno prossimo. C’è anche l’ultima favola di Oscar Wilde, Il Pescatore e la sua Anima, a cui spero di potermi dedicare subito dopo. E ci sono sempre progetti in discussione che potrebbero o non potrebbero essere realizzati, anche se si spera per il meglio.

Intervista realizzata via mail e conclusa il 29/09/2015
Traduzione italiana a cura di Alessandra Cognetta

[Questa intervista è stata pubblicata sul magazine Comic Soon uscito in occasione di Lucca Comics & Games 2015]

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