Pietro Elisei è stato l’autore rivelazione presso lo stand della NPE della edizione 2018 di Lucca Comics & Games, appena terminata, dove il volume da lui realizzato, La Tana, ha registrato dopo soli due giorni il sold-out e dove l’artista esordiente ha sorpreso tutto con il suo incredibile talento. La redazione NPE lo ha intervistato.
Come nasce La tana e come mai questa scelta?
Mi sono chiesto moltissime volte perché… perché Kafka? Perché questo racconto? E la sola e unica risposta che sono riuscito a darmi è stata “perché non proprio Kafka? Perché non proprio La tana?”. Kafka viene considerato uno dei più grandi esistenzialisti, se non il padre di questa corrente di pensiero. Nei suoi racconti, come ne La tana, non c’è via d’uscita, si è intrappolati nelle sue immagini, nelle sue ossessioni senza speranza. Dopo averlo letto una sola volta ho pensato semplicemente “è fatta, eccolo qui il racconto che stavo cercando”. Questo racconto è quello che più di tutti ha saputo trascinarmi nelle sue ansie, nelle sue paure e nei suoi tormenti e il fatto che sia rimasto incompiuto terminando con la frase “Tutto in realtà, è rimasto com’era…” lascia al lettore un’ulteriore senso di smarrimento, un’ulteriore chiave di lettura… un’ulteriore non senso.
Ci sono elementi autobiografici nei tuoi lavori? E in questa pubblicazione?
In ogni mia linea, in ogni mio graffio e colore, in ogni singola inquadratura c’è sempre un me stesso; quale, non saprei dirlo. Ho avuto e ho tuttora molti me stessi. Mentre disegno non penso molto a chi o cosa sia il soggetto. Disegno e basta, mi lascio trascinare dal gesto e dai graffi che incido nei fogli. Sono molto influenzato dal periodo della mia infanzia e la rimpiango spesso; proprio perché, come diceva Tarkovskij, nell’infanzia tutto è davanti a me e tutto è ancora possibile. In ogni mio lavoro, come ne La tana, c’è sempre qualcosa che si ripete. Le mie ossessioni, le mie voglie, il mio odio, le mie paure, i miei ricordi che forse non svaniranno mai. Possiamo considerare tutti i miei lavori come una grande e unica ricerca senza fine su me stesso. Al centro di quasi tutte le mie opere c’è l’essere umano, ci sono le contraddizioni e le divergenze tra uomo e donna, ci sono sempre dei bambini (tutti i me stessi passati) e molti specchi… Specchi utilizzati non per riflettere la figura di chi tu sia veramente, ma per rivelare chi tu non sia mai stato.
Quali artisti e stili artistici ti hanno ispirato?
Ho scoperto e perfezionato questo stile di disegno durante i due anni di studio ad Urbino. Non mi ritengo un bravo disegnatore tecnico; mi ritengo invece un attento osservatore. Non ho un preciso modello pittorico a cui ispirarmi; piuttosto vengo molto influenzato dai libri che leggo e dal cinema. Amo registi e scrittori come A. Tarkovskij, K. Kieślowski, D. Jarman, F. Kafka, J. London, J. P. Sartre e tantissimi altri. Mi concentro di più sui concetti che sullo stile pittorico. Per me oggi esistono davvero pochissimi artisti; esiste e regna invece il mercato dell’arte, l’arte reazionaria, l’arte rivoluzionaria, l’arte per il sociale, quando invece per me l’arte vera non ha alcun senso, ecco cosa se ne fa dell’arte un vero artista, nulla. Sono sempre stato premiato per avere la capacità di “entrare in profondità” nei concetti. Quando disegno riguardo ad un tema, lo divoro, scavo dentro ogni sua sfaccettatura per capirne ogni singolo aspetto; io devo diventare quel tema. Io sono i problemi, le gioie, l’inizio e la fine di quel tema. Io non disegno, ma vengo disegnato.