“I figli del Capitano Grant”: tra Verne e Walt Disney

“I figli del Capitano Grant”: tra Verne e Walt Disney

Alexis Nesme adatta "I figli del Capitano Grant" di Jules Verne per rinarrare, in maniera originale, un classico della letteratura d’avventura ottocentesca.

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Nonostante l’illustratore e fumettista francese Alexis Nesme (Villefranche sur Saône, 1974) sia sempre stato affascinato dall’universo verniano, il progetto dell’adattamento in bande dessinée de Les enfants du capitaine Grant di Jules Verne nacque per caso.
In trattativa con la casa editrice Delcourt per realizzare un’opera per la loro collana di adattamenti letterari “Ex-Libris”, la scelta di Nesme cadde su una delle poche opere del primo scrittore moderno per ragazzi non ancora selezionate per l’adattamento su carta. Con una suddivisione in tre tomi erede del romanzo e mantenuta nella versione BD, l’opera – proposta in Francia con successo tra il 2009 e il 2014 – approda ora nelle librerie italiane in un unico volume per i tipi di Tunué.

Un Verne per intenditori

Pubblicato inizialmente come feuilleton e successivamente raccolto in tre volumi nel 1868, Les enfants du capitaine Grant fa parte della serie “Voyages Extraordinaires” di Jules Verne. Meno noto rispetto ad altre opere del prolifico scrittore francese, al cinema se ne ricorda comunque la versione disneyana del 1962 diretta da Robert Stevenson e interpretata da Maurice Chevalier. Nei comics ci piace ricordare la suggestiva versione realizzata da uno dei maestri dell’adattamento fumettistico, Franco Caprioli per Edipress; Caprioli scomparve nel 1974, senza riuscire a terminare il racconto che fui poi completato da un altro grande cartoonist come Gino D’Antonio.

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L’opera originale si inscrive tra i grandi romanzi d’avventura di Verne: il racconto del viaggio attorno al mondo sull’immaginaria linea del 37° parallelo alla ricerca del capitano Grant, comandante del naufragato Britannia e autore di una richiesta di soccorso che, affidata alle onde del mare, viene fortunosamente ritrovata da Lord Glenarvan e dall’equipaggio del suo Duncan. Il messaggio è però parzialmente illeggibile: l’esatta latitudine del luogo del naufragio non è chiara. Glenarvan, spinto dalla pietà per i due figli del capitano, decide di partire con moglie ed equipaggio per ritrovare Grant; il veliero salpa così alla volta delle Americhe, spostandosi di continente man mano che le ricerche non hanno successo.

Interni barocchi

È indubbio che il punto di forza del progetto di Nesme – alla prima prova come autore completo – sia la parte visiva. Se infatti dal punto di vista narrativo il cartoonist sceglie di ricalcare l’opera originaria, l’apparato iconografico si rivela tanto fedele all’epopea verniana quanto originale nella resa. A partire dalla scelta di incorniciare ogni inizio capitolo con motivi decorativi barocchi, scelta che, nella realizzazione della copertina del volume, diventa un chiaro omaggio alle couverture originali dei romanzi delle prime edizioni Hetzel; così come la natura di romanzo geografico di Les enfants è esemplificata dalla creazione di mappe sulla falsariga di quelle d’epoca che, in molti casi, diventano fondali della scena.

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L’impalcatura visiva barocca costruita da Nesme tavola dopo tavola raggiunge livelli vertiginosi, laddove i bordi delle vignette vengono fatti coincidere con interni figurativi quali cornici di quadri, soffitti, quinte di cabine e cambuse. Altrove la divisione planare in vignette interviene sulla singola immagine, assicurando da un lato la scansione cronologica del “prima, durante e dopo” del fumetto, dall’altro ribadendo l’unitarietà di tempo e luogo della scena romanzesca.
È come se Nesme, in ogni pagina, intenda evidenziare quanto la sua opera fumettistica, sotto l’inequivocabile superficie disegnata, mantenga comunque un debito forte con il medium letterario per cui la storia era stata originariamente concepita e con la tradizione dei grandi illustratori che – nei decenni – hanno arricchito l’immaginario visivo dell’opera.

Tra Verne e Disney, adattamento o parodia?

Il cartoonist francese, con le sue scelte espressive, ribadisce a chi legge che la riscrittura fumettistica non può che essere un divertente (e certo divertito) gioco di rimandi e ammiccamenti all’originale letterario. L’operazione si situa a metà strada tra l’adattamento e la parodia a fumetti, nel senso in cui la può intendere il critico Thierry Groensteen: una “letteratura al 2° grado”, in cui il racconto disegnato non sostituisce il romanzo ma vi si sovrappone in chiave ironica.
Si può leggere in quest’ottica anche la scelta particolarmente azzeccata da parte di Nesme di rendere tutti i personaggi zoomorfi, selezionando attentamente la specie per ogni character, a seconda del carattere distintivo o della patria natia – per esempio prediligendo i koala per gli indigeni australiani, o le rane per i francesi. Una scelta che potrebbe rischiare di allontanare il lettore adulto: in realtà, la meticolosa documentazione dietro a Les enfants e la sua complessità sia narrativa che visiva mostrano un adattamento godibile da un pubblico di tutte le età.

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Lo studio dei personaggi – svolto immaginandoli anche con fattezze umane – ne ha approfondito la resa, dotata comunque di uno stile realista. Al tempo stesso, la figurazione zoomorfa permette a Nesme di rendere le qualità dei personaggi in maniera rapida e plastica. Sentimenti e caratteristiche umane vengono quindi rappresentati attraverso figure animali, nel solco di una tradizione fantastica che da Esopo passa per Grandville per arrivare a Walt Disney. Che Nesme tenga presente anche la lezione di altri cartoonist contemporanei quali Michel Plessix, Benoît Sokal o Juanjo Guarnido è evidente; ma se ne distacca, dal momento che la contaminazione umano/animale non ha qui connotazioni satiriche o simboliche. Ci si ferma a una bonaria presa di distanza dalla realtà che è anche filtro d’autore. Per godere dell’ironia del gioco delle attribuzioni animali ancor una volta è necessario tornare all’opera di Verne, in un corto circuito giocoso tra personaggio letterario e ricalco fumettistico.

Lo sfondo in primo piano

In Nesme il taglio delle inquadrature non è mai statico ma nemmeno invasivo, accompagnando silenziosamente il lettore come nel montaggio invisibile cinematografico. Il tutto è ammantato da una veste visivamente sontuosa e una resa narrativa perfettamente riuscita, grazie anche a un ritmo intervallato da brevi capitoli, erede dell’iniziale pubblicazione del romanzo à feuille.
Ma sono soprattutto i paesaggi il punto forte del lavoro di Nesme: un’attenzione per il dettaglio unita a una visione d’insieme che rendono visivamente l’amore per l’avventura che percorre il romanzo di Verne. Un taglio dell’inquadratura e una tavolozza dei colori che omaggiano i grandi paesaggisti attivi tra Settecento e Ottocento, gli inglesi (John Constable) per la resa della Scozia e soprattutto la scuola americana della Hudson River School per la parte ambientata nel Nuovo Continente, dove – come nelle opere di Thomas Cole – la Natura selvaggia è affascinante quanto temibile.

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E qui viene spontaneo il parallelo con il già citato Michel Plessix e gli splendidi fondali ad acquarello delle vignette de Il vento tra i salici. In entrambi i casi, il paesaggio da semplice sfondo all’azione si trasforma in personaggio aggiunto del racconto, in grado di arricchirne i significati. Non è un caso che spesso gli eroi di Nesme appaiano piccoli rispetto alla scena: velieri, mappe, oceani e montagne prevalgono perché sono loro, in fin dei conti, i veri protagonisti del racconto avventuroso.

Abbiamo parlato di:
I figli del capitano Grant
Alexis Nesme
Traduzione di Ilaria Gaudiello
Tunué, collana “Tipitondi”, agosto 2015
144 pagine, brossurato, colori – € 16,90
ISBN: 978-88-6790-150-0

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