Erica Benvenuti e Cristina Tomasini a Lo Spazio Audace di Lucca Comics 2024

Erica Benvenuti e Cristina Tomasini a Lo Spazio Audace di Lucca Comics 2024

A Lucca Comics abbiamo intervistato Erica Benvenuti e Cristina Tomasini, autrici di “Con quelle mani”, edito da Future Fiction.

Lo Spazio Audace LogoErica Benvenuti e Cristina Tomasini, autrici di Con quelle Mani (fumetto tratto da un celebre racconto della scrittrice cinese Mu Ming), sono state ospiti di Lo Spazio Audace – Vignette e caffè a Lucca Comics & Games 2024.

Erica, Cristina, benvenute! Parliamo di un fumetto Solarpunk e visto che il genere non è così conosciuto, provate a definircelo in una frase.
Cristina: Ottimismo per il futuro. Il Solarpunk è una visione del futuro che si distacca un po’ da quella distopica che siamo abituati a vedere dai grandi film hollywoodiani, in cui il futuro è sempre lugubre, disastroso e tragico. Il Solarpunk considera tutti i problemi che ci sono in questo periodo della nostra vita, però prospetta un futuro in cui l’umanità riesce a risolvere un po’ di queste problematiche mettendo in pratica idee concrete. Ci sono tante opere che parlano di sistemi di filtraggio dell’acqua o di energia solare, si inventano energie rinnovabili che non esistono. Sono tutte cose fantascientifiche, ancora, ma la prospettiva è sempre positiva.
Erica: Molto spesso siamo abituati a concepire il futuro in due modi antitetici. O come un idilliaco ritorno al passato, quindi a una natura un po’ idealizzata, un po’ primitiva, primigenia, oppure come un buco senza speranza in cui la tecnologia ha distrutto l’umanità. Nel nostro caso invece, questa storia riflette su quanto sia possibile che la tecnologia aiuti a salvare antiche arti, antichi saperi, per creare un futuro che non sia né una novità assoluta che non guarda al passato, che non guarda a quello che c’è stato, né appunto il ritorno a una finta Arcadia che non è mai esistita. E quindi il salvare un’arte come quella dell’intreccio del bambù di cui si parla in Con quelle mani – un’arte custodita nelle mani degli artigiani che non sono replicabili automaticamente da un computer o da un’intelligenza artificiale che non ha la conoscenza della realtà – è un’ottima coniugazione fra passato e futuro.

Come siete arrivate a raccontare questa storia partendo dall’opera di Mu Ming?
Erica: Quando ho letto il racconto di Mu Ming sono rimasta molto impressionata. Lei è un’autrice cinese che parla della regione del Sichuan, in particolare della città di Chengdu, e ti trasporta subito in questo mondo così lontano dal nostro non solo per la distanza, ma anche culturalmente. Però il racconto originale ha un’umanità e un’universalità che mi hanno coinvolta subito. Si parla di un semplicissimo rapporto tra un padre – un artigiano che è stato tutta la vita ossessionato dal suo lavoro e dal preservare quest’arte, cosa che ha rovinato i rapporti interni della sua famiglia – e sua figlia, che dà luogo a uno scontro generazionale. Lei ha un rapporto ambiguo con il lavoro del padre, che è sottotraccia anche nel racconto, un po’ di ammirazione e un po’ di stordimento, perché vede anche lei un’arte che sta scomparendo e ne capisce l’importanza, ma d’altra parte è ciò che l’ha sempre allontanata da suo padre. È un rapporto molto universale e mi è arrivato subito. In aggiunta c’è il tema della perdita di memoria, che ricercoBenvenuti Tomasini spesso anche in altre mie storie perché lo trovo commovente.
Cristina: La figlia suona il guzheng, che è uno strumento cinese antichissimo la cui tradizione si sta perdendo. Però lo suona in soffitta, di nascosto, non si fa mai vedere dagli altri. Per cui non solo nel padre ma anche nella ragazza c’è un conflitto interiore sulle arti del passato da tramandare. Lui è rimasto fossilizzato nel passato, odia la tecnologia, lo sviluppo, pensa che il mondo stia andando a catafascio a causa di queste nuove intelligenze e tecnologie. Però poi si vede che, senza fare spoiler, gli serviranno tantissimo e capisce che nell’equilibrio, nel mezzo, sta la salvezza, letteralmente.

Erica, hai conosciuto di persona Mu Ming? Come vi siete relazionate e quanto sei stata fedele al racconto originale?
Erica: Il rapporto con l’autrice è stato un po’ mediato perché lei è molto impegnata, molto famosa, senza considerare lo scoglio della barriera linguistica. Non abbiamo mai avuto un confronto diretto ma sempre mediato dall’editore. Come approccio al lavoro ho cercato di mantenere molti dei momenti e dei tempi del racconto, che è molto dilatato e interiore. È tipico della narrazione cinese dedicare attenzione all’interiorità, a gesti piccoli, lenti, ma raccontati in maniera molto significativa e ho cercato di rispettarlo nella sceneggiatura. Ho cercato di far parlare molto le mani, che sono un elemento centrale e una chiave del racconto, dando a loro più spazio possibile e di concentrarmi proprio su queste micro espressioni che Mu Ming aveva descritto così bene.
Cristina: Sì, ci sono tantissime vignette in cui ho disegnato mani, mani dappertutto, mi è piaciuto molto.

A parte le mani, notoriamente complesse da disegnare, hai trovato altre difficoltà o, al contrario, elementi che ti hanno coinvolta particolarmente?
Cristina: Io mi crogiolo nell’introspezione, negli sguardi, nei primi piani, nel non detto. A me piace tantissimo questa atmosfera, quindi mi sono proprio sentita a casa. L’unica difficoltà è che Chengdu è una città di più di 20 milioni di abitanti e l’ho dovuta ambientare nel futuro, quindi le scene con edifici enormi, per fortuna poche, sono state una sfida.

Cover Con Quelle Mani 400x567Sei stata a Chengdu?
Cristina: Sì, Io scorso ottobre, esattamente un anno fa, per una settimana. C’era un grande festival sulla fantascienza mondiale, quindi ho visto veramente la “gigantosità” di questi edifici.

Stavi già lavorando al fumetto?
Cristina: L’avevo appena iniziato e ho acquisito un sacco di documentazione! Penso solo alle piante che ci sono, alle strade…
Erica: Anche per me il lavoro di documentazione è stato veramente maniacale all’inizio, non so quante ore di video di Chengdu ho visto, oppure di documentazione in generale, perché era fondamentale.
Cristina: Erica mi mandava il link al video YouTube con il minuto e il secondo preciso in cui c’era esattamente quell’edificio che lei avrebbe voluto vedere, è stata proprio fantastica.

Questo sforzo di calarsi in un contesto culturale diverso ha creato qualche dubbio, qualche difficoltà?
Cristina: Chiaramente sì. Poi io ho fatto lingua orientale all’università, ho studiato giapponese, sono stata in Giappone quindi, ok, non ero totalmente smarrita in questo contesto. Chiaro, è servito tanto lavoro di documentazione, di video guardati, di articoli letti sulla Cina. E andarci di persona, anche solo per cinque giorni, è servito tanto.
Erica: Sì, anch’io ho voluto riportare i dettagli che venivano citati nel racconto. Ho cercato di avere più documentazione possibile da mandare a Cristina, ma anche di capire proprio i personaggi e come pensavano. Questo è stato un po’ più facile perché essendo così universale il rapporto padre-figlia che viene narrato mi ha toccata subito e mi ha fatto entrare nella storia originale. È stato più un lavoro di dettaglio credo, perché la materia umana era veramente universale, quindi è stato più facile.

Nonostante sia un fumetto di genere, Solarpunk nello specifico, le tematiche sono più ampie rispetto al contesto fantascientifico e ai suoi paletti.
Erica: Sì, credo che questa sia una forza di Future Fiction: portare in Italia racconti e prospettive da parti diversissime del mondo aiuta a capire che sì, le differenze culturali sono importanti, sono differenti visioni che vanno comprese e vanno narrate e vanno diffuse, ma fanno tutte riferimento a delle esperienze umane, a dei sentimenti che sono universali.
Cristina: Siamo sempre tutti esseri umani, alla fine.

Cristina, ti sei occupata anche della colorazione?
Cristina: Per la colorazione ringrazio tantissimo Katia Fantini, che mi ha fatto i colori piatti. E faccio sempre ridere la mia famiglia quando dico “oh, meno male che mi hanno fatto i piatti”, perché sembra che uno mi abbia fatto la lavastoviglie, invece… Lei mi ha sveltito molto il lavoro. Io poi ho messo tutte le ombre, le luci, gli effetti, ho usato dei pennelli Photoshop molto pennellosi appunto, quasi pittorici, perché volevo lasciare un’atmosfera di fiaba adatta alla modernità del racconto, che parla anche di tecnologie super avanzate ma sempre un po’ nella prospettiva della Cina più antica, quella delle stampe, delle tele fatte a mano. Mi sono divertita molto con i colori, ci sono tanti tramonti e tante scene notturne.

Erica sei anche curatrice editoriale della collana Futuresque di Future Fiction, nata un paio di anni fa. Come sta andando?
Erica: Iniziare è stata un’avventura, perché io vengo dal mondo della sceneggiatura e mi sono appassionata alla grafica un po’ più tardi. Però la cosa veramente divertente è stato vedere come ragazzi e ragazze italiani, ma non solo, si approcciassero a storie di altre culture e dessero il loro contributo a racconti già strutturati, perché noi trattiamo principalmente adattamenti. Il mix culturale che si genera adattando fantascienza africana, indiana, cinese e di altri paesi è davvero interessante ed è stato la scintilla che mi ha subito coinvolta. Oltre all’idea di narrare una fantascienza diversa a quella cui siamo abituati.

Erica, Cristina, grazie per la disponibilità!

Intervista realizzata l’1 novembre 2024 a Lucca Comics & Games.

BIOGRAFIE

Erica Benvenuti nasce a Foggia nel 1997. Dopo la laurea in Lettere Moderne all’Università di Bologna, si diploma in sceneggiatura per fumetti alla Scuola di Comics di Reggio Emilia e frequenta il corso “Autore di fiction cinematografiche e seriali” presso la Bottega Finzioni. Nel 2023 vince il Premio Sonego con la sceneggiatura del cortometraggio L’uovo, che riceve la menzione speciale del TSFM di Torino. Nel 2024 vince la Borsa di Formazione per il Miglior Soggetto del premio Mattador con il progetto Zorau – il peggior fumettista mai esistito. Ha lavorato come autrice e curatrice editoriale per case editrici, riviste e collettivi di fumetto. Attualmente frequenta il triennio di sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma e collabora con Future Fiction come curatrice editoriale della collana di fumetti “Futuresque”.

Cristina Tomasini nasce a Modena nel 1994, frequenta il liceo Classico e si laurea in Lingue Orientali presso l’ateneo di Bologna. Da sempre i fumetti sono la sua grande passione, che decide di seguire iscrivendosi alla Scuola Comics di Reggio Emilia, completando i corsi di Fumetto, Sceneggiatura e Colorazione Digitale. Dopo alcune collaborazioni indipendenti pubblica il suo fumetto d’esordio nel 2020, La Silfide, per Edizioni Orialcon, di cui cura l’intera parte grafica. Per la collana “Futuresque” di Future Fiction pubblica nel novembre 2021 Due Mondi, graphic novel auto conclusiva a tema solarpunk. Da gennaio 2022 collabora con lo studio grafico Symmaceo Communication in qualità di restauratrice di tavole Marvel (collane di Silver Surfer, Avengers, Hulk) in collaborazione con Taschen, nota casa editrice tedesca.

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