Quattro anni fa, quando comparve su Topolino una parodia del Dracula di Bram Stoker, era difficile immaginare come si sarebbero potute portare in maniera convincente le atmosfere gotiche e inquietanti del romanzo originale nel fumetto Disney. In effetti sarebbe stato più semplice realizzare una versione caricaturale dell’opera, come già accaduto diverse volte nel mondo dell’intrattenimento, piuttosto che puntare su una strada irta di difficoltà e mediazioni complicate tra il genere narrativo di quella storia e i paletti del fumetto Disney.
Bruno Enna e Fabio Celoni, invece, consegnarono ai lettori un’avventura carica di inquietudini e ombre, dove l’umorismo intelligente dello sceneggiatore si colloca in modo nient’affatto stridente con l’impostazione generale e con i disegni ispirati e d’atmosfera del collega fumettista.
L’operazione è stata poi replicata due anni fa con Lo strano caso del dottor Ratkyll e di Mister Hyde, felice trasposizione del famoso romanzo di Robert Louis Stevenson, che riesce a mantenere intatte le sensazioni dell’opera (pur con qualche licenza nella rappresentazione della dualità umana).
A chiudere questa simbolica “trilogia gotica” è Duckenstein, nel quale la difficoltà non era quella di mettere in scena un mostro, quanto di riportare le tematiche fondamentali del romanzo di Mary Shelley.
Frankenstein, o il Prometeo moderno
Si narra fosse una notte buia e tempestosa, quella del maggio 1816, quando nelle stanze di Villa Diodati Lord Byron, per rompere la monotonia delle letture gotiche e fantastiche cui erano costretti dal maltempo, propose una sfida ai suoi ospiti, John Polidori, Percy Bysshe Shelley, Mary Wollstonecraft Godwin e Jane Clairmont: scrivere un racconto del brivido.
Il compito venne portato a termine solo da due dei componenti del gruppo, Polidori con Il vampiro, e Mary Godwin, futura moglie di Shelley, con il romanzo Frankenstein.
L’opera colpisce ancora oggi il lettore per una serie di elementi, alcuni dei quali la classificano come il primo romanzo di fantascienza propriamente detto. Il protagonista, Victor Frankenstein, ispirato dalle letture di autori come Paracelso, Cornelio Agrippa, Alberto Magno, e spinto dalla morte della madre, porta avanti gli studi di medicina con l’obiettivo di creare un essere umano perfetto sia dal punto di vista fisico sia intellettivo. A tale scopo assembla una creatura composta da parti di cadaveri riesumati dal cimitero di Ingolstadt e per animarla utilizza l’energia elettrica trasportata dai fulmini.
L’idea di Mary Shelley è abbastanza evidente: mostrare l’arroganza dell’uomo che si ostina a sfidare il divino nella creazione della vita. L’ispirazione viene dagli studi dell’italiano Luigi Galvani che, durante un esperimento del 1781, era riuscito a provocare lo spasmo del un muscolo di una rana morta tramite stimolazione elettrica dei suoi nervi.
Per approfondire i suoi studi, Galvani si basò sulle ricerche del 1750 di Benjamin Franklin con gli aquiloni, progettando così un suo esperimento per comprendere gli effetti dell’elettricità atmosferica sulle contrazioni muscolari.
A proseguire e divulgare i lavori di Galvani ci pensò il nipote di quest’ultimo, Giovanni Aldini, che tra il 1802 e il 1803 si trovava a Londra per una serie di sperimentazioni mirate a ridare vita a dei cadaveri: è evidentemente ad Aldini che Mary Shelley pensava durante la scrittura di Frankenstein.
Nel momento in cui l’autrice inizia a descrivere le peripezie della creatura di Frankenstein, emerge anche un altro tema centrale del romanzo, quello della diversità e della paura che questa induce negli esseri umani. Queste ultime, insieme al generico timore di un progresso tecnologico incontrollato (anche se animato da buone intenzioni), sono temi portanti di un’opera comunque ricca di riferimenti scientifici, sociali e politici per molti versi ancora attuali. Il romanzo rappresenta perciò una sfida per chiunque voglia trasporlo in una versione cinematografica o fumettistica; come nel caso di Enna e Celoni, chiamati a riprodurre le atmosfere del libro e rendere gradevoli per i lettori di Topolino le parti più drammatiche.
Effetto “barbabietola”
In questo senso, il comune denominatore delle tre parodie di Enna e Celoni è proprio lo stratagemma che consente di adattare l’opera di partenza all’interno della “filosofia Disney“: questo meccanismo è definito dagli autori stessi la “barbabietola”, perché proprio quel vegetale fu la simpatica soluzione per soddisfare la sete di Dracula nella prima riduzione, rimpiazzando il sangue.
In questo caso c’era la necessità di sostituire la natura della creazione del dottor Victor Frankenstein: se da un lato la scelta ovvia sarebbe stata quella della costruzione di un automa dotato di intelligenza (o comunque di una sorta di autonomia di pensiero), dall’altro i due fumettisti decidono di omaggiare un grande artista italiano. Famosa, infatti, la leggendaria battuta di Michelangelo alla fine della realizzazione del suo Mosè:
Perché non parli?
peraltro ripetuta dal protagonista stesso durante la sua tormentata ricerca scientifico-artistica.
Duckenstein oscilla tra arte e scienza, arrivando a realizzare una creatura fatta di cartone e animata grazie all’uso di colori particolari e all’energia dei fulmini catturata con un aquilone: prende così vita un “cartone animato”, un essere senza peso dall’aspetto inquietante ma fondamentalmente buono e gentile.
Enna, quindi, basa la parodia sul parallelo tra la creazione della vita e quella artistica: è indubbiamente un collegamento piuttosto raffinato, che da un lato mostra l’abilità dello sceneggiatore nel riuscire a rendere densa e profonda la trama dell’avventura fumettistica, ma dall’altro tradisce lo spirito di critica presente nel romanzo.
Dei molti temi trattati dal Frankenstein di Shelley, proprio quello della generazione artificiale della vita è utilizzato per biasimare l’arroganza dell’uomo nei confronti della natura. La scelta metanarrativa utilizzata da Enna, per quanto gradevole e utile ad alleggerire l’atmosfera, risulta meno profonda rispetto all’originale: la ricerca di Duckenstein è volta semplicemente ad animare la creazione artistica, la cui autocoscienza è un effetto imprevisto, mentre Frankenstein cerca i segreti più profondi della vita stessa.
Per contro, la parodia ha il pregio di spostare l’attenzione sul tema della diversità, approfondito in particolare nella seconda parte, con il mostro1 coprotagonista e narratore della vicenda.
Nel dettaglio, se la prima parte mantiene una certa fedeltà alle atmosfere del libro, la seconda appare più ricca di brio grazie allo stile brillante e autoironico della voce della creatura, la cui caratterizzazione ricorda il mostro portato in scena da Mel Brooks nel suo esilarante Frankenstein Jr. Giocano qui un ruolo importante anche i nipotini, che instaurano un rapporto di fiducia e amicizia con la creatura: è questa la premessa del classico lieto fine che da un lato libera i due protagonisti della loro aura drammatica, e dall’altro è un evidente omaggio a quella magia che Walt Disney portò nel mondo grazie alle sue creazioni e ai parchi a tema sparsi nel mondo.
Fabio Celoni, dal canto suo, realizza tavole ispirate e a tratti visionarie: l’artista mette al servizio della trama il proprio stile morbido e cesellato, che risalta principalmente nella figura dei personaggi e nella rappresentazione degli sfondi. I Paperi di Celoni si confermano dotati di un aspetto dinamico e fluido, nel quale becchi e corpo sono caratterizzati da curve armoniche e da un’animazione raffinata.
Le ambientazioni sono ricche di dettagli ed elementi mai lasciati al caso, ma sempre nell’ottica di inquadrare meglio la scena, che rimane comprensibile nonostante l’abbondanza di oggetti e situazioni rappresentate.
Il tutto è racchiuso in una gabbia che si concede poche libertà rispetto a quella standard di Topolino (con l’unica significativa eccezione della splash-page al momento della creazione dell’essere), ma in cui la forza dei disegni riesce comunque a calare il lettore in un’atmosfera fortemente angosciante, anche grazie ai colori di Luca Merli.
Le gradazioni di rosso per il cielo durante l’esperimento di Victor, ad esempio, sono assolutamente azzeccate e “malate” al punto giusto, ma anche a livello puramente illustrativo certe scene come quella in cui Duckenstein dissotterra una cassa durante una notte temporalesca, o in cui corre nelle vie buie della città alla ricerca della propria creatura, sono portatrici di una drammaticità viscerale che non trascende mai i confini dell’estetica disneyana.
La presentazione a Lucca Comics
Lunedì 31 ottobre 2016, nel corso di Lucca Comics and Games, si è tenuto un panel con Fabio Celoni e Davide Catenacci (caporedattore comics di Topolino) per parlare di Duckenstein.
L’incontro è stato piuttosto informale, anche grazie alla simpatia del disegnatore, molto disponibile nel rispondere alle domande e nel realizzare live un bel disegno durante l’incontro.
Invitato dalla moderatrice, Celoni ha cominciato spiegando come questa parodia si fosse presentata più complicata delle due precedenti, proprio per via delle tematiche affrontate; l’idea di Enna ha dato la svolta alla storia, permettendo uno svolgimento più tranquillo di tutto il progetto. Entrambi sapevano che Frankenstein non era solo il racconto di una grossa e goffa creatura ma un’attenta riflessione su alcuni temi delicati.
Catenacci ha specificato che questi “passaggi mentali” sono spesso normali negli autori disneyani di lungo corso, che conoscono molto bene personaggi e regole narrative e che quindi sanno benissimo cosa raccontare e come, sottolineando che nel giusto modo si può parlare pressoché di tutto anche su Topolino.
Celoni ha riaffermato l’affiatamento tra lui e lo sceneggiatore sardo, illustrando la grande intesa tra loro due nella realizzazione di tutte e tre le parodie gotiche, e raccontando che a livello di estetica e colori Lo strano caso del dottor Ratkyll e di Mister Hyde aveva atmosfere più brumose, da Londra vittoriana, mentre per Duckenstein ha attinto a colori più caldi, con abbondanza di rosso, per evidenziare il dramma interiore del protagonista.
Il disegnatore ha poi aggiunto che la scena della nascita della creatura è stata una sfida: era necessario che il lettore cogliesse sia lo shock della creatura sia quello di Duckenstein di fronte a quanto realizzato, quindi non era facile scegliere l’inquadratura, considerando di dover mostrare anche parte del laboratorio, e che in ambito Disney tutto quanto appare nelle vignette dev’essere perfettamente comprensibile, senza sfoggi d’arte fini a se stessi.
Per l’aspetto di Duckenstein, infine, il disegnatore ha rivelato di essere partito molto “forte” per poi procedere per sottrazione, fino ad ottenere il giusto equilibrio tra gli elementi estetici.
Celoni si è detto anche molto contento dell’esistenza di ristampe di lusso per queste storie: Davide Catenacci è intervenuto per evidenziare come siano prodotti apprezzati dai lettori, in special modo per i “dietro le quinte” contenuti.
Al termine dell’incontro il disegnatore ha rivelato di essere molto affezionato al personaggio di Pippo Van Helsing da Dracula di Bram Topker, che gli viene spesso richiesto come sketch alle fiere, e che per quanto riguarda il genere horror/gotico lui e Bruno Enna hanno detto tutto quello che avevano da dire: hanno però in serbo qualcos’altro insieme per Topolino, di natura ancora top secret.
Abbiamo parlato di:
Topolino #3179-3180 – Duckenstein di Mary Shelduck
Bruno Enna, Fabio Celoni
Panini Comics, 1 e 2 novembre 2016
164 pagine cadauno, brossurati, colori – 6,00 € + 2,50 €
Interessante osservare come Frankenstein non si preoccupi di nominare la sua creatura, mentre Duckenstein le assegna un nome, per quanto legato a un suono onomatopeico ↩