Sabato 7 febbraio è stata inaugurata la mostra Siamo tutti Charlie al museo WOW di Milano. Realizzata grazie alle vignette di un nutrito gruppo di fumettisti (alcune di queste erano parte del tristemente famoso volume del Corriere), è stata anticipata da un incontro/dibattito sulla satira. Introdotto dal direttore del museo, Luigi Bona, il dibattito si è di fatto svolto come una sorta di non conferenza realizzata a braccio: laddove, infatti, nelle non conferenze classiche c’è un foglio di prenotazione o una parete adibita per inserire un titolo e/o una breve sinossi dei propri interventi, in questo caso chiunque aveva voglia o sentiva di dover aggiungere qualcosa all’intervento iniziale di Bona alzava la mano, andava sul piccolo palco, impugnava il microfono e iniziava a dire la sua.
L’esordio di Bona è un chiarimento sul significato della strage della redazione di Charlie Hebdo:
I fatti di Parigi trascendono #CharlieHebdo, ma coinvolgono la libertà di satira
Il senso dell’intervento iniziale del direttore Bona è abbastanza semplice: la serata, organizzata in onore del settimanale satirico francese e per ricordare i fumettisti uccisi nell’attacco di un mese fa, ha innanzitutto come obiettivo quello di parlare della libertà di satire e, per estensione, della libertà più in generale di ciascun individuo di poter avere e sostenere idee e opinioni differenti.
Parlare, discutere, confrontarsi: questa è la libertà di espressione
ha infatti detto Bona in uno degli interventi che meglio di tutti rappresentano il senso della non conferenza e della mostra stessa.
Tra gli argomenti toccati da Bona, c’è stata anche la censura, in Italia e non solo:
Non potete immaginare quanti dei testi, delle canzoni, delle poesie che leggete ogni giorno subiscono una censura
Censura che, per esempio, applicano in molti, come per esempio il Corriere, giornale che spesso pubblicizza le iniziative di linus, rivista che, nei suoi tempi gloriosi, era vicina almeno nello stile proprio a Charlie Hebdo. Per onorare questa vicinanza, la redazione ha infatti pensato bene di realizzare un inserto di 32 pagine dedicato a Georges Wolinski dal titolo wolinus: una raccolta di vignette e brevi storie che ben condensano l’attività del disegnatore. Quando, però, il Corriere ha deciso di pubblicizzare l’allegato, ha pensato bene di non pubblicare la copertina dello stesso. Di fronte a esplicita domanda riguardo tale precisa scelta, è stato ricordato sul palco, la redazione di linus si è vista rispondere qualcosa del tipo l’illustrazione è troppo audace per i nostri lettori..
Ad ogni modo, ci sono stati, in particolare, un paio di interventi che ho trovato interessanti e che provo a riassumervi (con tutte le difficoltà del riportare qualcosa utilizzando appunti e memoria e non un audio registrato):
Nella satira c’è bisogno di una sorta di autocensura, non perché ci sono cose che non vanno dette, ma perché non sempre i lettori riescono a interpretare nel modo giusto ciò che si vuole dire.
Quasi a dimostrazione che, almeno in Italia, la cultura sulla satira è pressocchè minima è quello che ha detto un fumettista che abita a via Padova, la strada di Milano multiculturale per eccellenza:
Quando ho realizzato la vignetta per la mostra, gli unici che mi hanno detto “stai attento che ti fanno saltare in aria” sono stati gli italiani.
Per tornare all’origine della serata, però, il punto dolente erano le motivazioni che hanno spinto alla strage: motivazioni religiose di vilipendio all’islam. Eppure Bona ricorda chiaramente che:
A Charlie Hebdo interessava delle religioni la loro capacità di manipolare persone, politica, eserciti
A questo punto si aggancia molto bene Don Alemanno, l’autore di Jenus, con il suo intervento, incredibilmente serio per chiunque abbia avuto il piacere di assistere alle sue presentazioni:
La dottrina non c’entra niente con l’idea di dio
Don Alemanno, grazie alla satira papale e cattolica che realizza da anni sia su web sia su carta, è di fatto un esperto di offese e attacchi personali di origine religiosa, quindi conosce perfettamente la materia di cui si sta discutendo. Per lui è, quindi, chiaro il senso della satira di Charlie Hebdo, al di là dell’essere o meno d’accordo con il contenuto delle vignette: una critica all’uso della religione, ai suoi aspetti esteriori (come la verginità di una donna, per esempio, ricorda lo stesso Don Alemanno) e non al credo di ciascun individuo.
Siamo tutti fortissimi, ma con il culto degli altri.
Da un’ottica più strettamente politica, è decisamente interessante l’intervento di una delle due rappresentanti del Comitato di Zona 4 presenti ieri, che ben identifica il modo abbastanza ipocrita con cui molti, soprattutto politici, si sono trasformati in paladini della libertà di espressione:
In sede di discussione le opposizioni, dopo aver dato voto favorevole, hanno chiesto:
“Noi vorremmo prima vedere le vignette che verranno esposte”
Ovvero: satira libera, ma sotto certe condizioni.
In chiusura ho preferito lasciare la frase che, secondo me, meglio di tutte sintetizza l’idea dietro la mostra e la discussione. Giorgio Salati in poche parole ha colto il senso dell’essere lì in quell’occasione al tempo stesso triste e speciale:
La risposta alla satira è la satira
C’è ben poco altro da aggiungere se non la bella atmosfera della serata, che ha visto appassionati di fumetti, gente comune, operatori del settore insieme senza alcuna distinzione a interrogarsi serenamente sulla satira e la libertà di espressione. Senza però dimenticare, come ha detto la presidente del Comitato di Zona 4, coloro che nel silenzio, e per gli stessi motivi dei fumettisti di Charlie Hebdo, vengono uccisi ogni giorno:
Vorrei che ricordassimo coloro che muoiono senza nemmeno avere la possibilità di scelta