12 Ottobre 2013, Cremona – In occasione dei 25 anni dall’apertura del Centro Fumetti Andrea Pazienza l’Ottobre 2013 di Cremona si arricchisce di eventi e incontri tematici più disparati che accompagneranno gli appassionati di fumetto fino al giorno 26 con la premiazione ufficiale del concorso nazionale per disegnatori Andrea Pazienza.
Uno degli incontri più interessanti da seguire, considerato il percorso di rinnovamento che la Sergio Bonelli Editore sta svolgendo sul personaggio, è “Dylan Dog! La musica, gli amori, la morte e molto altro”, che ci permette in colpo solo di ascoltare due dei disegnatori che ne hanno fatto la storia, Giampiero Casertano e Carlo Ambrosini, e l’uomo che ne gestirà il futuro, il curatore della testata Roberto Recchioni.
Il rapporto con Tiziano Sclavi e Dylan Dog
Accomodati all’interno della struttura, che ospita per l’occasione la splendida mostra I love fumetto, comincia l’incontro con gli autori, moderato dal direttore del Cfapaz Michele Ginevra, e che vede inizialmente confrontarsi i due disegnatori sui rispettivi esordi in Dylan Dog e sul loro rapporto con Tiziano Sclavi.
Giampiero Casertano si sofferma a raccontare in particolare il primo incontro con il creatore di Dylan Dog nel 1986, e la genesi del numero 10, Attraverso lo specchio, storia molto amata dai fan e in cui per la prima volta appare il personaggio della Morte.
Mi fece (nda: Tiziano Sclavi) una domanda che non mi aspettavo: mi chiese cosa mi piacesse disegnare. Istintivamente gli risposi che avevo una passione per la storia e che mi piacevano moltissimo i costumi. Dopo un attimo di silenzio mi disse: <<Va bene. Tu torna tra qualche giorno, ti lascio la sceneggiatura, tu leggila e vediamo>>. Tornando allo studio dove lavoravo mi resi subito conto di aver detto una stupidaggine. Cosa centrava l’ambito storico con un ambientazione moderna, horror, a Londra? Qualche giorno dopo mi arrivò la sceneggiatura, erano una ventina di tavole. Iniziava con un disegno di Londra, una panoramica, proseguiva con quello di una villa situata in pieno centro e poi con l’entrata in un enorme salone dove si stava svolgendo una bellissima festa in costume a tema storico. Mi disse: “Divertiti”. Questo per farvi capire come Tiziano volesse il massimo dai suoi collaboratori, dandogliene la possibilità e dando lui stesso il massimo.
Carlo Ambrosini entra anche lui prestissimo a far parte della rosa dei disegnatori di Dylan Dog, dopo la chiusura di Nico Macchia fumetto da lui disegnato per la rivista Orient Express, chiuso in breve tempo. Debutta con il numero 16, Canale 666, numero incentrato sul potere mediatico della televisione privata e commerciale. Dice di Sclavi:
Tiziano è riuscito con il linguaggio veloce e immediato a toccare temi molto complessi, molto delicati, salvaguardando la leggibilità e la scorrevolezza degli albi. Prima di tutto le sceneggiature di Tiziano erano un vero e proprio dialogo con l’autore e una serie di provocazioni, di imput su come ispirarti, su come prendere determinati tagli, su verso cosa appoggiarti per avere una dimensione non tanto varia del clima che voleva vedere o in qualche modo sperimentare.
Temi e modus operandi di Sclavi che, come lo stesso Roberto Recchioni ribatte, hanno dato il via ad un nuova maniera di percepire il passaggio dagli anni ottanta ai novanta, esattamente con la stessa sensibilità di autori inglesi quali Neil Gaiman, ma precedendoli.
Una cosa interessante di Dylan, oltre ad aver anticipato il sentito degli anni novanta e aver gettato la prima pietra, la prima lapide, sull’edonismo degli anni ottanta, è che ha anticipato tutta quell’onda di scrittori inglesi che poi hanno investito il mercato americano, quelli che poi hanno fatto la Vertigo. Tiziano ha fatto dieci anni prima un fumetto con quel tipo di sensibilità, con lo stesso tipo di provocazione culturale.
Si considera poi l’apporto di Ambrosini come sceneggiatore, passando da Margherite, storia breve partita da un suo soggetto, fino alle sue storie più famose, tra cui L’isola misteriosa, in concomitanza al graduale abbandono della testata da parte di Tiziano.
Dylan Dog e la musica, dal clarinetto al metal
La seconda parte della conferenza è dedicata completamente al rapporto che ha Dylan Dog con la musica ed al rapporto che può intrecciarsi tra musica e fumetto, in particolare durante le performance live, argomento che tocca nello specifico Casertano coinvolto in un progetto sui generis con la scuola di musica della sua città.
E proprio parlando di musica che il divario generazionale degli autori si fa evidente. Da un lato Casertano si sofferma a parlare del rapporto che ha Dylan con il clarinetto e la suonata del Tartini:
Dylan vorrebbe suonare benissimo il clarinetto ma non ne è capace. Inoltre non gli basterebbe saperlo suonare da dilettante, anzi, al contrario, vorrebbe riprodurre” Il trillo del diavolo” che è un pezzo scritto per violino e tradotto solo successivamente in clarinetto, insomma un virtuosismo a detta dei maestri. Inoltre suonare per Dylan è, in primo luogo, un momento per concentrarsi, per pensare, per entrare in un’altra dimensione…
Dall’altro Roberto Recchioni, che Dylan Dog lo ha vissuto prima come fenomeno culturale da lettore e solo in seguito come personaggio su cui lavorare come sceneggiatore, si sofferma invece ad analizzare l’importanza dei gusti rock e metal del protagonista e l’effetto che ciò sorbiva su un’intera generazione di amanti del genere o quasi.
Il mio primo numero di Dylan Dog è stato il numero 5 in cui Tiziano si è divertito a inserire tutta una serie di citazioni di band rock e metal […]. E io, dodicenne appassionato con il poster degli Iron Maiden in camera mi esaltavo tutte le volte che nel fumetto si vedeva qualcosa di rock!
Ribadisce poi la potenza di certe brillanti scelte di Sclavi, che crea un antieroe capace di passare sì dai Black Sabbath al “Trillo del diavolo”, ma senza essere in grado di affinarsi in ciò che è più raffinato e alto e sottolinea l’antitesi tra Dylan, pessimo strumentista, e Sherlock Holmes, ottimo suonatore di violino.
Le diverse opinioni sulle performance che fondono fumetto e musica offrono uno stimolante scambio di battute tra i tre ospiti che si sviluppa, in un primo tempo, evidenziando le somiglianze tra i due linguaggi e i limiti della loro potenza nel caso si trovino a coesistere, e, in secondo luogo, generando un dibattito sulla tipologia di approccio di scrittura, rigido o meno, da adottare nel fumetto e sull’importanza dei limiti imposti e auto-imposti.
Dylan Dog: appunti per un nuovo ciclo
L’ultima parte dell’incontro si concentra invece sul tema più succulento e scottante: la nuova rinascita della testata e i cambiamenti che Roberto Recchioni insieme alla sua equipe di sceneggiatori e disegnatori intende apportare a Dylan Dog per riportarlo in auge. Egli spiega in primo luogo il motivo per cui Dylan è divenuto fenomeno negli anni ottanta e novanta, prendendo in considerazione la funzione sociale e il ruolo identificativo svolti dal fumetto stesso.
Adesso è un po’ difficile capire per gente un po’ più giovane di voi cosa significasse leggere Dylan Dog i primi anni. All’uscita di Dylan, infatti, non c’era internet, non c’erano i videoregistratori e neanche le VHS e proprio per questo la citazione del monologo finale di Blade runner in Alfa e omega non è tanto una citazione facile, quanto un manifesto di appartenenza ad una tribù. Ti diceva che non eri tu lo strano […]. Tiziano ha detto ad un popolo, che poi è diventato il popolo di Dylan negli anni, che poi, oggi, è il popolo che sta nella stanza dei bottoni […]: “Guardate che in tutte le cose che la cultura tratta come spazzatura c’è qualità e voi non siete i soli ad amarle”.
Poi enfatizza una delle caratteristiche fondamentali della testata, cioè quella di apparire, nei suoi primi anni di vita, come una pubblicazione innovativa, risultando arricchita di commistioni e suggestioni culturali vicine sia a quelle proposte dai fumetti francesi, sia a quelle incluse nel fumetto italiano, ma tutto questo inserito in un classico formato bonelliano.
L’arrivo di Dylan dimostrò che quel fumetto un po’ incomprensibile francese, quel fumetto italiano di cultura e il fumetto Bonelli potevano coesistere e che poteva esserci di fatto un fumetto d’autore in edicola. Questo è stato il primo grande cambio devastante, è stato il momento in cui ti chiedevi: “Ok! Chi è che ha scritto questo albo?”
Esplicita poi le motivazioni che stanno spingendo verso la ri-modernizzazione, mettendo al primo posto il bisogno di concepire di nuovo Dylan Dog come fumetto emozionante, un fumetto che, per riacquistare la carica dei primi tempi e l’amore di buona parte del pubblico, deve osare, deve sperimentare e deve rischiare. Rischi che il nuovo curatore si prenderà dopo l’Ottobre 2014 con l’apertura del nuovo ciclo di storie denominato “Distruzione e rinascita” e che vedrà al timone vecchie e nuove leve.
Stiamo lavorando ora per le storie che vedrete dall’ottobre dell’anno prossimo. Si partirà con una mia storia, rimasta nel cassetto per un po’, e che fungerà da prologo: “Spazio profondo”. Doveva essere inizialmente disegnata da Massimo Carnevale, ma alla fine è stata riassegnata a Nicola Mari, quindi sono altrettanto entusiasta. Sarà un albo a colori speciale a prezzo di copertina. Si proseguirà con una storia di Paola [nda: Barbato] e Bruno Brindisi che, ve lo dico prima, parla del pensionamento di Bloch e poi sarà il turno di Simenoni-Casertano e di Bilotta.
Strutturato sull’impronta delle serie televisive, ma senza l’idea di una continuity spinta in modo tale da mantenere autonomo ogni singolo albo, la nuova ciclicità comporterà una serie di scossoni e cambiamenti nella vita di Dylan.
Assisteremo perciò già da Novembre 2014 al vociferato e a lungo discusso pensionamento di Bloch, deciso con l’unico scopo di ridare dignità ad un personaggio ormai debole, riguardo il quale il curatore afferma:
Quando si dice Bloch va in pensione non significa che Bloch muore e va fuori dalle scene, significa solo che Bloch va in pensione. Anzi sarà più presente di prima nelle storie e sarà più interessante rispetto al modo in cui viene utilizzato oggi, cioè non sarà più un mezzo, un mero strumento narrativo che risolve a Dylan determinati problemi, chiuso in tutta una serie di luoghi comuni triti e ritriti da cui non schioda. Poiché il personaggio non fa più alcun tipo di evoluzione, non ha più nessun tipo di apporto a Dylan, lo mandiamo in pensione, lo facciamo uscire da questa gabbia che gli è stata costruita intorno e lo riportiamo di nuovo ad essere un personaggio cool.
Anche l’approccio con Londra cambierà: la città verrà di fatto disegnata per quello che è, per come noi la conosciamo e non più come la città finta, fuori dal tempo e dallo spazio e démodé dei vecchi albi. Ma soprattutto ritroveremo un Dylan Dog sempre più tormentato, sempre più a rischio, sempre più in pericolo e, soprattutto, sempre più centrico:
Delle cose che sono date per certe non lo saranno più e soprattutto rialzeremo il livello di emozioni, minacce e pericolo che Dylan deve affrontare. Dylan non deve essere un quarantenne comodo, deve essere un trentenne scomodo che ha tutta una serie di difficoltà, tutta una serie di inquietudini e che vive con intensità ogni situazione e soprattutto le vive al centro. Questo è uno dei punti cruciali per cui sto rompendo a tutti gli sceneggiatori: rivoglio Dylan al centro delle storie! Dylan deve essere motore della narrazione, mobile o immobile, deve essere lui il centro.
Casertano poi si espone descrivendo il suo lavoro per il terzo albo di fase due come estremamente faticoso, trattandosi di un volume che ha come tema dominante “la folla” e quindi esigendo la presenza di un notevole groviglio di persone per ogni singola vignetta e descrive il clima di grande sperimentazione che si respira nell’aria:
Io vivo questo rinnovamento con fascinazione da una parte, ma con dramma dall’altra. Con fascinazione perché sento lo spirito dei primordi. C’è voglia di rischiare, c’è voglia di affascinare, c’è voglia di stimolare con sangue e sudore. Però allo stesso tempo con timore. Provate a pensare ad un disegnatore che si misura con una tecnica, con un modo di raccontare che ormai è stato codificato fino alla nausea e che ora si ritrova a mettersi totalmente in discussione. E’ sicuramente più faticoso e rischioso.
Concluso l’evento, satolli di informazioni, non resta che ascoltare rapiti l’esecuzione del clarinettista Tommaso Calcina, che suona le stranianti note del “Trillo del diavolo” agli astanti. E pensare sotto sotto a come l’avrebbe suonata male il caro vecchio Dylan.
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