Sabato 26 gennaio Massimiliano Bergamo è stato ospite della fumetteria padovana Fumetti & Soda, in collaborazione con la Scuola Internazionale di Comics di Padova. Il disegnatore, al lavoro negli ultimi anni per Sergio Bonelli Editore, ha mostrato agli appassionati presenti le tavole originali de La testa di Pasquino, settimo volume di Mercurio Loi, realizzate utilizzando una mina sanguigna e non la matita blu che di solito i fumettisti usano, perché – ha detto – preferisce un colore che gli trasmetta calore, mentre disegna.
Vogliamo raccontare qui alcuni aspetti della lavorazione che sono emersi durante l’incontro, tra una chiacchiera e l’altra, e di conseguenza in ordine rigorosamente sparso.
Sul megaschermo della fumetteria vengono proiettate alcune tavole digitali di Nascondino, il quattordicesimo albo della serie sceneggiata da Alessandro Bilotta. Subito la curiosità ruota intorno alla realizzazione totalmente digitale di questo capitolo, che spiega essere stata una scelta per ridurre le tempistiche di esecuzione e per facilitare il riuso di alcune inquadrature, che a volte si ripetono lungo le pagine.
Bergamo spiega i passaggi del suo lavoro e dice che, scegliendo il metodo digitale, ha potuto saltare quello della definizione a matita delle tavole, creando storyboard molto precisi, per poi passare direttamente all’inchiostrazione.
Non si è trattata di una prima volta, perché in precedenza il suo ultimo numero di Lukas lo aveva già visto impegnato al computer piuttosto che al tradizionale tavolo da disegno, ma ritiene di aver mantenuto comunque uno standard qualitativo elevato su Mercurio Loi, come mostrato dal fatto che, nel passaggio diretto dallo storyboard alle chine, si riescono a mantenere maggiori freschezza e immediatezza.
Scendendo ulteriormente nel dettaglio, ecco l’iter seguito da Bergamo per i suoi due episodi: dopo aver ricevuto la sceneggiatura da Bilotta, per prima cosa ha raccolto online la documentazione necessaria per trasporre palazzi, trasporti, armi e vestiti e successivamente ha iniziato a disegnare. Lo sceneggiatore ha fornito all’artista anche gli studi dei personaggi realizzati da Andrea Borgioli e le foto di alcuni luoghi che dovevano essere inseriti nella storia, come per esempio la Rocca di Passignano mostrata a pag. 16 de La testa di Pasquino, oltre a un elenco di libri illustrati di riferimento per ricreare l’ambiente romano dell’epoca. Un’altra indicazione fondamentale riguardava la recitazione dei personaggi, che doveva essere enfatizzata in senso teatrale, secondo un preciso criterio registico.
Per entrare nel mondo della serie ci ha mostrato molti studi sui personaggi, anche su Ottone; proprio mentre realizza uno sketch dedicato alla spalla del protagonista, Bergamo si sofferma sull’importanza dei dettagli, in particolare sulla linea delle giacche indossate: dice che le lunghe code degli abiti un tempo servivano per evitare di mostrare il sedere, cosa ritenuta sconveniente, e che il loro taglio verticale era d’uso per consentire alla persona di montare agevolmente a cavallo. Inoltre, ci confida che quelle estremità svolazzanti, nella sua testa, a volte svolgono lo stesso ruolo del mantello dei supereroi.
Altro elemento rilevante e solo apparentemente secondario – continua – è costituito dagli occhi; palpebre e iride devono essere disegnate con molta attenzione per un risultato che indovini la giusta espressione, ma dev’essere anche simmetrico, diversamente dalla realtà nella quale la perfetta simmetria non esiste. Allo stesso tempo, anche le mani richiedono tempo e impegno, essendo fondamentali per la gestualità, andando a delineare, insieme al volto e alla postura della figura, un’espressività complessiva che è stata per l’artista sfida interessante e momento didattico.
Mentre l’ospite continua a dedicare volumi e disegni agli appassionati, sfogliamo gli storyboard cartacei de La testa di Pasquino, delineato nei minimi dettagli su fogli A4 con due tavole per ogni facciata. Oltre ai balloon e alle onomatopee, i primi a essere impostati per avere ben chiari gli spazi disponibili per i testi e i disegni, si notano alcuni segni a lato della gabbia: si tratta di “crocini” utili per suddividere con precisione le vignette, al fine di mantenere una griglia molto ordinata e regolare, tipologia scelta da Bergamo per questa serie. Gli occhi cadono su pag. 78: ci sono tre strisce, due sono suddivise in 8 vignette e mostrano il viso di Mercurio che cambia espressione. Quando chiediamo all’artista padovano quale percorso abbia scelto per la sequenza dei volti, ci risponde che ha usato un disegno base comune a tutte le vignette, per poi ridisegnare i volti uno a uno, per non incorrere in un effetto “fotocopia”, come richiesto dalla sceneggiatura.
Un’altra domanda sul settimo capitolo riguarda pag. 81, in particolare il merletto presente nel secondo rettangolo: per ricreare un effetto ottico suggestivo e straniante, sono state tracciate verticali nere, seguite da orizzontali a penna bianca, e nuovamente oblique a linea nera per la parte più interna. Mentre ammiriamo le tavole, il disegnatore rivela di preferire il lavoro su carta rispetto al digitale, per tre motivi: perché gli consente di toccare fisicamente con mano le tavole; perché il contatto fisico trasmette maggiore calore, rispetto al freddo schermo del display; infine, perché, venalmente parlando, gli originali su carta rimangono e hanno un valore.
Passando a Nascondino, si parla della regia impostata da Bilotta per il gioco dei numeri inserito nelle pagg. 86-87: ogni vignetta è stata ponderata con massima riflessione dall’autore romano, che voleva innescare un meccanismo psicologico nel lettore, associando numeri e immagini, anche in aperto rimando al gioco del nascondino intrapreso da Dante nelle pagg. 25-32. Per Bergamo si tratta di una sequenza che personalmente gli ricorda alcune scelte stilistiche del celebre Alan Moore.
Infine, allargando il discorso al di fuori di Mercurio Loi, progetto anomalo rispetto ai suoi gusti, ma accolto con spirito d’avventura perché realizzare qualcosa al di fuori della sua comfort zone era cosa stimolante, l’artista svela che gli piacerebbe disegnare Nathan Never, perché si sente principalmente un disegnatore di fantascienza: tiene a distinguere la parola “disegnatore” da “fumettista”, specificando di ritenersi più un disegnatore “puro”, appunto, che un fumettista nel senso classico del termine.