Paul Kirchner, nato nel 1952, esordisce nel fumetto verso la metà degli anni ’70 con Dope Rider sulla rivista High Times, una strip comica profondamente influenzata dalla controcultura lisergica di quegli anni. Questo Il bus è invece la sua seconda strip, creata nel 1979 per Heavy Metal, la versione americana del Metal Hurlant francese, e sviluppata fino al 1986, quando la rivista passa a mensile.
Kirchner, del resto, con i primi anni ‘80 era passato al toy design, occupandosi anche di realizzare fumetti per i grandi successi commerciali dell’epoca, legati alle serie animate televisive e ai fumetti correlati: He-Man, ThunderCats, G.I. Joe e Power Rangers fra i più noti.
Il bus ha una impostazione minimale: una semplice striscia muta di tre o quattro vignette, dove un mediocre impiegato di mezz’età, grassoccio e calvo, aspetta il bus leggendo il giornale. Questo punto di partenza viene deformato con ogni variazione possibile, tendenzialmente di tipo surrealista e fantastico.
Appare evidente un rimando a Franz Kafka e al suo surreale che impatta in una situazione di ordinaria mediocrità: tanto più che un elemento ricorrente è l’apparizione di uno scarafaggio, rimando evidente a La Metamorfosi (1917). E la metamorfosi è spesso una delle chiavi di trasformazione messa in gioco per modificare la normalità in modo sorprendente. A differenza di Kafka, la cui metafora dell’inetto novecentesco è più scoperta, Kirchner non pare usare la deformazione fantastica per introdurre una morale, ma semplicemente fare irrompere l’assurdo senza spiegazioni nel quotidiano, con un effetto ancor più spiazzante.
Tra gli altri modelli letterari è evidente anche un richiamo più sottile, quello agli Esercizi di Stile di Raymond Queneau, dove l’autore variava cento volte il racconto di un banale viaggio in autobus. Queneau non sceglieva necessariamente la declinazione surreale prediletta invece da Kirchner, ma l’influenza è evidente (l’opera, del 1947 in un primo nucleo, era stata ristampata nel 1969 quasi come un manifesto dell’Oulipo francese, l’avanguardia legata alla letteratura combinatoria).
Se le situazioni messe in campo sono raffinatamente deliranti, lo stile di Kirchner è quanto di più piano e lineare sia possibile. Pur nell’indubbia eleganza del tratto, gli elementi sono delineati in modo neutro, apparentemente oggettivo, quasi come quegli opuscoli informativi a fumetti che spiegano il corretto comportamento in aereo, sul treno o – appunto, perché no? – sull’autobus.
Naturalmente, è una scelta anche qui di sapore kafkiano, che accentua l’assurdità delle situazioni messe in campo: stilisticamente viene da pensare a René Magritte, citato in periodiche apparizioni di uomini in bombetta che si rivelano altro da quello che sembrano. Non mancano, comunque, rimandi contenutistici anche agli altri grandi maestri del surreale, da Salvador Dalì ad Escher, fino ad antesignani come Bosch e il suo Il giardino delle delizie.
Se quindi il contenuto delle strip è estremamente surreale, per contrasto la struttura è decisamente regolare: una classica strip muta di tre o quattro vignette, raramente sostituita da una sola immagine o da qualche soluzione grafica differente. Non appaiono mai dialoghi, ma talvolta ci sono didascalie: e più spesso ancora il testo rientra nella storia tramite la cartellonistica stradale e pubblicitaria.
Insomma, questa ristampa è la meritoria riscoperta di un autore e di un fumetto molto meno noti di quanto dovrebbero essere, una strip che dimostra appieno le capacità del medium fumetto di esplorare i terreni dell’assurdo metafisico anche nei confini rigidi di una semplicissima tavola.
Abbiamo parlato di:
Il bus
Paul Kirchner
Edizioni Barta, 2017
Brossurato, 98 pag., bianco e nero – 12,00 €
ISBN: 9788898462087