Bauhaus: costruire la libertà, ieri come oggi

Bauhaus: costruire la libertà, ieri come oggi

Valentina Grande e Sergio Varbella raccontano in una graphic novel la parabola del Bauhaus, scuola e movimento di idee che cambiò il Novecento.

“La libertà spaventa. In nome del decoro, della norma e del passato, le persone sono incasellate ed eterodirette. Ma non c’è creazione artistica, non c’è guizzo di genio, non c’è sviluppo personale, non c’è umanità dove il potere esercita il suo controllo.”

Queste parole sono tratte dalla postfazione della sceneggiatrice Valentina Grande che si trova in calce alla graphic novel pubblicata da Centauria Libri dedicata al Bauhaus, scuola e movimento di idee che esattamente un secolo fa cambiò il modo di guardare all’arte, all’architettura, al design.
Le analogie tra gli anni Venti del XX secolo e quelli del XXI da un punto di vista politico, sociale ed economico, sono per certi versi impressionanti: oggi come 100 anni fa, la considerazione a cui possiamo arrivare è che la libertà, di qualsiasi tipo, spaventa. Per tale motivo, un’opera a fumetti che provi a raccontare un movimento che provò a mettere al bando le certezze dell’epoca, cercando di creare un nuovo essere umano, accomunando sotto le stesse idee artisti, professionisti e giovani studenti e i cui risultati continuano a riverberare nella nostra cultura e in molte arti e professioni, acquista oggi un valore ancora più significativo.

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Chi, come il sottoscritto, ha studiato architettura incontra la figura di Walter Gropius e il Bauhaus per la prima volta al secondo anno del proprio percorso accademico e, la maggior parte delle volte, ne rimane affascinato in modo indelebile.
In estrema sintesi, il Staatliches Bauhaus, fu una scuola di arte e design attiva in Germania dal 1919 al 1933, nel contesto storico-culturale della Repubblica di Weimar. Ebbe sede a Weimar dal 1919 al 1925, a Dessau dal 1925 al 1932 e a Berlino dal 1932 al 1933. Il Bauhaus, che nacque proprio da un’idea di Gropius, non fu soltanto una scuola ma anche una pietra miliare per il pensiero innovativo che profuse nell’architettura e nel design. Improntato su razionalismo e funzionalismo, diede il via al cosiddetto Movimento Moderno, i cui canoni influenzano ancora oggi quelle professioni.
Gli insegnanti della scuola furono personalità di primo piano della scena culturale dell’epoca – dall’architetto Theo van Doesburg a Marcel Breuer e László Moholy-Nagy, fino a Vasilij Kandinsky – e l’approccio didattico scelto, un’alternanza di laboratori pratici e teorici, ha avuto e continua ad avere un forte ascendente sull’insegnamento dell’arte e della tecnica.

Valentina Grande e il disegnatore Sergio Varbella si sono trovati davanti all’impresa di dover racchiudere in un racconto a fumetti 25 anni di una esperienza artistica, tecnica, culturale e scolastica che scaturirono da una pluralità di voci tutte parimenti interessanti, sia che fossero degli artisti che degli studenti dell’istituto.
La scelta azzeccata dalla sceneggiatrice è stata quella di eleggere come voce narrante la scuola, intesa come edificio scolastico che, in special modo per la sede di Dessau progettata da Gropius, ha finito col simboleggiare il concetto stesso di Bauhaus nella storia dell’architettura.
Il racconto si suddivide nei tre periodi che hanno caratterizzato la vita del movimento, connotati dalle tre sedi diverse della scuola. Ciascun periodo viene fatto corrispondere da Grande a un’età “anagrafica” del Bauhaus: l’infanzia di Weimar, dove l’ingenuità e l’inesperienza del fondatore e degli altri artisti portarono a un primo fallimento dell’esperienza, le cui idee innovatrici non furono capite dalla comunità culturale e ostacolate dall’ascesa al potere del partito nazionalsocialista di Hitler; l’adolescenza di Dessau, vitale, creativa, tumultuosa, nella quale le idee e la filosofia del movimento raggiunsero il loro apice, fino all’abbandono di Gropius del ruolo di direttore; la maturità di Berlino, breve, conclusasi con la dolorosa scelta da parte di Ludwig Mies Van Der Rohe di chiudere l’istituto per non piegarsi all’ideologia nazista e permettere alle idee aperte e inclusive del Bauhaus di non sporcarsi con una realtà sempre più oscurantista e propagarsi libere nei decenni a venire.

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Grande dà voce dunque alla scuola e ai protagonisti della stessa, che creano un racconto in cui la cronaca storica e l’intento divulgativo si fondono con il riuscito tentativo di trasmettere la vitalità e l’ebrezza creativa di coloro che diedero vita al Bauhaus, insegnanti e giovani studenti insieme, provando a vivere fino in fondo un concetto di libertà, che non venne mai pienamente compreso e accettato dalla società dell’epoca.
Non è semplice mantenersi in equilibrio tra racconto di uno dei periodi fondamentali per la Storia del XX secolo e voglia di andare oltre gli eventi puramente cronachistici per parlare dell’eredità lasciata ai posteri dalla voglia di cambiamento radicale guidata dalle giovani generazioni formatesi in questo contesto culturale.
Il Bauhaus non ci ha lasciato solo oggetti, forme, architetture e le idee che sono oggi alla base del design contemporaneo (forma = funzione), ma anche una concezione di superamento del passato, dell’idea capitalistica che già allora permeava tutti gli aspetti della società, del canone precostituito, una concezione che si basava non sullo scontro e la forza, ma sulla condivisione, l’inclusività e la capacità di affiancare le libertà dei singoli individui.

Le tavole di Varbella suggellano l’idea narrativa dell’opera, conferendole una pulizia e una essenzialità grafiche che si collegano direttamente alla filosofia progettuale su cui Gropius aveva fondato il Bauhaus. La linea chiara, le tinte cromatiche piatte, i grigi trasparenti a definire le ombreggiature e l’impronta geometrica pura nella costruzione della struttura delle pagine rimandano senza ombra di dubbio alla lezione di Chris Ware, ma fatta salva l’ispirazione evidente, tali caratteristiche sono chiaramente le più adatte per trasmettere visivamente i concetti del Bauhaus.
Proprio l’architettura, fine ultimo del lungo percorso didattico che gli studenti intraprendevano nell’istituto, è resa con una precisa attenzione al dettaglio e con forme di rappresentazione estremamente tecniche, dall’assonometria alla costruzione prospettica, a cominciare dal fabbricato di Dessau, vetta creativa dell’attività di Gropius, che ancora oggi mantiene una funzionalità, una scelta di materiali e un segno compositivo assolutamente contemporanei.
Nonostante questa enfasi tecnico-grafica delle tavole, esse risultano tutt’altro che asettiche. I personaggi con cui Varbella popola le vignette sono vivi nei loro dettagli, con gli artisti colti nelle loro caratteristiche più rappresentative e gli studenti – molti dei quali “anonimi” al confronto con la cronaca storica – elevati a rappresentazione dei gusti, delle mode dell’epoca e dell’anticonformismo.

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Bauhaus – L’idea che ha cambiato il mondo è una lettura assolutamente adatta ai tempi che stiamo vivendo, oltre a essere un invito ad approfondire uno dei punti di riferimento fondamentali per la concezione dell’arte da un secolo a questa parte. A tal proposito, l’elenco di libri, documentari e siti in coda al volume è una preziosa appendice per tutti coloro che volessero saperne ancora di più su una scuola e i suoi studenti che provarono, e in parte riuscirono, a cambiare il mondo in tempi complicati e difficili.

Abbiamo parlato di:
Bauhaus – L’idea che ha cambiato il mondo
Valentina Grande, Sergio Varbella
Centauria Libri, 2021
130 pagine, cartonato, colori – 19,90 €
ISBN: 9788869214646

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