«È difficile resistere al mercato, amore mio…»
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Ragazzi di morte è il titolo dell’ottavo episodio dedicato alle imprese del vampiro Pietro Battaglia, creato da Roberto Recchioni e Leomacs e pubblicato da Editoriale Cosmo. Episodio molto particolare per le tematiche trattate (già il titolo e la copertina che raffigura Battaglia con in pugno la testa decapitata di Pier Paolo Pasolini ce ne fa capire il motivo) e importante sotto diversi aspetti.
Innanzitutto vediamo capeggiare per la prima volta, sopra il titolo della serie, la scritta Universo Cosmo, idea editoriale che vedrà la luce il prossimo settembre con la serie Caput Mundi di cui Battaglia sarà presumibilmente uno dei punti forti. Dunque Pasolini e “crossover”: proprio lo stesso mese in cui Sergio Bonelli Editore, madre dei tascabili popolari da edicola, pubblica il suo primo esperimento nel genere – il crossover fra Dylan Dog e Dampyr – la cui prima parte è scritta proprio da Recchioni e da Giulio Antonio Gualtieri, neo direttore editoriale Cosmo.
Venendo poi alla storia in questione, scritta da Luca Vanzella su soggetto di Recchioni e disegnata da Valerio Befani e Pierluigi Minotti, si nota subito uno stacco rispetto agli episodi pubblicati in precedenza. L’idea di fondo della saga di Battaglia (ovvero un assassino-vampiro senza scrupoli che attraversa tutta la storia “segreta” d’Italia da Caporetto in poi, al soldo dei potenti) è certamente interessante ma forse mai come nel caso di Ragazzi di morte il concept era stato utilizzato in maniera così fertile.
Là dove in passato la dose di azione e sangue superava di gran lunga il narrato, e le enormi possibilità che un’ambientazione come quella scelta poteva dare, troviamo invece qui un buon equilibrio e soprattutto, cosa forse inedita fin ora, anche alcuni interessanti spunti di riflessione.
Già nel precedente Dentro Moana gli accenni a Bettino Craxi e a Giulio Andreotti, mai nominati direttamente, e la loro velata caratterizzazione, davano alla narrazione una marcia in più, ma in Ragazzi di morte Vanzella si impegna ad inserire direttamente alcuni testi di Pasolini che fungono da motore per l’azione e alzano immediatamente il livello della lettura.
L’omicidio Pasolini, uno dei più discussi della cronaca nera italiana, viene così restituito in maniera cruda e spietata, senza clamori e senza concessioni al buonismo ma, anzi, eccedendo in alcuni tratti che corrono il rischio di risultare grossolani o grevi.
Recentemente l’episodio è stato riportato al cinema in due occasioni: Pasolini (2014) di Abel Ferrara e La macchinazione (2016) di David Grieco, di cui esiste anche un libro omonimo.
Il primo tentava un’indagine sull’uomo Pasolini tutta incentrata sull’ultimo giorno di vita del poeta, mostrandone l’omicidio come un delitto sessuale.
Il secondo, più televisivo nella tecnica ma molto più giornalistico nel riportare i fatti, avvalorava la tesi dell’omicidio politico, sostenuta fin da subito da alcune persone vicine a Pasolini, come ad esempio Sergio Citti, a causa delle informazioni in possesso dello scrittore sui signori del petrolio in Italia.
Ragazzi di morte compie un’azione in questo senso pregevole: propone una propria e verosimile versione dei fatti (se si esclude il coinvolgimento di Battaglia) con molta chiarezza ma allo stesso tempo la dissimula e la fa affogare nel fiume di sangue e azione che pervade la seconda parte dell’albo, affidando il tutto al tratto di Befani e Minotti, che si spartiscono le due linee temporali sulle quali è costruita la storia.
Seppur molto diversi nel segno e nella costruzione della figura umana, il primo realistico e tragico, il secondo invece più didascalico ed espressionista, con i loro incisivi bianchi e neri consentono un’ottima fruizione del narrato, senza dare la sensazione dell’inchiesta giornalistica ma trasformando completamente l’uomo Pasolini in un personaggio dei fumetti.
Questo “rapimento” della realtà da parte del medium si completa poi grazie ad alcune scelte estreme di dialoghi che gli autori mettono in bocca al regista friulano. In particolare la scioccante battuta di pagina 88 lascia intravedere il divertimento degli autori, o quantomeno la loro concezione delle storie e forse anche della vita: Pasolini da raffinato e profondo intellettuale che non fa mistero della sua omosessualità né della sua vanità – con tutte le caratterizzazioni e i gesti che si possono addurre ad un character del genere – diventa una goffa caricatura a metà fra Il Corvo e Kill Bill, in equilibrio precario fra trash e tragedia.
Da lì in poi è “solo” Battaglia. Passando da truci vendette a suore ninja, il pulp e lo splatter prendono il sopravvento ma non riescono comunque a cancellare ciò che di interessante è stato detto fino a quel momento. Le riflessioni sul “mercato” e sul “potere”, la rappresentazione dei poteri forti e dei loro anfitrioni (che sono raffigurati con le maschere degli animali simbolo dei quattro evangelisti ma anche delle quattro qualità umane fondamentali, rivoltate però nella loro accezione “negativa”), le vicende personali di Pasolini stesso e le sue parole riportate spesso da Vanzella nei dialoghi, rimangono sullo sfondo della vicenda e ci fanno ricordare che esisteva un tempo in cui le parole scritte e pronunciate avevano un peso enorme sulla vita quotidiana e che proprio per questo l’omicidio Pasolini è così importante.
Negli anni a cavallo fra i ‘60 e i ‘70, le colonne del Corriere della Sera, gli Scritti Corsari e le Lettere Luterane del “Pasolini Prossimo Nostro” infiammavano il dibattito sulla società, denunciavano, scandalizzavano e mettevano in pericolo il pensiero dominante. Oggi, certo, risulta difficile anche solo immaginarsi una situazione del genere, dove l’opinione di qualcuno possa risultare compromettente e agitare i pensieri.
Il pregio più grande di questo “fumetto popolare da edicola” è forse proprio quello di trattare la materia Pasolini senza il minimo timore reverenziale e spogliandola di ogni santità. Enfatizzando la componente hard boiled e le battute scioccanti e scandalose in bocca al poeta («sono un frocio di merda… ti piace quando te lo succhio?», «il mio culo non è ancora rotto», e via dicendo), l’effetto della critica e dell’esegesi della società compiuta dalle citazioni degli scritti di Pasolini, sparse in molti dialoghi, sembra essere ancora più ficcante e profonda.
Come viene spesso ricordato nell’albo, il poeta si avvaleva in più occasioni del suo diritto di scandalizzare e del piacere di essere scandalizzato e anche, sottolineiamo invece noi, dell’importanza di sapersi (e potersi) contraddire.
Nell’accalorato discorso che Alberto Moravia tenne al funerale dell’amico, lo scrittore ammonì la folla dicendo che più di tutto l’Italia aveva perso un poeta e che di poeti ne nascono solo uno o due per secolo. Ragazzi di morte è allora un buon modo per ricordarlo e forse per farne intuire l’esistenza e l’importanza a chi lo ha incontrato solo in antologie scolastiche.
Abbiamo parlato di:
Battaglia – Ragazzi di morte
Roberto Recchioni, Luca Vanzella, Valerio Befani, Pierluigi Minotti, Leomacs, Luca Bertelè
Editoriale Cosmo, luglio 2017
144 pagine, brossurato, bianco e nero – 5,00 €
ISBN: 9788869114526