Il fumetto italiano degli ultimi anni ha saputo creare interesse anche al di fuori dei confini nazionali. A partire dai premi conquistati ad Angouleme, “mecca” del fumetto francese, da Gipi, Fior e dalla rivista-collettivo Canicola. Anche in Spagna però si guarda al nostro fumetto, come testimonia questo estratto da un incontro tenuto durante il Salone del Fumetto di Barcellona, dove ospiti sono tre generazioni di autori “nostrani”: Castelli, Alessandrini, Igort e Fior. Poco più di una introduzione al loro lavoro, ma testimonianza della rinnovata curiosità con cui dall’estero osservano le nostre nuvolette.
LAURA : In questa tavola rotonda abbiamo tre generazioni di autori del fumetto italiano nel Salone di Barcellona. Per primi Alfredo Castelli (1947) e Giancarlo Alessandrini (1950), come seconda generazione Igort (1958) e il più giovane, rappresentativo di una terza generazione, Manuele Fior (1975). Visto che il tema di questo incontro è proprio il fumetto italiano, domandiamo ad Alfredo Castelli, che è un teorico del fumetto oltre che importante sceneggiatore, come definisce lui il fumetto italiano. Il fumetto propriamente italiano è più quello rappresentato dal seriale popolare della Sergio Bonelli Editore o dal fumetto d’autore della Coconino Press?
CASTELLI : Sí, buongiorno a tutti. Sono il primo a parlare perché sono il più vecchio e questo non mi piace, così è.
È difficile definire il fumetto italiano perché il fumetto italiano, come quello di tutto il mondo, è fatto da diverse anime, da diversi stili di disegno, di scrittura e di pubblicazione. Diciamo che abbiamo due tipologie del fumetto: il fumetto popolare, dedicato a un pubblico più ampio e che cominciò come prodotto molto povero, fatto molto male, senza molta cura, che però ora ha la caratteristica di mantenere la sua popolarità ma offrendo un prodotto ben fatto, ben disegnato, ben scritto, ma un prodotto che, diciamo, è molto classico.
La seconda anima è un fumetto, diciamo, di artista (in inglese si usa il termine art comics, ndr), rappresentato qui da Igort. La Coconino Press, la sua casa editrice, penso che possa essere la più rappresentativa tra quelle che in Italia pubblicano un tipo di fumetto che non è dedicato, diciamo, a tutto il mondo ma che ha radici nell’arte, in una cultura molto moderna, molto più moderna rispetto al fumetto popolare.
Il fumetto popolare oggi giorno in Italia è fatto, in particolare, da un editore che si chiama Bonelli e che pubblica grandi successi con vendite di molte migliaia di copie. Il primo fra tutti è Tex, e credo che il nome di Tex sia conosciuto in tutto il mondo, anche senza aver mai letto le sue avventure. In Italia questa serie, che è vecchia di 60 anni, ancora vende, più o meno, intorno alle 300.000 copie al mese, che è qualche cosa di incredibile per il mondo intero e non soltanto per l´Italia.
Bonelli pubblica molte altre serie, come Dylan Dog, che vende molto bene, come Martin Mystère che io scrivo e Giancarlo disegna e tante altre.
La caratteristica principale di questi fumetto è di fare un prodotto che mescola una buona qualità alla leggibilità di un romanzo. Credo che il fumetto popolare italiano abbia una derivazione diretta dai romanzi di avventura che in Spagna erano nel folletín. Il folletín era un romanzo pubblicato quotidianamente a puntate sui quotidiani ed era scritto da autori che non erano artisti ma buoni artigiani, che sapevano catturare l´attenzione del lettore e creare ogni giorno una nuova puntata, un nuovo episodio di una storia destinata a continuare per lungo tempo. Questa tradizione è nata in Francia nel 1830 e più, con Balzac che è stato il primo autore di feuilleton, come si dice in Francia. Questa tradizione si diffuse poi in tutti i paesi di Europa e in Italia ha continuato sotto forma di fumetto, il fumetto popolare.
Per il fumetto che io chiamo d´arte, credo sia meglio che sia Igort a spiegare la sua tradizione che io credo inizi negli anni ‘60 quando qualcosa di molto importante iniziò, con la pubblicazione di Linus.
Linus è stato il primo magazine di fumetti. Il termine fumetti è quello utilizziamo in Italia per definire tutta la narrativa disegnata. In Spagna ci sono differenti nomi quali hitorietas, tebeos, che è il nome più antico, o cómic, o novela grafica. In Italia, più o meno, si dice soltanto fumetto.
Il fumetto per adulti, che non è il fumetto pornografico, come si potrebbe pensare, ma è il fumetto dedicato ad un pubblico adulto, fu pubblicato per prima volta su Linus negli anni ’60, come dicevo. Questa rivista cominciò pubblicando opere americane e qualcosa di Guido Crepax. Dopo Linus si svilupparono altre pubblicazioni, molte fatte da autori italiani, come Valvoline di Igort, e cominciò un nuovo modo di fare fumetti tipicamente, non dico italiano, ma europeo. Può darsi un po’ più internazionale rispetto al fumetto tradizionale di stile Bonelli.
LAURA : Grazie tante Castelli. Alessandrini ha affermato che, lavorando per la Bonelli, ha avuto libertà per sperimentare e per cambiare il suo stile nel tempo, anche se lavora con personaggi disegnati anche da altri autori. Che tipo di libertà ha quindi oggi giorno il disegnatore della Bonelli ?
ALESSANDRINI : Sí, sono tanti anni che lavoro per la Bonelli, ho iniziato nel 1979 e, praticamente, in tutti questi anni ho cambiato spesso il mio stile.
Non è stata una cosa volontaria, ma è stata una cosa molto naturale; sono stato influenzato diversi anni fa nelle mie collaborazioni con alcune case editrici francesi dalla linea claire, e questo mi ha influenzato poi anche sul disegno di Martin Mystère.
Oggi il mio stile è una via di mezzo fra una linea claire e uno stile, diciamo, italiano classico. Per cui ho avuto abbastanza libertà per cambiare lo stile nel mio rapporto con la Bonelli, poi chiaramente cercavo altri modi di esprimermi e le case editrici francesi mi hanno permesso di cambiare di stile anche in maniera notevole.
Oggi come oggi, sto ancora cercando uno stile un po´ particolare, sempre lavorando per la Bonelli. Ma queste sono cose che, spesso, quando le cerchi non le trovi, e che invece vengono naturalmente lavorando, lavorando, lavorando. Per cui se confronti i disegni che faccio oggi con quelli che facevo all´inizio, nel 1979, c´è una differenza enorme, cioè sembrerebbe proprio un altro disegnatore.
Ma, come dicevo prima, queste cose vengono da sole, quando cerchi di sforzarti per fare una cosa che ti piace così, magari non ti viene. Tutte le cose devono venire naturalmente.
CASTELLI : Ecco mi sono dimenticato, che è importante, Alessandrini ha detto, anche molto generosamente, che c´è anche una certa forma di libertà alla Bonelli.
Io dico che ce n´è di meno e lo dico nel ruolo di uno di quelli che riduce un po’ quella libertà. Perché?
Perché una delle caratteristiche principali che fanno la differenza tra il fumetto popolare ed il fumetto alla Coconino, per così dire, è che quasi tutte le serie del fumetto popolare sono serie ricorrenti, cioè sono personaggi che ritornano e, quindi, devono mantenere delle caratteristiche che sono sempre le stesse. Impediscono, in certo modo, la creatività, sia a chi li disegna e sia a chi le scrive.
La creatività esiste, però è molto indirizzata entro precisi paletti.
Forse nel nuovo tipo di fumetto questo problema non esiste.
Quindi, se da un lato noi del fumetto popolare forse difficilmente riusciamo ad essere artisti, perché siamo bene o male bloccati, può essere che nel fumetto d’arte ci sia una possibilità in più, non che sia una condizione necessaria, ci sia una possibilità in più di fare qualcosa che è artistico perché non è condizionato.
LAURA : Passiamo ora a Manuele Fior che ha appena pubblicato La signorina Elsa in Spagna.
Io osservo che è un libro molto femminile. La protagonista è una donna, gran parte del libro è un monologo interiore di questa donna e della psiche femminile e l´autore Manuele Fior ha commentato nel sito LoSpazioBianco.it che questo libro l´aveva discusso con la sua ragazza, aveva parlato con lei su come farlo. Che cosa ne pensa Fior? È d´accordo con questo aspetto del libro?
MANUELE FIOR : Buenos días.
In realtà era una cosa che all’epoca mi aveva chiesto l’editore DELCOURT, l’adattamento di un romanzo. Per quelle cose che capitano un po´ a caso, la mia ragazza stava leggendo questo libro di Schnitzler, e io già ammiravo molto Schnitzler, per cui me l´ha messo sottomano ed era il libro giusto per quel lavoro, in quel momento.
Il libro di Schnitzler è un monologo interiore e la cosa interessante per me era di vedere che la forma del monologo interiore, che è un´invenzione letteraria del ‘900, in realtà nel fumetto era molto facile da adattare perché anche in Paperino il baloon con le palline rappresenta il pensiero. C´è una specie di forma base grafica e iconica che incorpora certe acquisizioni della Letteratura.
Per cui mi sono messo all´opera per vedere cosa si riusciva a trasformare di questo testo, e da questo punto di vista, diciamo, l´adattamento è stato abbastanza semplice perché, appunto, mi sono trovato a lavorare con delle forma che nel fumetto, in qualsiasi fumetto, sono già acquisite.
LAURA : Veniamo a Igort, che ha appena pubblicato in Spagna i Quaderni ucraini.
Igort afferma che ogni libro che ha fatto è stato un punto e a capo.
In questo nuovo libro che, anche se si intitola Quaderni ucraini, Igort dice che non vuole che siano considerati quaderni di viaggio, quali nuove proposte narrative, quali cambi radicali presenta rispetto ai titoli anteriori?
IGORT : Questo libro è un libro che nasce da incontri.
Mi sono trovato per fare un altro libro in Ucraina, volevo raccontare Chekov attraverso le sue case. La casa è un punto ricorrente nella letteratura chekoviana e, quando sono arrivato per motivi logistici nel nord a Kiev, e mi accingevo a traversare tutta l´Ucraina sino a Yalta, per cercare le varie case in cui Chekov ha abitato, sono rimasto abbastanza sconvolto dalla realtà che incontravo, dove era palpabile una specie di malessere esistenziale molto forte. Allora ho cominciato a scrivere.
Pubblicavo anche nel mio blog gli incontri; filmavo e registravo le conversazioni.
Questo libro ha un tipo di drammaturgia che ho dovuto inventare da capo.
Io non avevo mai fatto un libro partendo da delle interviste, e non sapevo neanche sino all´ultimo momento, sino a poco prima di andare in stampa, se sarei riuscito a fare un libro in questo modo. E, in breve, ho cercato di fare, come dire, di raccontare come era stata l´esperienza sovietica per delle persone che l´avevano vissuta in prima persona, nel corso di 80 anni. Persone, appunto, che avevano avuto anche delle esperienze durissime e che erano dei veri e propri sopravvissuti a una cosa che è ancora oggi assai poco conosciuta, che è una carestia artificiale che Stalin creò tra il 1932 ed il 1933 e in un biennio sterminò un quarto del´intera popolazione ucraina.
Si parla di 7-10 milioni di morti. La cifra è molto vaga perché uno degli ordini era quella di fare sparire sistematicamente i registri delle nascite, del catasto, insomma, per annullare l´esistenza di molte persone che sono stare vittime di questa cosa. E, quando io ho cominciato a parlare con queste persone, non era mia intenzione fare un libro su un genocidio, io volevo raccontare quello che era stato il sogno comunista visto dal´interno, e poi, man mano, è venuto fuori questa cosa in maniera proprio forte, e dunque chiaramente, siccome chi racconta sa bene che, in realtà, noi siamo dei burattinai ma, in realtà, è la storia che conduce, che guida, io ho semplicemente cercato di dare voce a queste testimonianze. È questo il primo di due libri perché poi ci saranno i Quaderni russi, che sono un´altra parte di questo lungo viaggio, per cui sono stato quasi due anni nell´ex Unione Soviètica.
Riferimenti:
Salón Internacional del Cómic de Barcelona: www.ficomic.com