Odissea americana, l’incredibile avventura di Zagor e Cico lungo il ciglio del Tallapoosa River, è sicuramente il simbolo dell’avventura tipica dello spirito con la scure. Di più: è il simbolo dell’avventura dei fumetti italiani degli anni settanta. E non parliamo certo di una storia qualunque, visto che quella contenuta in quest’albo è probabilmente una delle più belle dell’intera serie, se non la migliore in assoluto. Eppure va sottolineato che se questo volume finisse tra le mani di un lettore “giovane”, non avvezzo a questo genere di letture, di sicuro si chiederebbe come può piacere un simile fumetto, composto da una narrazione leggera, non precisa, a tratti superficiale se non addirittura inutile, e da un disegno che doveva risultare vecchio già all’epoca della sua prima uscita. Nonostante ciò, e nonostante il fatto che oggi definiremmo una sceneggiatura come questa a dir poco ridondante (la descrizione di un ambiente e di una scena si ripetono su più e più pagine anche laddove non sia più assolutamente necessario), Zagor continua ad essere pubblicato da quarantaquattro anni. E questo perché sin da quando apparve per la prima volta nelle edicole italiane si presento’ con un nuovo modo di narrare e un nuovo genere di storie. Storie implausibili, certo, come questa del resto, ove all’interno dell’America del nord si cela un paesaggio uscito pari pari da almeno tre o quattro film di fantascienza anni sessanta, che probabilmente i lettori dell’epoca inconsciamente riconoscevano compiaciuti, ben sapendo pero’ cosa si trovasse realmente al posto di piante carnivore e uomini scimmia. Odissea americana descrive alla perfezione il viaggio all’interno dell’avventura “alla Guido Nolitta“, in un mondo parallelo improbabile in cui il protagonista è una via di mezzo tra un cow-boy (più stile Zorro che Tex) e Superman, con tanto di simbolo sul petto, raccontato con uno stile narrativo lento e spesso retorico, funzionale al pieno godimento di un’avventura vecchio stile che tuttavia aveva in sé un qualcosa di nuovo e di diverso da renderla irresistibile. Erano altri tempi ed altre realtà, e i fumetti si facevano anche così. Peccato, pero’, dover segnalare pure per quest’albo una pecca, questa volta indubbiamente non imputabile alla redazione: quasi tutte le tavole provengono da scansioni, segno che forse la Mondadori e la Bonelli hanno perduto le pellicole originali a colori. Infatti, se la storia è del 1972, la sua prima pubblicazione a colori risale al 1981 nel volume Mondadori I viaggi di Zagor, ormai introvabile (Fabio Postini).