Chi è il pazzo? Il baluardo che rinnega il proprio credo e decide di diventare amico (e amante) di coloro che il suo ordine combatte, o quello che, accecato dalla vendetta, non esita ad uccidere chiunque si frapponga tra lui ed il suo scopo? Chi, tra colui che rinnega la violenza in ogni caso, o chi la persegue ciecamente?
Sebbene il mix di avventura e messaggio sociale, oramai tipico in Enoch, non manchi ed anzi sia esplicitamente presente, come poche altre volte i due aspetti si integrano a dovere, senza lasciare quella sensazione di “lezione morale” che altre volte era capitato leggendo le avventure dell’eroina bonelliana, e che spesso sono la critica maggiore alla serie ed all’autore.
In questo numero, che segna il passaggio nella seconda metà della saga, destinata a terminare con il ventesimo numero, osserviamo come Gea stia maturando sempre più, come baluarda e come donna, e come gli eventi stiano lentamente portandola verso un destino che sembra ricollegarsi ad una sua precedente incarnazione, o comunque ad un rapporto con Inanna, comandante delle truppe dei baluardi durante la grande guerra con la razza nemica, come anche il rapporto tra Gea e l’arconte che abbiamo conosciuto nel nono episodio.
Tappa importante per questa maturazione è il compito per cui viene urgentemente precettata all’inizio di quest’albo, prendere parte alla missione di un gruppo di “eliminatori”, ovvero dare la caccia ad un loro compagno che, sconvolto dalle infinite lotte e uccisioni di cui è stato testimone e artefice, ha accolto il messaggio di fratellanza universale degli Egregori, abbandonando la battaglia e abbraccia la via della non violenza. Gea ed i suoi compagni, un gruppo percorso da tensioni interne dovute alla pazzia del capo-squadra, si trovano davanti ad una serie di scelte tutt’altro che semplici, sintetizzate dal lungo dialogo tra baluardi sulla guerra, sul prezzo della violenza, sul suo bisogno o meno.
In questa che è la scena migliore dell’albo, per bocca dei suoi personaggi Enoch dà vita ad un dibattito niente affatto scontato o retorico, che non cerca di raccontare necessariamente una verità sopra le altre, quanto piuttosto di creare degli spunti di riflessione laterali. La ragione della guerra, il suo costo in termine di vite umane, i suoi orrori ed al contempo il suo apparire come tristemente necessaria per alcuni, o artefice della storia – chi vince, ha ragione – per altri, tutti temi toccati dai baluardi in questo loro scontro verbale. Per Gea, un ulteriore momento di riflessione, e forse l’accenno ai primi dubbi sulla sua missione di guardiana e combattente.
Luca Enoch si conferma uno dei migliori scrittori italiani, a riprova del premio vinto a Napoli Comicon quest’anno, e la sua capacità di unire ad una narrazione fresca e moderna un pensiero sociale è un po’ la sua firma; piaccia o meno, è sintomatico di come il fumetto, anche a larga diffusione, possa vivere calato nella realtà di tutti i giorni senza nasconderla, come d’altra parte già avviene nella letteratura e nel cinema. Senza falsi complessi di inferiorità, non solo per quanto riguarda il fumetto, ma anche i suoi lettori.